06 – La nuova Genesi

Con il cambiamento diventiamo il suo popolo

58014_464582020282_849848_n_mediumQuando consentiamo a Gesù di essere nostro Signore, egli ci cambia. La grazia, l’amore di Dio che salva, ci trasforma mentre camminiamo ogni giorno accanto a lui.

Scrisse l’apostolo Paolo: «Infatti la grazia di Dio, salvifica per tutti gli uomini, si è manifestata, e ci insegna a rinunziare all’empietà e alle passioni mondane, per vivere in questo mondo moderatamente,  giustamente e in modo santo, aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù. Egli ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone» (Tt 2:11-14).

Questo passaggio svela la natura di una vita vissuta per mezzo della grazia divina. Tutto cambia: le nostre scelte, la nostra speranza e la nostra motivazione. Giorno dopo giorno ci troviamo davanti a delle scelte, il mondo ci presenta sempre la «concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita» (1 Gv 2:16), che non viene dal Padre, ma dal mondo. Dio ci insegna a dire «No!» e a prediligere la strada nobile, quella di Gesù. Oltre a questo, la grazia ci sostiene mentre attendiamo il ritorno di Cristo. Non sappiamo quando avverrà, ma siamo certi che succederà perché ce lo ha promesso: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un luogo, tornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove sono io, siate anche voi» (Gv 14:3). Egli ricolma già in questa vita i nostri cuori di gioia e pace, ma il meglio deve ancora venire, quando saremo a faccia a faccia con lui. La sua grazia ci motiva poi a essere più vicini possibili al suo ideale, un popolo «purificato che è suo, ansioso di fare ciò che è buono».

Dio ordinò al popolo di Israele che si trovava nel deserto: «Essi mi faranno un santuario e io abiterò in mezzo a loro» (Es 25:8). La sua gloria, la Shekinah tra i cherubini del luogo santissimo del tabernacolo dimostrò che egli aveva mantenuto la promessa fatta: dimorare in mezzo a loro.

Il desiderio di Dio

Dio desidera ancora dimorare in mezzo al suo popolo; oggi non disponiamo di un santuario nel deserto e nemmeno di un tempio stupendo a Gerusalemme, ma possiamo contare su un meraviglioso modo per sapere che Dio è con noi.

Il sommo IO SONO, il Creatore dell’universo, adesso accetta di vivere dentro di noi! Non più in una tenda, in un tempio d’oro, in pietre preziose, ma in un corpo! «Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello  Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio? Quindi non appartenete a voi stessi. Poiché siete stati comprati a caro prezzo.

Glorificate dunque Dio nel vostro corpo» (1 Cor 6:19,20).

Come Dio possa vivere in noi resta un mistero, il mistero di «Cristo in voi, la speranza della gloria» (Col 1:27). Ma ogni uomo o donna, ragazzo o ragazza che abbia accettato Gesù come proprio Salvatore e Signore sa che è un dato di fatto. Gesù è reale come il nostro migliore amico, anzi, è il nostro migliore amico. Dunque, cerchiamo di onorare Dio in tutto ciò che facciamo; i nostri corpi non sono solo dei templi viventi, sono sacrifici viventi offerti in lode e adorazione al Signore, la cui grazia ci ha salvati: «Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà»

(Rm 12:1,2). Ma non siamo tempio dello Spirito Santo solo individualmente, perché il piano di Dio prevede che il suo popolo rappresenti collettivamente un luogo di dimora nel quale si manifesti la sua presenza. «Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1 Cor 3:16). Dio vuole che la chiesa rifletta la propria santità, che diventi una rivelazione cosmica del suo amore, della sua saggezza e della sua grazia.

Un ideale davvero elevato! Ecco le riflessioni dell’apostolo Pietro sul tema: «Anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo» (1 Pt 2:5). Nell’antichità, il tempio di Gerusalemme era una meraviglia che affascinava i popoli vicini e lontani. Questo è il genere di saggezza che il Signore richiede alla sua chiesa negli ultimi giorni della storia terrena – qualcosa che attragga gli altri a Gesù. La gloria della chiesa non consiste in costruzioni favolose e attrezzature costose.

Le nostre case di adorazione dovrebbero essere attraenti e rappresentative del Dio che vi dimora, ma evitiamo di cadere nel tranello dell’apparenza e dell’orgoglio tutti umani.

La gloria della chiesa è fatta dalle persone che in essa si riuniscono, dalla sincerità della nostra devozione e lode al Signore, dall’amore e dallo spirito di accoglienza che dimostriamo gli uni per gli altri.

In cammino con umiltà e costanza

Anche se i primi passi della nostra chiesa sono stati contraddistinti da un’estrema umiltà, in seguito alla delusione di alcuni credenti, ci siamo diffusi in tutti gli angoli del pianeta. Oggi siamo oltre 17 milioni di membri battezzati e ogni anno si aggiunge all’incirca un milione di fratelli. Gestiamo più di 100 tra università e scuole, e poi molti ospedali, cliniche e case editrici. Rendo lode a Dio per quello che ha fatto e continua a fare in mezzo a noi; però stiamo in guardia affinché, pur pronunciando parole pie, i nostri cuori non inizino a covare gli stessi pensieri di Nabucodonosor: «Non è questa la grande Babilonia che io ho costruita?» (Dn 4:30).

Quando un ospite entra in chiesa, che cosa trova? Avverte all’istante la sensazione che in quel luogo ci sia Dio? Sperimenta calore, attenzioni e amicizia da parte di santi accoglienti? Ode la predicazione della Parola di Dio dal pulpito? Cristo viene innalzato per grazia, salvezza e speranza?

Il mio cuore trema rendendosi conto di quanto siamo carenti nella pratica quotidiana con il nostro modo di agire. Eleviamo belle preghiere e cantiamo inni splendidi, ma con eccessiva frequenza proviamo l’orgoglio di esibire, il desiderio di impressionare il prossimo e sentimenti abietti nei confronti di chi è diverso da noi, per razza, genere, istruzione o condizione sociale e veniamo meno alla nostra vera professione: essere il popolo rimanente di Dio. La chiesa è preziosa agli occhi del Padre; è teatro della sua attività nel momento in cui la grazia vivente viene messa in pratica agli occhi del mondo attraverso un gruppo di credenti.

«Cristo ha amato la chiesa e ha dato se stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola, per farla comparire davanti a sé, gloriosa, senza macchia, senza ruga o altri simili difetti, ma santa e irreprensibile» (Ef 5:25-27). Anche Ellen G. White ha offerto molti consigli su quello che deve essere l’ideale per la chiesa: «La chiesa deve operare in favore della salvezza dell’uomo. Essa è stata organizzata per servire; la sua missione consiste nel portare il Vangelo al mondo; il suo scopo è quello di riflettere nel mondo la pienezza e la perfezione della natura divina. I suoi membri, che Dio ha chiamato dalle tenebre alla sua meravigliosa luce, devono rivelarne la gloria. La chiesa è depositaria della ricca grazia di Dio. Non a caso sarà proprio tale grazia a mostrare l’amore di Dio in modo pieno e definitivo perfino ai “principati e alle potenze nei luoghi celesti” (Ef 3:10)» – AA, p. 9 [7].

«Anche se può apparire debole e imperfetta, la chiesa è oggetto della massima cura di Dio.

Egli prende piacere nel rivelare, attraverso la chiesa, la sua grazia, provando in essa l’effetto di una potenza che può trasformare i cuori» – Ibid., p. 12 [8]. In altre pagine dà le seguenti definizioni: «È oggetto della sollecitudine del suo cuore» – CS, p. 243 [200]; «un portagioie che contiene i gioielli di Dio» – 6T, p. 261; «la fortezza di Cristo in un mondo che si è ribellato» – MM, p. 89; è «rappresentante di Cristo sulla terra» – AA, p. 122 [76]; «quanto di più caro Dio abbia sulla terra» – COL, p. 166 [111] e «la proprietà del Padre» – TM, p. 19.

Che privilegio far parte della famiglia di Dio sulla terra! Non cadiamo mai nell’errore di considerare l’appartenenza alla chiesa con superficialità, come se questa fosse un circolo che scegliamo di frequentare o abbandonare a nostro piacimento. Gesù, il nostro grande Sommo Sacerdote nel santuario in cielo, è il Signore della chiesa. Mentre svolge il proprio servizio a nostro beneficio concediamoci istante dopo istante alla sua grazia che trasforma, glorificandolo con il tempio rappresentato dal nostro corpo ed edificando «la chiesa, che è il corpo di lui» (Ef 1:22,23).

William G. Johnsson, Ph.D., ex direttore di Adventist Review.
Come emerito collabora con il presidente per le relazioni interreligiose della G.C.

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