La Bibbia è il libro della speranza. Inizia con la promessa della speranza (Gn 3:15), prosegue attraverso uomini e donne bisognosi e profeti della speranza (Eb 11), per arrivare a Gesù che è l’incarnazione della speranza. Poi troviamo gli apostoli che vedono, toccano, vivono e annunciano la speranza (1Gv 1:3). Il viaggio della speranza continua, nel cuore di tutti coloro che nel corso dei secoli, tra angustie, pericoli e persecuzioni, se ne sfamati, per arrivare a noi che come popolo di Dio siamo messaggeri del compimento della speranza.
Chiunque crede fermamente nel ritorno nel ritorno di Cristo è fiduciario del compimento della speranza.
La speranza nell’Antico Testamento, nella prospettiva profetica è anche annunciata simbolicamente: il sabato, la Pasqua, la festa delle capanne, il giubileo, lo Yom Kippur, ecc. erano vissute, festeggiate, nella speranza contraddistinta, dal perdono e dalla prospettiva eterna in rapporto alla venuta del Messia. Il santuario, nei suoi arredi e liturgie, è la massima espressione della speranza sia nella prospettiva dell’agnello che toglie i peccati del mondo (Gv 1:29), sia nella visione dell’agnello trionfante (Ap 14:1-4).
Nel nuovo Testamento, la speranza – Gesù Cristo – si diffonde a macchia d’olio: la troviamo nel cuore del lebbroso, in quello del paralitico, nell’indemoniato, nella donna dal flusso di sangue, nel sordo muto, nel cieco Bartimeo, in Nicodemo, ecc.
Uomini e donne che hanno gustato quanto l’Eterno è buono e misericordioso e signore della speranza.
Quando Gesù invitò gli apostoli ad andarsene da lui, come «molti dei suoi discepoli» (Gv 6:66) avevano fatto, gli apostoli risposero: «Signore da chi ce ne andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6:68), ovvero parole di speranza che ci aiutano a vivere nella prospettiva eterna, nel compimento del regno di Dio.
Che cos’è la speranza?
La speranza è un essere pronti in ogni momento a ciò che nasce (pensate ad un bambino, ad un fiore, a quel che saremo (1 Cor 15:51-54), a ciò che ancora non è (pensate ai nuovi cieli e alla nuova terra – Is 35). La speranza è un’attività intensa, ma non ancora spesa (pensate all’eternità – Ap 22:1-4).
La speranza è la base ontogenetica (da ontogenesi = complesso dei processi di sviluppo dell’individuo, dall’uovo fecondato, fino allo stadio di stato adulto) della fede ed è nutrita dalla fede intesa come convinzione della possibilità non ancora dimostrata di ciò che ancora non è, come certezza dell’incerto (Eb 11:1-2).
“Senza speranza non si può condurre una vita normale, degna dell’uomo. E. Fromm fa notare che «quando la speranza è scomparsa, la vita è finita, effettivamente o in potenza. La speranza è un elemento intrinseco della struttura della vita, della dinamica dello spirito umano» (cit. Da Roberto Zavalloni, in Psicologia della speranza, p. 153).
Conclusione
«La triade dell’esistenza umana: la sofferenza, la colpa e la morte sono aperti alla speranza, e quindi possono essere trasformati in una conquista, in una autentica prestazione umana, a patto che si assuma nei loro confronti un atteggiamento e un’impostazione giusti» (V. E. Frankl, Alla ricerca di un significato della vita, Milano 1980, p. 121; E. Lukas, Dare un senso alla vita, Assisi, 1983, pp 14-15).
Dall’albero della vita è sempre sbocciato un nuovo fiore; per l’uomo questo esprime il bisogno di andare oltre lo stato presente. Ciò è inscritta nei nostri geni, nella nostra mente e nel nostro cuore. Nessuna morte è mai definitiva – tranne la morte seconda – perché Dio ha «messo nel cuore dell’uomo il pensiero dell’eternità» (Ecclesiaste 3:11).