58 – Festività giudaiche: lo Shabbàth

0601057

«Ricordati del giorno di Sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il Sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro, né tu, né tuo figlio, né tua figlia, né il tuo schiavo, né la tua schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero che dimora presso di te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi, ma si è riposato il giorno settimo. Perciò il Signore ha benedetto il giorno di Sabato e lo ha dichiarato sacro» (Es 20: 8-11).

Nella Genesi ( 1 e 2), di tutte le cose create, Dio dice che sono buone; dell’uomo dice che è: “molto buono“, ma soltanto il Sabato viene da lui benedetto e dichiarato sacro. Sabato, in ebraico Shabbàth, vuol dire: cessò, perché appunto nel settimo giorno, avendo compiuto la creazione, Dio si fermò, “cessò da ogni suo lavoro” (Cfr. Gn 1,2). Egli ha voluto donare all’umanità un giorno di riposo, di pace e di santificazione, in ricordo perenne dell’opera della Creazione.

Durante il giorno del venerdì, nelle case degli ebrei, fervono i preparativi per il Sabato, «Signore e Re di tutti gli altri giorni». Viene adornata la casa, preparati i cibi, i vestiti della festa e fatto quanto è necessario per ricevere il Sabato con l’onore che gli è dovuto. Lo Shabbàth ha inizio la sera del venerdì e viene accolto con la preghiera nelle sinagoghe e nelle case. Mentre il padre di famiglia, con i figli maggiori, partecipa alla preghiera della comunità, in casa, la madre di famiglia, con i figli più piccoli, presiede alla liturgia domestica accendendo, prima del tramonto, le due candele che rappresentano i due volti del Sabato. Una di esse è chiamata “ricorda” e l’altra “osserva” (per ricordare e osservare il precetto di santificare il Sabato).

La madre di famiglia accende le candele e, coprendosi gli occhi con le mani, dice: “Benedetto sii tu, Signore Dio nostro, re dell’universo che ci hai santificati con i tuoi precetti e ci hai comandato di accendere i lumi del Sabato“.

Il padre di famiglia, al ritorno dalla Sinagoga, davanti alla tavola imbandita, in mezzo ai suoi cari, alza il calice col vino e recita un’antica preghiera di benedizione a Dio per il frutto della vite, per la santificazione di Israele mediante i precetti, per il dono del Sabato, memoria della Creazione e dell’uscita dall’Egitto. Segue la benedizione sul pane.

“Il Sabato è consacrato all’incontro con Dio, alla preghiera, allo studio della Toràh, alla festa in famiglia, alle riunioni con i parenti ed alle visite agli ammalati. Il Sabato è un ricordo dei due mondi: questo mondo e il mondo futuro; esso è un esempio di entrambi i mondi. Il Sabato infatti è gioia, santità e riposo; la gioia è parte di questo mondo, la santità e il riposo sono del mondo futuro”. (Al Nakawa: Menorath ha-Maor, ed. Enelow)

Quando il giorno del Sabato sta per terminare, esso viene salutato con grande nostalgia, quasi a volerlo trattenere e a prolungarne la presenza. Il rito del saluto al Sabato esprime la speranza nel suo prossimo ritorno.

La vita dell’ebreo è come un pellegrinaggio che, di Sabato in Sabato, conduce verso il Sabato eterno, riposo perfetto nel Dio d’Israele. “L’ebraismo propugna una visione della vita intesa come pellegrinaggio verso il settimo giorno; l’aspirazione al Sabato durante tutti i giorni della settimana esprime l’aspirazione al Sabato eterno durante tutti i giorni della nostra vita”. (A.J.Heshel: Il Sabato – Ed. Rusconi)

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