10 – La natura umana e la Gestione cristiana della vita

di Angel Rodriguez

creazioneDiversi aspetti della natura umana

Senza dubbio alcuno è giusto affermare che gli esseri umani sono le creature più complicate e le più misteriose dell’universo conosciuto. Contrariamente a tutti gli altri esseri viventi (creati) del pianeta, noi siamo capaci di coglierci come degli esseri meravigliosi e amabili. Se noi ignoriamo la rivelazione speciale di Dio contenuta nella Bibbia concernente le nostre origini, il mistero della nostra presenza nell’universo rimane totalmente impenetrabile.

A. Gli esseri umani sono delle creature

In Genesi 1:27si legge: “E Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”.

Questa dichiarazione è di un’importanza fondamentale per la formulazione di un’antropologia biblica. Gli esseri umani sono degli esseri creati; in altre parole, noi siamo parte integrante del mondo creato. In primo luogo, ciò significa che noi abbiamo avuto un inizio. Noi non siamo eterni; non apparteniamo al divino. Il nostro modo di esistere è essenzialmente differente da quello di Dio: Egli è sempre esistito; noi siamo venuti all’esistenza. Il nostro ruolo nel cuore dell’universo è di essere creati.

In secondo luogo, gli uomini sono esseri limitati. La loro esistenza è paragonabile ad un prestito, quindi non sufficiente a se stessa. Noi non siamo degli esseri indipendenti, capaci di produrre energia propria in grado di garantire la nostra esistenza. Di conseguenza, un giorno siamo venuti al mondo, e così possiamo tornare al nulla; in parole diverse, noi possiamo smettere di esistere.

Tuttavia, benché la nostra vita ci sfugga, noi siamo chiamati a collaborare con il Creatore per preservare la nostra vita: noi siamo amministratori della vita.

Terzo aspetto – Considerare gli esseri umani come creature significa che essi esistono nel tempo e nello spazio. Questi due elementi sono menzionati nel racconto della creazione. Adamo ed Eva furono creati nel sesto giorno, durante una frazione particolare del tempo. Pertanto noi siamo condizionati dal tempo. Adamo ed Eva sono venuti all’esistenza in un luogo particolare: il giardino d’Eden. Lo spazio costituisce la totalità del mondo creato. Il loro ambiente era la flora, la fauna e l’universo intero. Se lo spazio dove noi viviamo è distrutto, la nostra esistenza è in pericolo. La gestione del mondo creato è dunque di un’importanza vitale.

Gli esseri umani vivono nel tempo. Gli avvenimenti e i fatti si susseguono continuamente e ciò che appartiene al passato non lo si può recuperare. E’ impossibile tornare nel passato e rivivere gli avvenimenti vissuti. Esiste solo il presente, che dura una frazione di secondo e che si trasforma costantemente e inevitabilmente in passato. Davanti a noi esiste sempre il futuro – ciò che ancora non è. E grazie all’esistenza del futuro noi possiamo vivere di speranza, senza smettere di confrontarci con la sfida dello sviluppo delle nostre potenzialità. Il tempo è dunque uno dei principali elementi dell’universo creato. Il tempo ci forma, ci modifica e ci trasforma. Il modo in cui lo occupiamo determina in larga misura ciò che noi diveniamo. Una buona gestione del tempo rappresenta con certezza una delle più grandi responsabilità. Vivere nel tempo e nello spazio non è una limitazione; è piuttosto un modo di esistere che ci dona la libertà di muoverci continuamente, affinché ciascuno di noi possa divenire ciò che ha scelto di essere.

In conclusione, essere creature significa che noi non siamo il risultato di forze impersonali che agiscono nel cuore dell’universo, ma che siamo il frutto di un atto d’amore. La nostra esistenza è una manifestazione dell’amore disinteressato di Dio, un atto della sua grazia. Egli ci ha creati perché, nel suo amore, l’Onnipotente ha visto che ciò era molto buono. L’amore di Dio, la sua grazia e la sua libertà hanno dato vita ad un essere intelligente, che era ed è una parte del mondo creato e quindi differente dal suo Creatore. Questa creatura è capace di apprezzare questo amore e di amarLo.

B. Gli esseri umani sono stati creati ad immagine di Dio

Il carattere unico della razza umana risiede nel fatto che noi siamo stati creati ad immagine di Dio (Genesi 1:27). La creazione di Adamo ed Eva non si è realizzata nello stesso modo in cui è avvenuta quella del resto del mondo conosciuto. Il Signore ha parlato ed il mondo naturale è venuto all’esistenza. La parola precede l’esistenza. Nel caso di Adamo ed Eva, invece, non viene formulata alcuna parola: la voce di Dio viene trasmessa loro direttamente solo dopo che essi furono creati (Genesi 1:20-30; 2:16). Essi sono stati scelti da Dio come destinatari della Sua parola. In altri termini, gli esseri umani sono delle creature con le quali il Signore può entrare in relazione per rivolgersi ad altre persone. Nel mondo creato gli uomini possono avere e coltivare delle relazioni personali con Dio.

Questo aspetto della nostra natura ci rende collaboratori di Dio nella gestione del mondo creato.

Per secoli i teologi hanno discusso sul significato dell’immagine di Dio nell’uomo. Sono state proposte differenti soluzioni, ma oggi, generalmente, tutti sono d’accordo sull’idea che “l’immagine di Dio non è qualcosa che noi abbiamo, ma qualche cosa che noi siamo”. L’immagine di Dio in noi non è localizzata in un elemento particolare della nostra persona, ma nella totalità del nostro essere. Nella creazione, l’immagine di Dio si rifletteva su tutti gli aspetti di Adamo e di Eva.

1. Un essere fisico

La prima cosa che notiamo relativa all’essere umano è che egli possiede una struttura fisica che gli altri possono vedere e toccare.

Se la persona, nella sua completezza, è stata creata ad immagine di Dio, ne consegue che anche il corpo riflette quest’immagine: nel principio “L’uomo era stato creato ad immagine di Dio, non soltanto dal punto di vista del carattere, ma anche nella forma e nell’apparenza” (GC. p. 213).

Il fatto stesso che Dio ci ha creato come delle persone fisiche è sufficiente per provare che il corpo umano è buono; va rigettato, pertanto, il dualismo antropologico greco che ne nega il valore. La protezione (gestione) del corpo rappresenta dunque una duplice responsabilità: di Dio da una parte e degli esseri umani dall’altra. Il Signore ha provveduto ad Adamo ed Eva con ciò che a loro era necessario per mantenere i propri corpi in perfetta condizione e prescrisse loro un regime alimentare preciso (Genesi 1:29).

La gestione del nostro corpo è fondata sul fatto che Dio ci ha creato com’esseri fisici. I nostri corpi non sono qualcosa che noi possediamo, ma ciò che noi siamo.

Il nostro corpo e ciò che noi siamo sono due realtà inscindibili. Dio s’aspetta che noi gestiamo i nostri corpi per la Sua gloria (1Corinzi 6:20).

2. Un essere spirituale

Gli essere umani sono più che semplice materia. Noi abbiamo la facoltà di ascoltare Dio e di risponderGli. Non esiste, su questo pianeta, nessuna creatura che possa gioire di tale attitudine. C’è un rapporto, una comunione tra Dio e gli uomini che permette loro di stabilire delle significative relazioni.

Gli esseri umani sono essenzialmente delle persone religiose. Noi comprendiamo noi stessi soprattutto grazie alla nostra relazione con Dio. Fu con Dio che Adamo ed Eva ebbero le loro prime relazioni.

Quando Adamo fu creato, Eva era assente, e quando Eva fu creata, Adamo non era presente. La prima immagine che si presentò ai loro occhi fu quella del Creatore. Tutte le altre relazioni furono determinate da questo primo contatto, senza il quale sarebbero stati incapaci di conoscersi e di comprendere il resto della creazione.

Ma l’incontro tra Dio e gli essere umani non doveva limitarsi al momento della creazione. Essi avevano bisogno di Lui per la loro esistenza ed affinché i bisogni relativi alla relazione personale con Lui fossero soddisfatti.

Per questo, il Dio trascendente decise di restare con loro nel tempo e nello spazio e, grazie a questa sua presenza ed al fatto che Egli ha scelto di dimorare con noi, possiamo gestire al meglio la nostra vita spirituale.

3. Un essere intellettuale

Dio ha dotato Adamo ed Eva di capacità razionale mediante la quale essi potessero acquisire maggiore conoscenza della Sua persona, di loro stessi e del mondo creato. Grazie ad una mente pienamente santificata, gli uomini sono resi capaci di controllare (dominare) le proprie emozioni e le proprie passioni, sviluppando ogni competenza o aspetto della vita.

Nel giardino d’Eden il Signore affida ad Adamo un compito che esigeva la messa in pratica delle sue facoltà intellettuali (Genesi 2:15): Dio gli chiede di dare i nomi agli animali (Genesi 2: 19,20). Nella Bibbia un nome è qualcosa di molto importante, perché esso riflette il carattere (l’impronta) di colui che lo porta.

Adamo, per assolvere il compito affidatogli da Dio, ha osservato, analizzato i comportamenti degli animali per dare a ciascuno di essi il nome più adeguato. Ciò ha implicato uno studio scientifico della natura mediante il quale era possibile esplorare la creazione di Dio, penetrando nel suo funzionamento, approfondendo l’ordine e l’armonia che la reggono. In questo modo Adamo mise le facoltà ed i talenti che l’Altissimo gli aveva donato al servizio di Dio e della natura. In questo consiste il fondamento della gestione cristiana dei talenti. Il Signore ci ha dato delle attitudini (capacità) per sviluppare la nostra abilità acquisendo nuove conoscenze – che devono essere utilizzate al Suo servizio.

4. Un essere sociale

La vita degli uomini non avrebbe avuto senso se questi fossero rimasti in totale isolamento. La nostra capacità di avere dei rapporti con i nostri simili è una manifestazione del fatto che siamo stati creati da Dio a sua immagine. Genesi 1:27 sottolinea questo aspetto dell’immagine di Dio in noi: “E Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”.

“L’uomo” è in realtà una dualità di persone, un’unità costituita da due esseri: uno di sesso femminile, l’altro di sesso maschile. Alcuni teologi vedono in questa dualità un riflesso dell’immagine di Dio. L’uomo e la donna costituiscono quest’immagine perché essi sono uno. L’idea di base è che l’immagine di Dio nell’”uomo” ingloba una pluralità che permette delle relazioni inter-umane comparabili alla pluralità di Dio che rende possibile le relazioni inter-trinitarie. Gli uomini sono degli esseri che relazionano tra loro, perché l’amore vero ha sempre bisogno di un altro per esprimersi.

Oltre alla nostra relazione con Dio, una delle più importanti relazioni sociali si situa nel cuore della struttura familiare. Il Signore diede degli insegnamenti a Adamo ed Eva, a proposito di questo fondamentale rapporto, mostrando loro qual è la natura del matrimonio. Il matrimonio ha come obbiettivo la fusione di due esseri (Genesi 2:24) e la procreazione (Genesi 1:28). L’unità nell’amore può pervenire alla sua piena dimensione nel matrimonio. Nello stesso tempo, Dio accorda loro il privilegio di contribuire con Lui nel perpetuare la razza umana.

E’ a partire dall’interazione sociale positiva nel cuore della famiglia che si possono sviluppare nuove relazioni, arricchiendosi reciprocamente.

Come esseri sociali, siamo particolarmente responsabili della gestione della nostra influenza sociale in casa, nella chiesa e nella società in generale. Il fatto di trattare gli altri con rispetto, con benevolenza e amore permette di attestare la qualità della nostra vita sociale. I valori, i principi della nostra consacrazione al Signore devono avere un impatto diretto e positivo sulle nostre relazioni sociali.

C. Chiamati a gestire la terra

Secondo Genesi 1:28, Adamo ed Eva dovevano sottomettere la terra e dominare la fauna. Così erano stati definiti i loro rapporti con il resto della creazione. Con certezza, in questo compito, l’immagine di Dio doveva rivelarsi in modo del tutto particolare. Il Signore aveva fornito a Adamo ed Eva forza e autorità. “Tutti gli esseri umani, creati ad immagine di Dio possiedono una potenza simile a quella del Creatore: il potere personale di pensare e d’agire” (E. G. White, Education, p.17).

Nell’Antico Testamento il verbo”dominare” è utilizzato per indicare l’autorità del re sul suo popolo. In Genesi questo potere è accordato all’umanità e limitato al mondo animale. Sta scritto di dominare sulla natura come un re premuroso, agendo come rappresentante di Dio presso gli animali, trattandoli nello stesso modo in cui Dio li ha creati. Il fatto che Adamo ed Eva erano vegetariani ci aiuta a capire che la dominazione sulla fauna non implicava la distruzione della vita animale. Questo potere era essenzialmente positivo; tendeva ad assicurare il benessere di tutte le altre creature ed a condurle alla loro piena maturità.

Il verbo “sottomettere” riferito alla terra deve essere compreso alla luce di Genesi 2:5,15, nel senso di prenderne cura. L’idea di usare il potere per distruggere la terra, è escluso. La creazione doveva proseguire in perfetta armonia così come Dio aveva stabilito. Adamo ed Eva non dovevano sovvertire l’ordine che Dio aveva stabilito, ma al contrario rispettarlo e preservarlo. La dominazione sulla natura rivela una funzione importane dell’umanità come immagine di Dio: essa è rappresentate dell’Altissimo nel cuore del mondo creato. Sta scritto che l’uomo è stato eletto maestro del mondo animale. Privati dalla facoltà di comprendere e di riconoscere la sovranità di Dio, gli animali sono capaci d’amare l’uomo e di servirlo.

Il Signore ha affidato a Adamo ed Eva, suoi rappresentati, la responsabilità di governare il resto della creazione.

L’ordine di esercitare la dominazione sul mondo rivela qualcosa d’importante concernente la natura della creazione, vale a dire una visione non mitologica della natura. Le mitologie antiche parlano frequentemente d’alberi e d’animali divini, di fiumi e terre divinizzate, ecc. In questa condizione, gli uomini confrontandosi con tali elementi naturali, non dovevano esplorali, ma sottomettersi a loro. Queste idee mitologiche sono assenti nel testo biblico: non ci sono terre divine, animali divinizzati, né costellazioni divine, né altre sfere divine totalmente inaccessibili all’uomo. Non c’è niente di superiore all’uomo nel mondo creato.

La dominazione dell’uomo sulla terra presuppone che la natura è limitata e dipende dalle cure umane. Questa dipendenza, inoltre, è evidentemente reciproca. La natura dipende dalla dominazione regale di persone responsabili, in grado di far produrre alla terra il meglio di se stessa. Ma l’esistenza umana dipende anche, intimamente, dalla natura. Dio ha voluto che la loro (esseri umani e natura) esistenza sia caratterizzata da una mutua dipendenza, anche se in definitiva entrambi dipendono dal Creatore.

Concludiamo affermando, che agli occhi di Dio gli esseri umani sono amministratori del mondo naturale e ciò è possibile perché non c’è niente di divino o di sacro nella natura. Questa nozione riveste una grande importanza per coloro che s’interessano all’ecologia.

Il nostro compito nell’assicurare il benessere del pianeta non deve essere fondato sul preteso del carattere sacro della natura, ma sul fatto che l’Altissimo ha designato l’uomo come amministratore del mondo.

D. La caduta ed il peccato

E’ difficile immaginare che ci sia stata un’epoca in cui su questo pianeta regnava una perfetta armonia. Secondo il piano divino, gli uomini, uniti al Signore da una consacrazione senza riserve, avrebbero continuato ad esercitare la loro dominazione sulla terra, ad esplorarla ed a preservarla in tutta la sua bellezza e la Sua grandezza.

E’ chiaro che la gestione cristiana della vita fa parte dell’intenzione e del piano originale di Dio, relativo alla missione della razza umana sul nostro pianeta. Questa funzione d’amministratore serviva a definire la responsabilità della famiglia umana verso Dio e nei confronti del creato. Ma l’intrusione del peccato ha sconvolto il piano divino.

1. La libertà

Nella teologia cristiana i concetti del peccato e della libertà sono intimamente legati. La storia biblica della caduta conferma questa nozione. Il racconto della creazione presuppone che gli esseri umani siano stati creati come delle persone libere. Nell’ambiente edenico, la libertà va concepita nella possibilità data a Adamo ed Eva di divenire ciò che Dio voleva che diventassero. Si trattava della libertà consistente nel portare a termine (maturità) il loro potenziale umano come creature di Dio.

Di conseguenza, la libertà era una realtà a condizione che i nostri progenitori si relazionassero armoniosamente con Dio. Questo modello di libertà è ben evidenziata in Genesi 2:16-17.

“E l’Eterno Iddio diede all’uomo questo comandamento: “Mangia pure liberamente del frutto d’ogni albero del giardino; ma del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché, nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai”.

Questi due versetti definiscono la vera natura della libertà e ne stabiliscono i suoi limiti. Ci collocano alla presenza di una norma corretta “permissiva”, comprendente una restrizione. Adamo ed Eva erano liberi di mangiare di tutti i frutti degli alberi del giardino per soddisfare i loro bisogni nutrizionali. Il Signore aveva pensato a tutti i loro bisogni fondamentali e se essi avessero obbedito alla sua parola, la conservazione della vita era assicurata. In un certo senso, la messa in guardia “salvo del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male…” permetteva loro di prendere coscienza della dimensione della loro libertà. Essi erano liberi di rifiutare la comunione con Dio, liberi di dire “no” alla vita che Egli aveva loro donato.

Senza questa possibilità Adamo ed Eva, non avrebbero mai potuto essere liberi e sarebbero stati prigionieri su questo pianeta. Sarebbero stati privati d’ogni scelta, posti in una condizione senza speranza e alternativa. Il Signore li avrebbe creati senza la possibilità di avere una relazione interpersonale e senza la facoltà di scegliere se voler vivere o no. Dio li ha creati dando loro la possibilità di scegliere di dire “sì” oppure “no”. Sì a Lui che è la vita. Era nel disegno divino offrire ai nostri progenitori la possibilità di scegliere la vita e la comunione con Dio. E’ per questo, che Egli ha formulato un ordine negativo. Il suo obiettivo, grazie alla loro scelta in favore del dono della vita, era quello di salvaguardare la loro esistenza. La loro libertà fu messa alla prova: essi erano chiamati a decidere o di obbedire e vivere, o di disobbedire e morire. In altre parole, spettava loro decidere se volevano tornare ad essere polvere o se gioire della vita e di una libertà vissuta nel proprio habitat, nell’obbedienza e nella fiducia nel Creatore.

Il nome dell’albero di cui Adamo ed Eva non dovevano mangiarne il frutto “l’albero della conoscenza del bene e del male” possiamo comprenderlo alla luce di Genesi 3: 22: “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi quanto a conoscenza del bene e dei male”. Conoscere il bene e il male, è una forma di conoscenza che appartiene esclusivamente a Dio. Questa frase non implica la facoltà di conoscere tutto, poiché l’uomo non è stato creato per essere onnisciente. Evidenzia piuttosto la possibilità per l’uomo di decidere, di per se stesso, qual è il meglio per i propri bisogni e quale non lo è. Siamo alla presenza di una parola che esprime l’idea di un’autonomia morale, assoluta e di un potere di prendere decisione senza rendere conto a nessuno. L’albero in questione è un simbolo di una rivendicazione d’autonomia morale e di un’indipendenza totale che conduce fatalmente alla morte, perché questa rivendicazione significa rifiuto della vita. Una rivolta cruciale contro Dio.

2. Il peccato: una rivendicazione

Il serpente poiché animale più intelligente del giardino d’Eden divenne uno strumento di Satana (Genesi 3:1). Ciò sorprende perché il serpente faceva parte delle “buone creature” di Dio (Genesi 1:31). E’ interessante notare che nella scena del giudizio descritta in Genesi 3:9-14, il Signore domanda ad Adamo ed Eva di spiegare il loro comportamento e di dare delle ragioni, ma nessuna domanda fu posta al serpente. Se non c’è stato alcun dialogo tra Dio ed il serpente, ciò significa che non c’è nulla da spiegare; infatti, il peccato è inspiegabile e irrazionale. Il peccato può solo essere condannato, ed è quello che Dio fece.

Durante il dialogo con Eva, il serpente fece nascere in lei la possibilità di una nuova conoscenza di se stessa e “una superiore visione del mondo”. Il messaggio del tentatore era seducente e persuasivo. Egli iniziò con una domanda che obbligava Eva a reagire modificando la parola del Creatore, al punto che Eva decide di difendere Dio; ma fallisce. Allora il serpente diventa più aggressivo e contraddice apertamente quello che il Signore aveva detto circa i risultati che sarebbero scaturiti qualora avessero mangiato il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male.

Se si crede al serpente, la morte non costituisce un pericolo per le creature, perché Satana afferma che non si muore, ma si passa da un livello inferiore a quello superiore. Secondo lui, il fatto di mangiare il frutto dell’albero interdetto avrebbe aperto ad Eva e a suo marito nuove prospettive sulla conoscenza che essi avevano di se stessi. Ancor più, ciò li avrebbe avvicinati a Dio; in effetti, sarebbero diventati come Dio, acquisendo la conoscenza del bene e del male. “Sì, aggiunge il serpente, voi potete essere totalmente autonomi, potete divenire maestri di voi stessi e potete essere sorgente della vostra vita”.

Dopo aver messo in discussione la bontà di Dio, Satana insinua in Adamo ed Eva l’importanza di dipendere da lui stesso ed il fatto che Dio impediva loro di gioire della pienezza della vita. Rivendicando la loro autonomia e la loro indipendenza da Dio, essi potevano accedere a nuove dimensioni dell’esistenza. C’era una sola cosa da fare: rifiutare la loro missione d’amministratori di Dio e divenire proprietari della propria vita.

Eva desiderava svilupparsi, conoscere la sua maturità e realizzare pienamente il suo potenziale. Il Signore stesso aveva messo nel suo cuore il desiderio di saggezza, ma lei e suo marito utilizzarono male la loro libertà ed oltrepassarono i limiti. Entrambi rifiutarono la loro condizione d’amministratori di Dio per divenire proprietari. Mangiarono il frutto proibito, non perché rifiutavano il dono divino, ma perché desideravano possederlo e gioire in totale indipendenza da Dio. Volevano porre fine allo status di creature per divenire come Dio. Entrambi furono ingannati dal serpente perché ciò che questi proponeva era immaginario, fantasioso. In effetti, scelsero la morte e non la vita. Mangiando il frutto l’uomo perse la funzione di garante del mondo.

3. Il peccato – egoismo e servitù

La decisione di Adamo ed Eva fu un atto di ribellione che ha generato disordine nel mondo e ha sconvolto l’armonia della creazione. Dopo aver commesso il peccato, il primo sentimento che essi provarono fu la vergogna reciproca. Si guardavano come se fossero estranei; la loro vita non era più quella di una volta. Le crepe spirituali interne che sgorgarono si tradussero in un mutuo rigetto.

Noi percepiamo l’altro soprattutto attraverso il corpo; diversamente, le relazioni sociali e le interazioni, sarebbero impossibili. Provare vergogna alla presenza di un’altra persona significa che le relazioni interpersonali hanno perso armonia. Adamo ed Eva aspiravano la piena autonomia, l’indipendenza da Dio, ma non si resero conto che tale desiderio avrebbe avuto come conseguenza l’indipendenza nei confronti dell’altro. Così l’egoismo era nato nei loro cuori e questa peculiarità sarebbe rimasta impressa nella razza umana.

Qualsiasi cosa si dica, benché avessero rivendicato la loro indipendenza da Dio, Adamo ed Eva, in ogni modo, continuarono a sentirsi responsabili nei confronti di Dio. Essi si nascosero, perché erano stati degli amministratori infedeli. Dopo la ribellione, il Signore li giudica colpevoli (Genesi 3:8-19), ma nonostante ciò continua a considera gli uomini come degli intendenti, perché quello era il ruolo loro assegnato. Una natura corrotta ed egoista non giustifica il rifiuto di tale ruolo.

A causa del peccato che commisero, Adamo ed Eva diventarono schiavi del peccato. L’apostolo Paolo dichiara che gli uomini diventano schiavi di coloro che scelgono di obbedire (Romani 6:16). La razza umana ora, avendo scelto di darsi al peccato, si asservisce ad esso (Romani 6:17), asservendosi alla legge del peccato (Romani 7:14,23). Di conseguenza, gli uomini non possono più essere sottomessi alla legge di Dio, perché lo sono già nei confronti del peccato. Pertanto è impossibile piacere a Dio (Romani 8:7-8). Essi sono marchiati di un’incapacità viscerale (virale).

La natura umana è stata corrotta nel profondo di se stessa ed in essa alberga un’ostilità istintiva verso Dio (Romani 8:7): è debole e soffre di un’inclinazione, quasi incosciente, al peccato. Questa natura, dominata dal peccato, governa la razza umana (Romani 8:9) e a causa di questa schiavitù è impossibile agli uomini divenire fedeli amministratori di Dio.

Il peccato, rivolta contro Dio, non ha prodotto soltanto l’egoismo e la schiavitù: esso ha anche deformato l’immagine di Dio nell’uomo (Romani 3:23). A causa del peccato la nostra natura fisica, spirituale e morale fu alterata. Tuttavia, l’immagine di Dio non fu totalmente cancellata (Genesi 9:6): alcuni l’hanno imbruttita nei propri cuori a causa della loro vita immorale; ciononostante possono intravedere ancora le tracce di tale immagine. L’alterazione dell’immagine divina testimonia anche il fatto che la natura stessa fu “sottomessa alla vanità” ed alla “schiavitù della corruzione” (Romani 8:20,21).

A causa del peccato la missione degli uomini come amministratori del Signore fu terribilmente stravolta. Il peccato, atto di ribellione contro Dio, è caratteristica dell’uomo che pretende di essere proprietario di tutto e in particolare della vita. In questo modo, si diviene schiavi della trasgressione ed incapaci di vivere secondo il Signore. Ristabilire la condizione originaria di amministratori di Dio esige un piano in grado di porre fine alla rivolta, all’egoismo, alla schiavitù del peccato e di restaurare l’immagine di Dio.

Tratto da “La gestion chrétien de la vie, di Angel Rodriguez, ed. Vie e Santé, 1996, BP 59, Dammarie-lès-lys Cedex, France.

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