15 – Il testamento di Gesù

Una preghiera che noi dobbiamo esaudire

Conferenze tratte da Regards 2000, tenute in Francia via satellite.

gesulf5Gesù sapeva che entro pochi istanti il dramma sarebbe giunto al suo epilogo… La morte era in agguato. Era alla porta. Rimase sereno… Pregò…

Pregò per avere la forza… Pregò per i suoi discepoli che amava. Senza dubbio la stessa preghiera che pronunziò qualche ora prima con loro, quando erano ancora nella camera alta.

Questa preghiera sconvolgente rivolta a Dio ma che non può essere esaudita che dai suoi discepoli. Una preghiera che risuona ancora oggi come ultima volontà del Maestro per i suoi discepoli…

Introduzione

Ecco la fine di un’avventura che Dio mi ha fatto la grazia di vivere con queste conferenze. Aver condiviso un po’ della mia fede, della mia speranza, della mia ragione di vita costituisce un’esperienza unica. Infatti noi diventiamo ricchi grazie a quello che condividiamo! Questa è la sorpresa che ci dà la logica dell’aritmetica di Dio che sconvolge la nostra! Più una cosa è condivisa… più si accresce. Una divisione che si tramuta in moltiplicazione! Condividete la vostra gioia, la vostra speranza, la vostra fede… e vedrete, si accresceranno!

Questo mi fa pensare ad una storia di Tagor.
Un mendicante viene a sapere dalla gente che un principe passerà nella regione. Subito pensa che quella potrà essere l’occasione buona della sua vita. E siccome si dice che l’occasione ha un ciuffo di capelli sulla fronte ed è calva sulla nuca (la si può afferrare quando si presenta, una volta che è passata è troppo tardi), non deve soprattutto perdere quest’occasione! Si metterà sul percorso con la mano tesa, sperando che il principe gliela riempia. Ed ecco il nostro mendicante appostato sulla strada. Improvvisamente sente lo scalpitio dei cavalli. Il rumore di una carrozza. Il principe arriva! Il mendicante si precipita. E il principe si ferma alla sua altezza, si alza. Il mendicante si getta ai suoi piedi… tende la mano. Il principe dice: “Mendicante, cos’hai da darmi?”

Il mendicante non crede alle sue orecchie. Il principe che chiede l’elemosina al mendicante! È il colmo! Febbrilmente il mendicante fruga nella sua bisaccia. Tira fuori un chicco di riso, lo mette nella mano del principe. E il principe si allontana… come un miraggio! Amaramente deluso, il nostro mendicante torna a casa. Come ogni sera, rovescia il contenuto della sua bisaccia sulla tavola per fare l’inventario della magra raccolta della giornata. All’improvviso, il suo sguardo è attratto da qualcosa che brilla. In mezzo ad un tozzo di pane ed un torsolo di mela, scorge un chicco di riso. d’oro! Allora capisce. Sospirando esclama: “Perché non gli ho dato tutto?!” Si, diventiamo ricchi grazie a quello che diamo! Proprio l’esperienza che Gesù voleva far vivere ai suoi discepoli.

Ho parlato di fine della nostra avventura… e oggi vi propongo di dare ancora uno sguardo sulla fine dell’avventura di Gesù sulla terra con i suoi discepoli, prima del suo martirio. Quando sappiamo di trovarci davanti alla morte, le parole che pronunziamo ed i gesti che facciamo hanno una grande importanza. Perché davanti alla morte solo l’essenziale sopravvive! Gesù sapeva che la sua avventura terrestre stava per terminare. E, in quelle ultime ore che passava con i suoi discepoli, avrebbe consegnato il suo testamento spirituale. Il testo dice semplicemente: “Or prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l’ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.” (Giovanni 13: 1) Nei due luoghi che amava particolarmente, egli visse dei momenti di un’intensità sconvolgente. Prima nella piccola camera alta, alla luce della lampade ad olio, nella serata inoltrata. Poi nel giardino degli ulivi, non lontano di lì, sulle alture di Gerusalemme nella notte avanzata. Ed è li che venne arrestato per essere messo a morte.

1) L’ultima cena … gli atti prima delle parole

Eccoli nella piccola camera.”> Insieme stavano consumando un pasto. In quel contesto culturale il pasto era importante! Mangiare dallo stesso piatto creava dei legami profondi, perché si attingono le forze dalla stessa sorgente! La parola “compagno” ha la sua radice in condividere lo stesso pane. Peccato che oggi, da noi, si sia perduto il senso di questi momenti privilegiati di comunione. I fast food alla McDonald non sono la stessa cosa!
Era la vigilia della Pasqua, grande festa per gli ebrei. Ci si ricordava, con un pasto del tutto particolare, della liberazione dalla schiavitù dell’Egitto. Inoltre i discepoli sapevano di vivere dei momenti di un’intensità non comune. Gesù era minacciato di morte e sembrava volere addirittura buttarsi nelle fauci del lupo! Infatti, perché sarebbero a Gerusalemme in quei momenti di effervescenza che non facevano che accrescere le minacce che pesavano su Gesù ed i suoi discepoli? Questo pasto era vissuto con dei sentimenti di minaccia, di timore e di gioia per la liberazione. Dunque era in questo contesto sacro, come pure col presentimento che qualcosa di drammatico stava per accadere, che Gesù condivise questo pasto con i discepoli.

Nel bel mezzo del pasto, Gesù si alzò senza dir nulla. I suoi l’osservavano. Perché quando Gesù taceva e compiva un gesto, sapeva che il gesto è spesso più eloquente ed incisivo di qualsiasi discorso! Dunque si tolse la tunica, si mise un asciugatoio intorno alla vita. come uno schiavo! Il maestro davanti ai suoi discepoli diventò schiavo!
Questa volta il principe fa le veci del mendicante!
Poi versò dell’acqua in un catino, si inginocchiò ai piedi dei discepoli, e, gli uni dopo gli altri, lavò i loro piedi e li asciugò con l’asciugatoio che aveva intorno alla vita! Fece quello che un servitore avrebbe fatto al suo padrone… Era inaudito! I discepoli erano muti e stupiti. Pietro soltanto, l’impetuoso (notate che era sempre lui che si buttava in acqua nel verso senso della parola come anche nel senso figurato), Pietro dunque esclamò: “Tu, Signore, lavare i piedi a me?” Allora Gesù gli fece capire che era necessario, che più tardi avrebbe capito, che se rifiutava questo gesto si sarebbe privato di quello che egli gli avrebbe potuto offrire. Allora, l’impetuoso e pittoresco personaggio esclamò: “Signore, non soltanto i piedi, ma anche le mani e il capo!” E con l’umorismo che lo caratterizzava, Gesù gli disse allora: “Chi è lavato tutto, non ha bisogno che di aver lavati i piedi…” Forse alludendo al battesimo che avevano già ricevuto.

E dopo aver compiuto questo atto stupefacente, Gesù si sedette domandando se avessero compreso l’importanza ed il significato di quel gesto. Poi spiegò: “Voi mi chiamate maestro e Signore; e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, che sono il Signore e il maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io.” (Giovanni 13:13-15)

Ecco la prima importante nozione che Gesù voleva dare: l’umiltà! Se i discepoli di Gesù fossero sempre stati umili, alla stregua del maestro, quante guerre e violenze si sarebbero evitate! Perché la storia della chiesa cristiana lascia un gusto amaro di violenze, di persecuzioni, d’intolleranze. Troppo orgoglio e desiderio di potere. È tempo che ci ricordiamo del testamento spirituale che il Maestro ha lasciato ai suoi discepoli! Quello che è straordinario, è che Gesù ha chiesto ai suoi discepoli di perpetuare questo gesto in nome suo. Quando io lavo i piedi del mio fratello spirituale, le mie mani diventano quelle di Gesù! Io lo faccio nel suo nome… Che incredibile privilegio!

Poi, nel corso della medesima sera, Gesù offrì loro del pane come offre la sua stessa vita. Mostrando il pane che rompeva davanti ad essi, indicava che il suo corpo sarebbe stato rotto dalla morte. Per loro… per me… per voi… Segno d’ amore, della sua grazia. Era l’istituzione di quella che noi chiamiamo la “Cena”. Un gesto che Gesù ha voluto perpetuare fino allo stabilimento del suo Regno, al suo ritorno.

Poi fece circolare la coppa dell’alleanza. Il frutto della vigna che rappresenta il suo sangue versato per ognuno di noi. Il sangue della vita di Gesù che egli desidera vedere scorrere in ognuno di noi.

Poi, accadde ancora qualcosa di incredibile. Gesù sapeva che Giuda l’aveva tradito. E che la morte era alla porta. Eppure prese del pane e lo dette a Giuda. Sapete, Giuda fu l’unico discepolo che ricevette dalle mani di Gesù il pane! E quando sappiamo che Egli diede a quel pane un tale significato di amore e del dono della sua grazia comprendiamo tutta la portata di quel gesto. Era come una ciambella di salvataggio che Gesù cercava di porgere a Giuda. Era come se gli dicesse: “So che mi hai tradito… Eppure voglio perdonarti e salvarti… Io morirò anche per te.” Sapete, non c’è peccato abbastanza grave per escluderci dall’amore di Gesù. Giuda avrebbe potuto accettare questo appello alla vita. Ahimè non ci ha creduto. Si impiccò! Così, dopo aver parlato di umiltà, Gesù voleva parlare loro di perdono e di amore. Anche questo fa parte del testamento spirituale che Gesù voleva lasciare ai suoi discepoli.

Ed è anche una preghiera che Gesù rivolge ai suoi discepoli, nella speranza che venga esaudita. Eccola: “Amatevi gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri.” (Giovanni 13:34,35)

2) Principi di vita … chiavi della felicità

Poi Gesù parlò ancora, parlòa lungo! Come se i gesti che aveva compiuto in silenzio avessero aperto la porta alla parola. Dopo aver mostrato loro la sua visione dell’umiltà, della condivisione, dell’amore e del perdono, lascerà loro in eredità una serie di principi essenziali di vita. Delle chiavi della felicità. Le chiavi che permettono l’accesso al suo Regno.

Prima di tutto parlò loro di serenità e di fiducia.

“Il vostro cuore non sia turbato; abbiate fede in Dio, e abbiate fede anche in me! (…) Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti.” (Giovanni 14:1,27) Come doveva essere bello per quei discepoli, ansiosi, preoccupati da tante minacce che planavano su di essi, vedere il loro maestro così calmo e sereno! Una pace che non nascondeva la realtà. Egli annunciò loro che il mondo avrebbe avuto dell’odio per loro come per lui. Che sarebbero stati perseguitati, come lui. Avrebbero attraversato la tristezza… Ma proseguì immediatamente dicendo che un giorno questa tristezza verrà mutata in gioia! E disse loro con una sincerità commovente: “Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo.” (Giovanni 16:33) Gesù non cercava di velare gli occhi dei suoi discepoli sulla realtà. Desiderava che fossero coscienti. Aprì loro la speranza… ma senza illusioni. Sarebbe stato difficile! Essere discepoli di un crocifisso, significa anche portare un poco la sua croce! Sapete, quando nel mare c’è uno scoglio, i flutti si scagliano con forza su di esso. Ci sono degli schizzi… Ma il discepolo può tuttavia affrontare serenamente tutto questo, perché la sua visione lo porta al di là di quelle realtà. Può già contemplare il trionfo di Gesù.

Questo mi fa pensare ad un vecchio racconto indiano che ricorda una terribile battaglia. Un temibile guerriero seminava la morte intorno a sé, come la falce che ghermisce tutto quello che si trova sul suo percorso. All’improvviso, un uomo si gettò su di lui e gli tagliò la testa. Questa cadde al suolo! Ma il temibile guerriero, senza la testa, continuò imperturbabile a combattere con accanimento! Vi ricordo… è una storiella!
Allora una donna coraggiosa si avvicinò all’uomo inferocito e gridò: “Ma tu non hai la testa, dunque sei morto!” E sapete, nell’istante in cui pronunciò queste parole, il guerriero crollò e morì immediatamente!
Che razza di storia… non è vero? Ma è interessante! Il male e la morte che ci circondano sono mendaci! Fanno credere che avranno l’ultima parola. Eppure Gesù ha vinto la morte. Lo abbiamo fatto vedere durante queste conferenze. Il grido di quella donna, è il grido della fede. Grazie a Gesù, la morte ha perso la testa e, accada quel che accada, non ci faremo cadere le braccia, perché noi crediamo in un’altra realtà. “Fatevi coraggio, io ho vinto il mondo!” Diceva Gesù ai suoi discepoli.
Ecco la più bella eredità che Gesù ci lascia: la sua pace!

Poi Gesù fece una straordinaria promessa: “Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no, vi avrei forse detto che io vado a prepararvi un luogo? Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi.” (Giovanni 14:2,3) E poco dopo ritornò ancora su questa certezza di un’altra vita che inizierà in occasione della sua nuova venuta. “Avete udito che vi ho detto: Io me ne vado, e torno da voi.” (Giovanni 14:28) Si, se Gesù parla di pace e di fiducia, è perché ci tiene a lasciarci questa certezza.

Poi, Gesù continuò a lasciar loro le chiavi della felicità… Sapendo che avrebbero affrontato delle prove dolorose e che per l’insediamento del suo Regno sarebbe occorso del tempo, molto tempo, Gesù promise ancora una volta che non sarebbero stati soli. “E io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro consolatore, perché stia con voi sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in voi. (…) In quel giorno conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi.” (Giovanni 14: 16-18,20) Ne abbiamo lungamente parlato in occasione dell’ultima conferenza. Ecco la nostra eredità: la presenza, in noi, di Gesù Cristo vivente per mezzo dello Spirito Santo! Che mistero…Un altro ancora. Ma che straordinaria eredità! Mai più soli malgrado tutto quello che ci potrà accadere!

Ma affinché si realizzi questa comunione spirituale con Gesù, ci deve essere una lotta. Non è facile far vivere una simile presenza in un mondo in cui tutto è fatto per separarci da questa comunione! Per questo, Gesù rivolse una vibrante preghiera ai suoi discepoli. Ancora una chiave della felicità, il voler vivere una lotta permanente affinché questa comunione vitale sia duratura: “Dimorate in me, e io dimorerò in voi. Come il tralcio non può da sé dar frutto se non rimane nella vite, così neppure voi, se non dimorate in me. Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto: Perché senza di me non potete fare nulla.” (Giovanni 15:4,5)

Gesù invita i suoi discepoli ad entrare in questo processo di fiducia e di rischio nell’obbedienza. Perché ogni libertà è il frutto di una scelta, di un investimento… e di una sottomissione. Ed è allora che parla di legge… ma della legge d’amore. Leggete: “Come il Padre mi ha amato, così anch’io ho amato voi; dimorate nel mio amore. Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; come io ho osservato i comandamenti del padre mio e dimoro nel suo amore.”
Leggete bene il seguito: “Vi ho detto queste cose, affinché la mia gioia dimori in voi e la vostra gioia sia completa. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi.” (Giovanni 15;9-12) Incredibile… Con poche parole, Gesù ricollega la legge con l’amore e la gioia. Come se questi tre elementi fossero le sfaccettature di uno stesso diamante! E dire che così sovente abbiamo messo la legge in opposizione col cuore! Gesù li ha riuniti perché la sua legge è giusta e buona. Ubbidire a Dio è la sorgente della gioia. Se soltanto i cristiani capissero questo! Quante nevrosi cristiane sarebbero evitate! È vero, molto spesso abbiamo tradito questa meravigliosa eredità che ci ha lasciato Gesù!

Questa forza di vita, Gesù l’ha messa a nostra disposizione. Non dobbiamo fare altro che afferrarla mediante la preghiera. D’altronde Gesù terminò il suo lungo discorso con una constatazione: “Fino ad ora non avete chiesto nulla nel mio nome; chiedete e riceverete, affinché la vostra gioia sia completa.” (Giovanni 16:24)

Poi, dopo aver loro dato in eredità questi principi essenziali di vita, Gesù si mise a pregare. Una lunga preghiera, di cui il vangelo di Giovanni ci dà ampi stralci. Bisogna credere che questa preghiera colpì i suoi discepoli. Una preghiera che rivolge a Dio, ma molte richieste di questa preghiera possono essere esaudite soltanto da noi.

3) La preghiera di Gesù

Una preghiera di una sincerità commovente. E subito dopo questo, Gesù si recò ancora con i suoi discepoli sul Monte degli ulivi. Vi trascorsero la notte. E là ancora pregò per attingere la forza per affrontare il suo martirio, ma anche per i suoi discepoli che avrebbero avuto bisogno di essere sostenuti. E io credo che i suoi discepoli di tutti i secoli venturi erano presentati in questa preghiera. Infatti lo dice: “Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola…” (Giovanni 17:20)

Una preghiera affinché noi siamo preservati da ogni contaminazione. Gesù è chiaro. Non vuole isolarci in una sfera di santità ermetica! Se siamo in questo mondo, non vuole isolarci. Se Gesù è venuto a mescolarsi in questo mondo, non è per chiedere ai suoi discepoli di fuggire da questo! Sarebbe il colmo! Al contrario. Desidera che si mescolino al mondo come il sale si mescola agli alimenti dando gusto e sapore. Ascoltate la sua preghiera: “Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Santificali nella verità; la tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anch’io ho mandato loro nel mondo.” (Giovanni 17:15-18) Non si tratta di fuggire il mondo come si fugge la peste! Gesù, senza fare dispiacere a quelli che credono il contrario, aveva i piedi sulla terra. Viveva in questo mondo, uno al quale piaceva vivere, l’abbiamo visto, e voleva che i suoi discepoli facessero la stessa cosa! Fuggire dalla realtà è troppo facile.

No, Gesù non è come quei guru strambi che oggi vediamo ingannare degli innocenti, nascondendo loro le realtà dell’esistenza. O creando dei robot che non sono collegati alla vita!

Vuole vedere i suoi discepoli, volitivi, solidali e solidi. Per questo insiste sulla necessità di studiare la parola di vita, quella che è venuto a portare. “Santificali nella verità: la tua parola è verità..” ha detto Gesù. Una volta ancora la palla è nel nostro campo. Sta a noi sapere se vogliamo lasciarci trasformare da questa parola. Soltanto noi possiamo esaudire questa preghiera di Gesù!

E terminando la sua preghiera, Gesù espresse il suo augurio più caro. Aveva un sogno per l’avvenire dei suoi discepoli. Di nuovo una preghiera che soltanto i suoi discepoli possono esaudire! Ahimé, è senza dubbio la preghiera di Gesù più disprezzata. Questo sogno è stato tradito nel corso dei secoli: “.che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi.” (Giovanni 17: 21) Quando ascolto questa preghiera di Gesù e guardo la cristianità, questo mi fa male. Terribilmente male! Tante divisioni, tanto odio, tante intolleranze, tanti tradimenti. Tutto questo perché abbiamo dimenticato di vivere tutti questi principi di vita che Gesù condivideva con i suoi discepoli prima di pronunziare questa preghiera. Umiltà, amore, perdono, fiducia, apertura allo Spirito Santo, obbedienza, comunione in Cristo, spirito di preghiera, di studio e di meditazione della sua parola. Allontanandoci dalla sorgente, ci si è allontanati gli uni dagli altri. Abbiamo dimenticato che Gesù è venuto in questo mondo per gettare un ponte fra noi e Dio e per essere un ponte fra gli uomini!

Gesù terminò la sua preghiera con un appello all’unità affinché il mandato della Chiesa di essere testimone della luce in questo mondo di tenebre possa essere vissuto.
“Che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch’essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato… affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me.” (Giovanni 17: 21,23)

Conclusione

Il messaggio di Gesù è un messaggio di vita. Io credo che è il messaggio che il nostro mondo ha bisogno di sentire. Durante queste conferenze ho cercato di rivelarvi alcune possibilità. Sono convinto che è soltanto una piccolissima parte di questa ricchezza. La sua parola è un tesoro da scoprire sempre di più. In questa preghiera, Gesù ci invita a condividere intorno a noi queste ricchezze. Fa appello a dei testimoni. Mi chiama… Vi chiama a condividere quello che avete ricevuto. Perché sa che il miglior modo per conservare quello che abbiamo ricevuto, è di condividerlo. Si è ricchi per quello che diamo. Ricordate la storia del mendicante e del chicco di riso! Ma sa anche che affinché questi principi di vita si diffondano, occorre unirsi, raggrupparsi. Non possiamo vivere la nostra fede in solitudine. Per questo Gesù ha voluto vedere i suoi discepoli riunirsi in comunità. Io ho bisogno della mia chiesa per vivere la mia fede e per vederla crescere.

Certamente la chiesa perfetta e ideale non esiste. Un giorno, un uomo si rivolse ad un saggio per chiedergli qual’era la chiesa perfetta. Lui rispose: “Sai, anche se tu la trovassi, nel momento in cui tu varcassi la sua soglia non lo sarebbe più!” Quanto è vero.

Poche ore dopo la risurrezione di Gesù, i discepoli erano riuniti nella camera alta. Non sapevano che Gesù aveva trionfato sulla morte. All’improvviso apparve a loro, annunciando la pace e affidando loro l’incredibile mandato di essere suoi testimoni nel mondo.
Il testo del vangelo precisa che Tommaso non era con loro. Era uno dei discepoli. Perché non era là? Forse era deluso di Dio che aveva lasciato morire Gesù in un modo così atroce. Forse era deluso dei suoi amici che erano stati così pavidi. Forse si vergognava perché non aveva fatto meglio degli altri! Possiamo essere amareggiati nei riguardi di Dio, della Chiesa che non adempie il suo ideale, ed anche amareggiati con noi stessi. Queste sono tutte buone scuse per non aderire ad una comunità.
Ma allora corriamo un grave pericolo. Quello di inaridirci spiritualmente nel nostro angolino! Il testo del vangelo dice che alcuni giorni dopo Tommaso era con i suoi amici. Senza dubbio era riuscito a superare i suoi pregiudizi ed i suoi rancori. E una volta ancora Gesù apparve. Questa volta solo per lui.

Per fare un incontro con un Gesù vivente,noi abbiamo bisogno di vivere un’esperienza di comunità di vita, di studi e di preghiera. Queste conferenze sono giunte al termine. Ah, se fossi riuscito soltanto a darvi il desiderio di saperne di più di Gesù e del suo fantastico messaggio! Io non voglio lasciarvi senza invitarvi a vivere l’esperienza della comunità. È un cammino necessario, voluto da Gesù! Ed è insieme che Gesù vuole che entriamo nel suo Regno. vi esorto con tutto il cuore a proseguire la vostra ricerca. Quello che è meraviglioso con Gesù è che la ricerca non finirà mai. ” Io sono la via…” diceva Gesù. Io auguro a ciascuno di voi di diventare i nomadi di Cristo Gesù in cammino verso il Regno di Dio. Mi rallegro un giorno di incontrarvi!
In un istante, Tommaso vinse i suoi pregiudizi, i suoi timori, i suoi dubbi… Capiva che Gesù stava per fare la sua opera nella chiesa, malgrado gli ostacoli. Riconobbe il suo Dio. Esclamò: “Mio Signore e Mio Dio…”

Share Button