12 – La gestione cristiana della vita e il lavoro

creazionedi Angel Rodriguez

“L’Eterno Iddio prese dunque l’uomo e lo pose nel giardino d’Eden perché lo lavorasse e lo custodisse” – Genesi 2:15.
La gestione cristiana della vita, ha un ruolo fondamentale nell’espletazione delle normali attività lavorative; esse acquistano valore nella misura in cui l’uomo si attiene al piano originale divino. L’uomo sin dalle origini è stato chiamato, per mezzo del lavoro, a gestire «i beni Paterni».

Nell’ambito della gestione cristiana della vita, il lavoro assume un significato ragguardevole in rapporto:

  1. A Dio – nel senso che l’uomo fa parte di un programma globale divino che consiste nell’avere cura di tutto ciò che gli ha affidato, che era molto buono (Genesi 1:31). Mediante il lavoro, l’uomo s’identifica con il Creatore collaborando nella conservazione della creazione.
  2. A se stesso – perché mediante il lavoro l’uomo rivendica, di fronte al creato, per se medesimo, l’essere stato creato ad immagine di Dio (Genesi 1:27-28).
  3. Per se stesso – per la sua felicità. Alla creazione il lavoro fu dato come una benedizione: esso significava sviluppo, realizzazione del sé e felicità.

La gestione cristiana del lavoro, ha come scopo di dare contenuti esistenziali santificanti ed escatologici ad ogni attività lavorativa.

“Nella condanna pronunciata su Satana, fu dato l’annuncio della redenzione: «Io porrò inimicizia fra te e la donna», disse Dio «e fra la tua progenie e la progenie di lei; questa progenie ti schiaccerà il capo e tu le ferirai il calcagno» (Genesi 3:15). Questa sentenza, che i nostri progenitori udirono distintamente pronunciata da Dio, fu per loro una promessa. Prima di udire parlare delle spine e dei cardi, del lavoro faticoso e del dolore che dovevano costituire il loro retaggio, o della polvere alla quale dovevano ritornare, essi udirono delle parole che dettero loro speranza. Tutto quello che era stato perduto cedendo a Satana poteva essere riconquistato per mezzo del Cristo” (E.G.White, Principi di Educazione Cristiana, ed. AdV, p. 22).

Ciò induce a pensare che il lavoro deve essere svolto nell’attesa della promessa, della speranza e della salvezza. Esso ha una funzione specifica nella formazione del carattere.

“I giovani devono capire (apprendere) che la vita è assiduo lavoro, responsabilità e dovere. Essi hanno bisogno di un’educazione che li renda uomini e donne capaci di fronteggiare gli imprevisti. Devono imparare che la disciplina di un lavoro sistematico e regolare è essenziale, non solo come difesa contro le vicissitudini della vita, ma anche come aiuto per lo sviluppo dell’intero essere” (idem, p. 178).

E’ vero che “le mutate condizioni della terra, in seguito alla maledizione del peccato, hanno prodotto un cambiamento nelle stesse condizioni del lavoro; tuttavia, anche se accompagnato da ansietà, da stanchezza e da fatica, il lavoro continua a essere fonte di gioia e di crescita; costituisce inoltre una salvaguardia contro la tentazione. La sua disciplina frena l’intemperanza e stimola all’attività, alla correttezza, e alla costanza. In tal modo esso diventa parte del piano di Dio per redimerci”. (Idem, p. 177)

Il lavoro quotidiano, perciò, invece di essere qualcosa di meccanico, privo di profonde riflessioni, deve essere illuminato e nobilitato dal costante richiamo a ciò che è spirituale, invisibile ed escatologico.

La gestione Cristiana della vita promuove fra i fedeli cristiani d’ogni condizione uno stile di vita pienamente coerente con la fede nelle circostanze quotidiane, specialmente attraverso la santificazione del lavoro e ogni altro aspetto della vita.

La gestione cristiana della vita esorta a mettere in pratica gli insegnamenti del Vangelo, mediante l’esercizio delle virtù cristiane e la santificazione del lavoro.

  1. Santificare il lavoro vuol dire, per coloro che hanno accettato Gesù, lavorare secondo lo spirito di Cristo: svolgere “perfettamente” i propri doveri per dare gloria a Dio e per servire gli altri, dando in tal modo il proprio contributo alla santificazione di coloro che ci circondano e rendendo presente lo spirito del Vangelo in ogni attività e realtà temporale.
  2. Santificare il lavoro, significa che coloro che sono scesi nelle acque battesimali sono chiamati ad essere «lettera vivente» (2 Corinzi 3: 2-3) nei diversi ambiti della società in cui operano. Di conseguenza, il loro impegno non si limita ad un campo specifico, come per esempio l’educazione, l’assistenza degli ammalati o l’aiuto ai disabili. La missione d’ogni figlio di Dio è quella di ricordarsi che, qualunque sia l’attività alla quale si dedica, esso deve cooperare a trovare delle soluzioni cristiane ai problemi della società e dare costante testimonianza della propria fede.

La gestione cristiana della vita, dà al lavoro, un contenuto santificante, nel senso che il cristiano può cercare la santità attraverso le circostanze della sua vita e le attività che svolge. In altre parole, la normale vita d’ogni giorno può essere santa e piena di Dio. Il Signore ci chiama a santificare il nostro compito quotidiano, perché proprio in ciò consiste adempiere la volontà di Dio. Pertanto, tutte le virtù sono importanti per il cristiano: la fede, la speranza e la carità, e le virtù umane, come la generosità, la laboriosità, la giustizia, la lealtà, la gioia, la sincerità, ecc. Il cristiano imita Cristo anche con l’esercizio di queste virtù.

Un’altra conseguenza importante della gestione cristiana della vita è il valore santificante delle piccole cose, di cui è piena l’esistenza d’ogni cristiano.

“Alcuni cristiani vorrebbero possedere dei doni speciali per compiere un’opera di particolare rilevanza, ma in questo modo perdono di vista i doveri della vita quotidiana che, se compiuti fedelmente, darebbero significato alla loro esistenza. Essi dovrebbero adempiere coscienziosamente, ogni giorno, il loro dovere. Inoltre, è importante che sappiano accontentarsi e interessarsi sinceramente al bene del prossimo. Si può trovare la perfezione anche nelle responsabilità più umili. Gli incarichi più banali, assolti con amore, sono i più belli agli occhi di Dio”. (E.G.White, Profeti e Re, ed. Francese, p. 165)

La santità grande consiste nel compiere i doveri piccoli d’ogni istante. Si parla qui di realtà minute, quali ad esempio tanti particolari di servizio, di buona educazione, di rispetto per gli altri, di ordine materiale, di puntualità, e così via: quando si compiono per amore di Dio, tali gesti acquistano sapore eterno per la vita cristiana.
E.G. White a proposito del profeta Eliseo e della formazione del suo carattere in vista della missione che Dio gli affidò, scrive:

“La chiamata profetica giunse a Eliseo mentre con i servi di suo padre stava arando un campo. Egli svolgeva l’attività che gli era più congeniale. Il futuro profeta aveva sia le capacità di un capo sia l’umiltà di un servo. Di natura quieta e affabile, sapeva anche essere energico e deciso. Possedeva integrità, fedeltà unite all’amore e al timore di Dio. Nell’ambito del lavoro quotidiano acquisì fermezza di propositi, nobiltà di carattere e crebbe continuamente nella grazia e nella conoscenza. Pur collaborando col padre, imparava anche a collaborare con Dio.

Tramite la fedeltà nelle piccole cose, Eliseo si stava preparando ad assumere compiti importanti. Ogni giorno acquisiva l’esperienza indispensabile per un’opera più vasta e più nobile. Imparava a servire, e servendo a istruire e a guidare gli altri. La lezione vale per tutti. Nessuno conosce le intenzioni di Dio riguardo alla disciplina che ci impone, tutti però possono essere certi che la fedeltà nelle piccole cose sarà la prova della capacità ad assumere responsabilità maggiori.

Il carattere si rivela in ogni atto della vita quotidiana; soltanto a chi si comporta «… come un lavoratore che non deve vergognarsi del suo lavoro…» (2 Timoteo 2:15) il Signore affiderà un nobile incarico. Colui che ritiene che il compimento dei piccoli doveri quotidiani non abbia importanza, non è degno di occuparsi di maggiori responsabilità. Può considerarsi sufficientemente competente per gestire incarichi più importanti, ma Dio giudica diversamente, non valuta la situazione con superficialità. Dio si rivolgerà a lui in questi termini: «Sei stato pesato e sei stato trovato mancante». La sua infedeltà si ritorce contro di lui; non riceve né la grazia, né la forza, né la fermezza che il Signore accorda a coloro che si sottomettono completamente alla sua volontà”. (E.G.White, Profeti e Re, ed. Francese, p. 164)

Conclusione

La gestione cristiana della vita ha come scopo di onorare Dio tramite il lavoro. Bambini e giovani dovrebbero imparare dalla Bibbia come Dio ha onorato il lavoro. Nelle scuole dei profeti, gli studenti costruirono il locale per riunirsi, e in loro favore Dio fece il miracolo di ricuperare un’ascia presa in prestito e caduta in un fiume (cfr. 2 Re 6:1-7). Gesù stesso era un falegname e Paolo un fabbricante di tende, entrambi unirono al lavoro manuale di artigiani il ministero supremo: l’elemento umano collabora con il divino. Quel bambino che diede i cinque pani d’orzo permise al Salvatore di compiere il grande miracolo della moltiplicazione dei pani per sfamare la moltitudine. Tabita era sarta, fu risuscitata perché potesse continuare a cucire tuniche per i poveri; la donna avveduta descritta nel libro dei Proverbi: «Si procura lana e lino, e lavora gioiosa con le proprie mani… distribuisce il cibo alla famiglia e il compito alle sue serve… Pianta una vigna. Si cinge di forza i fianchi e fa robuste le sue braccia… Tende le palme al misero, e porge le mani al bisognoso… Sorveglia l’andamento della sua casa, e non mangia il pane di pigrizia» (Proverbi 31:13,15,16,17,20,27).

Di una tale persona Dio dice: «Ella sarà lodata. Datele del frutto delle sue mani, e le opere sue la lodino alle porte della città» (Proverbi 31:30,31).

”Nel processo educativo molti studenti acquisirebbero un’educazione ben più solida se imparassero a provvedere a se stessi piuttosto che contrarre debiti o dipendere dai sacrifici dei genitori. Insegnate ai giovani a rendersi autosufficienti. In questo modo impareranno il valore del denaro, del tempo, dell’impegno e delle opportunità, sottraendosi così alla tentazione di cedere ad abitudini di ozio e di dissipazione. Le lezioni di risparmio, di operosità, di rinuncia, di abilità nel gestire gli affari, di costanza nei propositi, verrebbero così a costituire una parte importante del bagaglio necessario per affrontare la battaglia della vita.

Fate in modo che i giovani si rendano conto che il compito dell’educazione non è quello di insegnare a sottrarsi ai compiti sgradevoli e alle gravi responsabilità, ma è quello di alleggerire il lavoro, insegnando metodi migliori e obiettivi più elevati. Insegnate loro che il vero scopo della vita non è quello di assicurarsi il maggior guadagno possibile, ma quello di onorare il Maestro, compiendo la propria parte di lavoro nel mondo e prestando aiuto a chi è più debole e più ignorante” (Principi di Educazione Cristiana, p. 182, 183)

Noi siamo nel mondo, siamo gente della strada, normali cristiani, inseriti nel sistema circolatorio della società, e il Signore ci vuole santi, apostolici, proprio nel nostro lavoro professionale; vuole cioè che ci santifichiamo nella nostra occupazione, che santifichiamo l’occupazione stessa e che, per mezzo di essa, aiutiamo gli altri a santificarsi.
“Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio”. – I Corinzi10:31

Tratto da “La gestion chrétien de la vie, di Angel Rodriguez, ed. Vie e Santé, 1996, BP 59, Dammarie-lès-lys Cedex, France.

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