Molti conducono un’esistenza triste e penosa perché pensano agli errori, ai fallimenti e alle delusioni del loro passato.
E, G. White racconta:
“Quando ero in Europa, ricevetti una lettera da una sorella in fede che era profondamente angosciata proprio per questo modo sbagliato di affrontare la vita e chiedeva di essere consolata. La notte seguente sognai di essere in un giardino che qualcuno, forse il proprietario, mi faceva visitare. Stavo raccogliendo dei fiori e godendone il profumo quando questa sorella, che stava camminando accanto a me, attirò la mia attenzione su alcuni brutti rovi che le impedivano di andare avanti. La donna, che invece di camminare lungo il sentiero che le era stato indicato passeggiava tra i rovi e le spine, cominciò a brontolare e a rattristarsi dicendo: «Non è un peccato che questo magnifico giardino sia rovinato dalle spine?».
«Allontanati dalle spine perché ti farai solo del male; goditi queste rose, questi gigli e questi garofani» le rispose il proprietario».
Non avete mai avuto periodi felici nella vostra vita, giorni in cui avete risposto agli appelli dello Spirito Santo provando una grande gioia? Ripensando alla vostra vita passata, non ricordate niente di piacevole? Se le promesse di Dio assomigliano a fiori profumati, che crescono ovunque lungo il vostro cammino, perché non godete e non vi rallegrate della loro bellezza e del loro dolce profumo?
Se durante la vostra vita pensate solo alle spine e ai rovi, che vi procureranno unicamente sofferenze, e ne parlate agli altri, disprezzate la bontà di Dio e impedite a chi vi ascolta di percorrere il sentiero che conduce alla vita eterna.
Non è saggio pensare a tutte le esperienze spiacevoli del passato, parlare e lamentarsi sempre della nostra malvagità, delle delusioni subite, perché il lasciarsi vincere così dallo scoraggiamento significa vivere nel buio, lontani dalla luce divina e rattristare la vita degli altri.
Ringraziamo piuttosto Dio per tutte le bellezze che ci circondano; pensiamo a tutte le benedizioni che con amore ci ha donato e che sono continuamente a nostra disposizione. Il Figlio di Dio, che lascia il trono del Padre per diventare uomo e liberarci dal potere di Satana ottenendo la vittoria, ci apre le porte del cielo e ci rivela la gloria divina” (Tratto da Passi verso Gesù).
La gioia
Cos’è la gioia? Un attimo di paradiso così naturale, così fuori mercato.
Secondo lo psichiatra V. Andreoli, Le persone si distinguono in due categorie: quelle che cercano e vivono per il successo e quelle per la gioia. Le prime sono sempre su un palcoscenico disposte a fare ciò che gli altri vogliono per poter applaudire; il secondo gruppo rifugge dal rappresentarsi e sceglie di essere. In un caso il metro è l’applausometro, nell’altro il rispetto di se stessi innanzitutto, ed è il più difficile.
Conosco persone piene di gioia e non hanno mai ottenuto un applauso. Il mattino guardandosi nello specchio, accennano ad un sorriso. Le persone del successo alla prima sbirciata corrono subito per il trucco. Non sanno stare senza gli altri, devono avere il chiasso dell’approvazione sempre attorno: quando sono in auto da sole, arrivano ad azionare anche due telefonini contemporaneamente pur di trovarsi con i loro “fans”. La persona gioiosa sa che anche da soli si possono fare tante cose utili, e non per se stessi soltanto.
La gioia è sentimento interiore, intimo: un’esperienza di ben d’essere (esistere), di contentezza composta, di soddisfazione non gridata. Non è il piacere che si lega sempre al corpo o a una sua parte. Una sorta di sollecitazione che scatena un sommo grado di godimento. La gioia è semmai un piacere senza corpo, appartiene a quell’«Io» che è oltre il corpo, che non lo nega ma ne emerge, lo trascende.
La gioia non deriva mai dall’altro, dall’approvazione della gente, ma è dichiarata da se stessi, meglio da quell’«Io» ideale che ciascuno persegue, segretamente.
Il piacere dato dal pubblico si chiama successo, ma è totalmente altro rispetto alla gioia. Il successo è l’approvazione data dagli altri, seguendo il loro criterio, il battimani, le luci del palcoscenico; la gioia è l’approvazione che ciascuno dà di se stesso, gli altri non c’entrano nulla.
La gioia è un sentimento ineffabile, indicibile: ogni volta che lo trasformiamo in parole sentiamo che queste si fanno strette e inadeguate. La gioia è silenzio e persino commozione; le lacrime della gioia. È una sensazione di significato, di pienezza di significato, una verifica che i propri ideali sono possibili e che in quel momento il mondo appare come potrebbe essere: un’espressione della bontà e della compartecipazione, del legame, dell’alleanza. È un attimo di paradiso (Tratto da Avvenire).
La gioia della Salvezza
Illustrazione:
“Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!». Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». Subito la lebbra scomparve ed egli guarì. E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: «Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro». Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.
Il lebbroso era l’emarginato per eccellenza, escluso dal popolo di Dio: «Impuro, impuro» doveva gridare il lebbroso da lontano in modo che nessuno gli si accostasse (Levitico 13:45).
Per il sistema religioso di quel tempo era perduto per l’eternità, spiritualmente morto.
Il lebbroso, consapevole dei suoi peccati e bisognoso di perdono, d’amore, si muove verso Gesù, nella speranza della guarigione fisica, spirituale ed affettiva. Si avvicina a Gesù abbandonandosi alla sua volontà: «se vuoi puoi guarirmi».
Gesù rispose con compassione e contro ogni prescrizione della legge, lo toccò e lo guarì. E, «quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto».
Posso immaginare cosa provi una persona che dà il cuore a Gesù che, in preghiera si unisce al Signore vivendo attimi di Paradiso su questa terra.
“Gesù non è un semplice guaritore dei mali dell’uomo e del sistema: non guarisce i punti deboli, per far funzionare tutto come prima, o soltanto meglio di prima. Non propone piccoli ritocchi esteriori: apre un orizzonte radicalmente nuovo, che si concreta nel «potere di rimettere i peccati», ossia nella riconciliazione con Dio, fonte d’ogni riconciliazione e crescita” (AA. Una comunità legge il vangelo di Marco, ed. Dehoniane, vol. I, pag. 74).
La gioia, secondo le Scritture, non nasce dallo specchiarsi in noi stessi e non dipende dal nostro essere, da ciò che noi siamo e facciamo e dal nostro vivere nel mondo. Non nasce da una visione interiore di sé, una sorta di narcisismo o d’egoismo. Non è una percezione di sé nel mondo, perché la gioia che il mondo dà è effimera e passeggera.
La gioia nella parola di Dio non è oblio del dolore proprio ed altrui, ma è gioia dentro il dolore, è la gioia che scaturisce dalla presenza di Gesù nei nostri cuori, la gioia della salvezza.
“Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così, infatti, hanno perseguitato i profeti prima di voi” (Matteo 5:12).
“Molti hanno un’idea sbagliata della vita e del carattere di Gesù: lo immaginano privo di calore umano, pessimista, severo, triste e pensano che anche l’esperienza religiosa sia così. Spesso oltre a dire che Gesù pianse, si sostiene che egli non abbia mai sorriso. È vero che il Salvatore ha sofferto molto, perché era sensibile a tutte le disgrazie umane; è vero che ha vissuto una vita fatta di rinunce, rattristata da dolori e preoccupazioni, ma non si è mai abbattuto. L’espressione del suo volto non era mai preoccupata o addolorata, anzi ispirava sempre pace e serenità; ovunque andasse Gesù, portava gioia e felicità perché da lui proveniva la vita.
La religione di Gesù è caratterizzata dalla serenità, non soffoca la gioia, non limita l’allegria né rattrista chi è sorridente e gioioso. Se colui che è venuto per servire e non per essere servito, regna nei nostri cuori, noi ne seguiremo l’esempio” (Tratto da passi verso Gesù).
Di Gesù l’apostolo Paolo ha scritto:
Gesù, “duce e perfetto esempio di fede, il quale per la gioia che gli era posta dinanzi sopportò la croce sprezzando il vituperio, e s’è posto a sedere alla destra del trono di Dio”. (Ebrei 12:2).
La gioia della salvezza non sa odiare, riveste di bontà chiunque, cancella la percezione stessa del nemico in termini di perdono, di riconciliazione: «Amate i vostri nemici e benedite coloro che vi perseguitano».
I cristiani la cui esistenza è caratterizzata dalla tristezza, che spesso sono abbattuti, si lamentano o brontolano, suggeriscono un falso concetto di Dio e della loro esperienza spirituale e fanno pensare che il Signore non desideri che i suoi figli siano felici. La loro testimonianza è falsa e non risulta a vantaggio di Dio.
La gioia della salvezza è completa, profonda, eterna e diffusiva.
Illustrazione:
Un venditore ambulante del XIX secolo, soprannominato «il vecchio Willie», era accolto dappertutto con simpatia, non solo per gli oggetti interessanti che portava nel suo sacco, ma anche per le notizie che annunciava, data la carenza di mezzi di informazione di quei tempi. Tutti lo salutavano con questa domanda: «Quali notizie Willie?».
Ma il venditore ambulante era preoccupato. Egli non portava soltanto il suo sacco pesante sulla schiena, un altro fardello, più pesante ancora, pesava sulla sua coscienza; i suoi peccati – lo sentiva – meritavano un giudizio. Come sfuggirvi?
Un giorno entrò in una casa e non trovò nessuno, ma gli parve di udire qualcuno che stava leggendo ad alta voce, nella camera vicina. Sorpreso, si mise in ascolto: «Non v’è dunque ora alcuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù» (Romani 8:1). Aprendo la porta, chiese se le parole che aveva appena udito erano vere per tutti. «Sì replicò il lettore, per tutti colori che credono nel Signore Gesù. – Ebbene, disse, vorrebbe pregare affinché io sia uno di costoro?».
Alcuni dei presenti a quella riunione pregarono e gli esposero l’evangelo. Egli lo ricevette con sollecitudine e «continuò il suo cammino tutto allegro». Da quel momento, quando gli ponevano la domanda abituale: Che notizie Willie?». Egli rispondeva: «Una magnifica notizia: non c’è più condanna per quelli che sono in Cristo Gesù». La gente stupita gli chiedeva allora che cosa voleva dire, ed egli spiegava a tutti la via della salvezza.
C’è gente che non sa cosa sia la gioia della salvezza. Se la provasse una volta, se sapesse che non è legata al censo (patrimonio) o alle fortune del mondo, ma all’essere persona in mezzo ad altre persone, all’avere un senso per qualcuno, se provasse la gioia della salvezza, ravvisando nel cuore la certezza del perdono divino, perdonandosi e perdonando, scoprirebbe la grandezza dell’uomo.
La gioia della salvezza potrebbe occupare tutto lo spazio della nostra vita che è invece incatenata da sensi di colpa e dalla vergogna, dal non perdono, dall’odio o peggio dall’indifferenza.
Nel salmo di Davide, quando il profeta Natan va da lui, dopo che Davide era stato da Batseba, possiamo cogliere alcuni aspetti della gioia della salvezza..
“Abbi pietà di me, o Dio, per la tua bontà; nella tua grande misericordia cancella i miei misfatti. Lavami da tutte le mie iniquità e purificami dal mio peccato; poiché riconosco le mie colpe, il mio peccato è sempre davanti a me. Ho peccato contro te, contro te solo, ho fatto ciò ch’è male agli occhi tuoi. Perciò sei giusto quando parli, e irreprensibile quando giudichi. Ecco, io sono stato generato nell’iniquità, mia madre mi ha concepito nel peccato. Ma tu desideri che la verità risieda nell’intimo: insegnami dunque la sapienza nel segreto del cuore. Purificami con issopo, e sarò puro; lavami, e sarò più bianco della neve. Fammi di nuovo udire canti di gioia e letizia, ed esulteranno quelle ossa che hai spezzate. Distogli lo sguardo dai miei peccati, e cancella tutte le mie colpe. O Dio, crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non togliermi il tuo santo spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza e uno spirito volenteroso mi sostenga. Insegnerò le tue vie ai colpevoli, e i peccatori si convertiranno a te. Liberami dal sangue versato, o Dio, Dio della mia salvezza, e la mia lingua celebrerà la tua giustizia. Signore, apri tu le mie labbra, e la mia bocca proclamerà la tua lode. Tu infatti non desideri sacrifici, altrimenti li offrirei, né gradisci olocausto. Sacrificio gradito a Dio è uno spirito afflitto; tu, Dio, non disprezzi un cuore abbattuto e umiliato. Fa’ del bene a Sion, nella tua grazia; edifica le mura di Gerusalemme. Allora gradirai sacrifici di giustizia, olocausti e vittime arse per intero; allora si offriranno tori sul tuo altare».
1. Davide riconosce di avere commesso il peccato di adulterio ed è angosciato perché ha offeso Dio. Si sente perduto perché percepisce il peccato come parte integrante della sua natura biologia, psicologia e spirituale: «Ecco, io sono stato generato nell’iniquità, mia madre mi ha concepito nel peccato».
2. Davide chiede al Signore di essere perdonato e purificato e Lo invita ad avere misericordia di lui, di allontanare il peccato e di non essere respinto dalla sua presenza. Manifesta il desiderio di ritornare a gioire, mediante il rinnovo del cuore, di avere una mente salda, sostenuta dallo Spirito Santo e di vivere la gioia della salvezza.
3. Davide, infine, chiede al Signore la potenza dello Spirito Santo per poter diffondere agli altri (peccatori) la gioia della salvezza.
Conclusione
L’apostolo Paolo, dalla prigione, scrisse ai filippesi le seguenti parole: “Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. “La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù” (Filippesi 4:4-7).
Nella Parola di Dio, le referenze alla gioia e ad essere sereni, sono circa 800.
Il Signore vuole che i suoi figli siano felici e che gli ubbidiscano con serenità; per questo dice: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. La pace che io vi do non è come quella del mondo: non vi preoccupate, non abbiate paura» (Giovanni 14:27). «Vi ho detto questo, perché la mia gioia sia anche vostra, e la vostra gioia sia perfetta» (15:11).