perché di loro è il regno dei cieli.
di E. G. White
Queste parole suonano strane e nuove alla folla stupita. Questo insegnamento si discosta da quello dei sacerdoti e dei rabbini. Non ha niente che susciti il loro orgoglio o alimenti le loro ambiziose speranze. Ma il nuovo Maestro esercita un fascino particolare. Dalla sua persona emana tutta la dolcezza dell’amore divino, così come un fiore spande il suo profumo. Le sue parole sono «… come pioggia sul prato falciato, come acquazzone che bagna la terra» (Salmo 72:6). Tutti si rendono conto di essere in presenza di qualcuno che sa leggere i segreti dell’animo, ma che si avvicina a loro con affetto e interesse. I cuori si aprono e, mentre ascoltano, lo Spirito Santo permette loro di comprendere il significato di quel principio, prezioso per gli uomini di ogni epoca.
Ai tempi del Cristo i capi religiosi credevano di essere ricchi spiritualmente. La preghiera del fariseo – «… O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini…» (Luca 18:11) – esprimeva la convinzione della sua casta e, in senso lato, quella di tutta la nazione. Ma fra la folla che circondava Gesù alcuni erano consapevoli della loro povertà spirituale. Quando in occasione della pesca miracolosa si rivelò la potenza divina del Cristo, Pietro cadde ai suoi piedi esclamando: «… Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore» (5:8). Anche fra la folla riunita sul monte qualcuno, davanti alla purezza del Cristo, si rese conto di essere «… infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo» (Apocalisse 3:17) e desiderava ricevere «… la grazia di Dio, salvifica per tutti gli uomini» (Tito 2:11). Le parole del Cristo risvegliavano in loro la speranza ed essi, capivano che la loro vita era sotto la protezione divina.
Gesù aveva offerto le stesse benedizioni a chi diceva dentro di sé: «… Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!» (Apocalisse 3:17) ma erano state respinte con sdegno. Chi si sente santo, giusto, buono ed è soddisfatto di sé non prova il desiderio di accettare la grazia e la giustizia del Cristo. L’orgoglioso crede di non avere bisogno di nulla e in questo modo chiude il suo cuore all’influsso e alle benedizioni del Salvatore. Non c’è spazio per Gesù nel cuore di una persona simile. Coloro che si sentono ricchi e degni di onore non chiedono e non ricevono le benedizioni di Dio. Essi si sentono a posto, ma in realtà hanno un grande vuoto interiore. Coloro, invece, che si rendono conto di non potersi salvare o compiere buone azioni apprezzano l’aiuto che il Cristo offre loro. Essi sono i poveri in spirito che, come dice Gesù, saranno benedetti.
Prima di perdonarlo, il Cristo conduce l’uomo al pentimento. È lo Spirito Santo che convince il peccatore che non è in grado di fare il bene e che ogni sua azione è caratterizzata dall’egoismo e dal male. Come il povero pubblicano, non osa alzare gli occhi al cielo e grida: «… O Dio, abbi pietà di me, peccatore!» (Luca 18:13). Ed è esaudito. Chi si pente è perdonato perché il Cristo è «l’Agnello di Dio che toglie i peccati dal mondo». Dio afferma: «… Anche se i vostri peccati fossero come lo scarlatto, diventeranno bianchi come la neve: anche se fossero rossi come porpora, diventeranno come la lana» (Isaia 1:18). E aggiunge: «Vi darò un cuore nuovo… Metterò dentro di voi il mio spirito…» (Ezechiele 36:26,27).
Parlando dei poveri in spirito, Gesù dice che il regno dei cieli appartiene a loro. Non si tratta di un regno temporale e terreno, come speravano gli uditori di Gesù. Il Figlio di Dio annuncia agli uomini un regno spirituale di amore, grazia, giustizia di cui egli stesso è il simbolo vivente. Questo regno è per i poveri in spirito, i mansueti e i perseguitati per motivi di giustizia. Il regno dei cieli appartiene a loro. Anche se non si è ancora realizzato, è iniziata quell’opera che permetterà loro di «partecipare alla sorte dei santi nella luce» (Colossesi 1:12).
Chi è consapevole della sua povertà spirituale, e del fatto che nulla in lui è sufficientemente buono, troverà forza e giustizia rivolgendosi a Gesù. Egli dice: «Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi…» (Matteo 11:28). Egli ci invita a scambiare la nostra povertà con le ricchezze della sua grazia. Non meritiamo l’amore di Dio, ma il Cristo, il nostro garante, ne è degno ed è in grado di salvare tutti coloro che si rivolgono a lui. Per quanto siano state difficili le nostre esperienze del passato, per quanto scoraggianti quelle presenti, se ci rivolgiamo a Gesù così come siamo, deboli, indifesi e disperati, il nostro Salvatore ci accoglierà. Ci aprirà le braccia affettuosamente e ci accorderà la sua giustizia. Ci presenterà al Padre rivestiti del suo carattere. Egli lo supplicherà dicendo: «Ho preso il posto dei peccatori. Non guardare questo figlio ostinato, ma guarda me». Se Satana ci reclamerà come sua preda, accusandoci per i nostri peccati, ricordiamoci che il Cristo ci reclama con una forza ancora maggiore.
«Solo nel Signore, si dirà di me, è la giustizia e la forza… Nel Signore sarà giustificata e si glorierà tutta la discendenza d’Israele» (Isaia 45:24,25)