“Io ho riposto la tua parola nel mio cuore per non peccare contro di te” Salmo 119:11
Dr. Mirela Pascu (psicologa)
I rapporti importanti della nostra vita sono per noi fonte di gioia e dolore. Costituiscono fonte di gioia e risorse insostituibili in quanto ci permettono di esprimere le nostre emozioni, di avere e fornire sostegno e comprensione, di provare il piacere della collaborazione, dello scambio di idee, di crescere. Ma spesso questi stessi rapporti, siano essi di amicizia, di parentela o di lavoro, diventano per noi fonte di tormento e sofferenza continua: ci sentiamo incompresi, feriti, finiamo per provare rabbia e risentimento nei confronti di persone per cui in passato abbiamo provato sentimenti positivi.
Ognuno di noi ha un suo personale modo di comunicare, che può rivelarsi più o meno efficace, più o meno promotore di benessere per noi e per le persone con cui interagiamo.
Quante volte ci siamo sentiti dire “non è possibile parlare con te!”, “non mi ascolti!”; quante volte conversazioni intraprese con uno spirito amichevole e di collaborazione sono sfociate poi in liti furibonde? Se ciò ci è accaduto in maniera occasionale, probabilmente è dipeso dal particolare argomento della conversazione, da fraintendimenti momentanei, o perché no, dalla particolare reazione della persona che ci siamo trovati di fronte. Ma se ciò ci capita spesso, se le conversazioni apparente più innocue tendono a trasformarsi in un match e lasciano dietro di loro una scia di rabbia e di rancore, allora è il caso di interrogarci sul nostro modo di comunicare e su quanto possiamo fare per modificarlo.
Dobbiamo, innanzitutto, imparare a pensare diversamente. Può accadere che il nostro pensiero sia offuscato da significati simbolici distorti, da ragionamenti illogici e interpretazioni sbagliate; in questo caso è fondamentale riuscire a “pensare sui nostri pensieri”, per ritrovare chiarezza e comportarci nel modo migliore per noi stessi e per gli altri.
“Dovete dominare i vostri pensieri. Questo non è un compito facile ; vi riuscirete soltanto a prezzo di sforzi continui e penosi. Tuttavia è questo che Dio vi chiede ; è un dovere che spetta ad ogni essere dotato di ragione. Siete responsabili dei vostri pensieri nei confronti di Dio. Se avete l’abitudine di sognare ad occhi aperti permettendo alla vostra mente di soffermarsi su oggetti impuri, in un certo senso siete colpevoli davanti a Dio, come se i vostri pensieri si fossero concretizzati in azioni. Se tutto questo non si è realizzato, è semplicemente perché l’occasione non si è presentata. Sognare giorno e notte e fare castelli in aria è un’abitudine negativa ed estremamente pericolosa. Quando simili tendenze si consolidano, è praticamente impossibile abbandonarle e dirigere i propri pensieri verso soggetti puri, santi ed elevati” (E. G. White, La famiglia cristiana, pg.142).
Di solito, però, succede che proprio nelle relazioni importanti per noi, quelle in cui ci sentiamo coinvolti emotivamente, abbiamo difficoltà ad avvertire con chiarezza i nostri pensieri, commettiamo continuamente errori sia nel giudicare che nel comunicare, non riusciamo ad accorgerci di tali errori e, di conseguenza, non riusciamo a porvi rimedio. A lungo andare, le interpretazioni sbagliate, l’incomunicabilità, la rabbia e il risentimento che ne derivano, trasformano l’altro in un avversario da combattere, anziché il compagno, collaboratore, amico, che avevamo conosciuto. Ciò si verifica perché la nostra mente in risposta ad una delusione, per una sorta di meccanismo di auto-protezione, tende ad interpretare erroneamente il comportamento di chi ci ha deluso o ad esagerare il suo significato, a spiegarlo in senso malevolo e a proiettare su di lui immagini negative. Agiamo allora proprio in base a questi errori di interpretazione e muoviamo all’attacco proprio dell’immagine negativa che noi stessi abbiamo costruito. Ovviamente, mentre ciò accade, difficilmente riusciamo a renderci conto che il nostro giudizio negativo potrebbe essere sbagliato e che potremmo stare attaccando un’immagine distorta.
Riuscire a controllarsi nel parlare, sapere quando parlare, come e cosa dire, sono obiettivi che ogni cristiano deve porsi. In Giacomo 3:1-12 vi è una calda esortazione a moderare l’uso della lingua; per brevità riportiamo solo il versetto 2: “Se uno non sbaglia nel parlare è un uomo perfetto ed è pure capace di tenere a freno tutto il corpo”. E’ necessario, dunque, soffermarsi su questi aspetti:
Cosa diciamo: Prov. 12:17-19 (la verità); 18:8; 25:23; 14:3
Come parliamo: Prov. 15:1; 12:25; 24:26; 15:28 (dopo avere pensato)
Quanto parliamo: Prov. 10:19; 21:23; 20:19 (mai troppo)
Quando parliamo: Prov. 15:23; 25:11 (al momento opportuno)
“Se commettete uno sbaglio, cercate di trasformare la vostra sconfitta in vittoria. Le lezioni che Dio manda, se bene imparate saranno di aiuto nel momento opportuno. Confidate in Dio, pregate molto e abbiate fede. Confidando, sperando, credendo, stringendo saldamente la mano della Potenza Infinita sarete più che vincitori” (E. G. White, I teasori della testimonianze, vol.3, pg.122).
Quando siamo delusi, frustrati, arrabbiati, prima di attaccare il nostro partner, amico, collega di lavoro, chiediamoci se l’incomprensione che ci ha portato a questo stato d’animo possa essere dovuta a comunicazioni sbagliate o ad interpretazioni prevenute del comportamento dell’altro. Per limitare al massimo le incomprensioni, siamo diretti. La nostra pretesa di essere compresi comunque può spianare la strada a malintesi e rancori. Se è il nostro interlocutore ad essere indiretto e ci rendiamo conto di non essere capaci di capire il suo messaggio, non esitiamo a fare domande che ci permettano di chiarire il suo pensiero (“mi potresti spiegare….”).
Ricordiamoci che l’incomprensione è un processo attivo : se io ho un’immagine distorta dell’altra persona, interpreto quanto essa fa o dice in maniera errata, attribuendogli cattive intenzioni. Ma se si tratta di persone a cui teniamo (il coniuge, un collega di lavoro con cui ci siamo sempre trovati bene, un amico), vale la pena di “controllare” le nostre interpretazioni e preoccuparci della chiarezza delle nostre comunicazioni, prima di agire di conseguenza e innescare pericolosi circoli viziosi.
Anche lievi difficoltà di comunicazione possono portare a grossi malintesi, questi portano spesso alla frustrazione e all’ostilità e all’ulteriore deterioramento della comunicazione stessa, in una sorta di circolo vizioso. La consapevolezza del nostro contributo alla creazione di tali difficoltà e la volontà di migliorare le nostre capacità comunicative costituiscono degli ingredienti essenziali per arrivare ad avere delle relazioni interpersonali ‘armoniose’, e per farci riscoprire il piacere e il benessere derivanti dalla conversazione.
Concentriamoci sui problemi reali. Spesso mettiamo al primo posto la colpa e il biasimo. Ciò non fa altro che aumentare il rancore e la rabbia, distogliendoci da quello che è l’obiettivo principale: risolvere il problema, l’incomprensione che ci fa soffrire e non ci permette di ottenere dall’altro ciò che desideriamo.
“Noi dobbiamo avere meno fiducia in quello che facciamo e maggiore fiducia in quello che Dio può fare per noi se abbiamo cuori e mani puri. Occorrono più amore e più sincerità, meno critica e meno sospetto. Bisogna essere meno propensi a biasimare e ad accusare, perché biasimo e critica sono cose che offendono Dio. Il cuore deve essere posseduto e addolcito dall’amore “ (E. G. White , I tesori delle testimonianze, vol.3, pg.120).
I nostri modi di comunicare non sono innati, ma sono stati appresi. Quindi se interferiscono negativamente sulla nostra vita di relazione, possono essere disimparati per acquisirne altri che si rivelino più efficaci. Per imparare a comunicare in maniera più soddisfacente è necessario tenere a mente poche regole:
1. La comunicazione chiara e precisa aiuta a decidere mentre l’ambiguità crea confusione. Ci può capitare di essere talmente impacciati quando dobbiamo comunicare i nostri pensieri, desideri o sentimenti da manifestarli in una forma che li rende assolutamente incomprensibili. Sforziamoci quindi di essere il più diretti e chiari possibile.
2. La probabilità di creare malintesi diventa maggiore quando permettiamo che i nostri progetti personali – come la dimostrazione di qualche capacità o il desiderio di sottrarsi alla ripulsa o al ridicolo – intorbidino ciò che stiamo cercando di comunicare. Spesso siamo imprecisi per proteggerci: temiamo di essere sopraffatti o rifiutati se esprimiamo in maniera chiara un’opinione o avanziamo una richiesta diretta. Questi atteggiamenti difensivi rendono oscuro il nostro messaggio, che è destinato con molta probabilità ad essere frainteso.
3. Per avere una buona comunicazione non basta rendere comprensibili le proprie idee, ma occorre anche capire ciò che sta dicendo l’interlocutore. Se il nostro partner parla in maniera vaga o indiretta possiamo essere indotti a giungere subito a conclusioni sbagliate o ad ignorare quanto ci viene detto. Se ci rendiamo conto di avere difficoltà a comprendere davvero quanto l’altro ci sta dicendo cerchiamo, con il dovuto tatto, di saperne di più. Cerchiamo di sintonizzarci sul canale dell’altro. Può capitarci ad es. di dispensare consigli pratici quando l’altra persona magari vuole solo ascolto e sostegno emotivo.
4. Certi problemi di comunicazione nascono dalle differenze dei modi di parlare, come la scelta del momento, le pause, il ritmo del discorso, e così via.
5. Può accadere che non si registri mentalmente ciò che l’altro sta effettivamente comunicando. Ciò può verificarsi per insensibilità nei confronti di determinati argomenti ma spesso anche per ipersensibilità e difesa. Alcune discussioni apparentemente benevole possono rappresentare una minaccia all’autostima dell’altro, il quale per proteggersi da un danno al suo orgoglio o da un rifiuto erige delle difese che bloccano la sua visione del problema concreto.
6. Le domande possono essere cause di malintesi e sofferenze. L’utilità delle domande è indubbia. Si fanno per ricevere informazioni e appoggio, per capire cosa vuol dire l’interlocutore, negoziare, prendere decisioni. Una domanda ben posta, può indurre, come per magia, l’altro a parlare; al contrario, una domanda intempestiva, inquisitoria o fuori luogo lo può bloccare. Può accadere che la persona a cui sono rivolte le domande possa vedervi quasi una provocazione diretta a saggiare le sua capacità, le sue conoscenze o la sua sincerità. Alcuni possono vedere le domande come una minaccia, percepirvi quasi un’investigazione, una breccia nelle loro difese per la scoperta dei punti deboli. Ciò accade soprattutto con le domande che iniziano con perché; queste, anche se usate nella maniera più innocente, possono richiamare alla mente dell’interlocutore gli interrogatori di riprovazione di un genitore.
Le relazioni soddisfacenti non nascono dal nulla, occorre impegnarsi, essere attenti alle esigenze dell’altro, solleciti, leali, responsabili, anche generosi. Bisogna saper cooperare, scendere a compromessi, avere una certa duttilità, una buona disposizione ad accettare e perdonare, a tollerare errori, difetti, bizzarrie. Queste sono virtù che vanno coltivate, con sforzo e consapevolezza. Assumiamoci la piena responsabilità del miglioramento dei nostri rapporti importanti. Spesso i nostri cambiamenti possono cambiare in misura notevole anche le persone che ci sono vicine.
Perché è così importante parlare nel modo giusto? Perché quello che diciamo riflette ciò che siamo noi spiritualmente: le nostre parole sono lo specchio della nostra realtà interiore! “Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dall’abbondanza del cuore” (Gesù in Matteo 12:34).
“Disponete la vostra mente e la vostra volontà di modo che lo Spirito possa raggiungerla, perché Egli non agisce tramite la mente e la coscienza altrui per operare in esse. Con fervida preghiera per ottenere la sapienza fate della Parola di Dio l’oggetto del vostro studio. Santificate le vostre capacità di analisi e arrendetevi completamente al Signore” (E. G. White, I tesori delle testimonianze, vol.3, pg.121).
“Il signore vuole che tutti capiscano che la loro prosperità dipende dal rapporto che hanno col Cristo, dalla loro umiltà , dalla loro mansuetudine, dalla loro ubbidienza e dalla loro devozione che procedono il cuore. Quando imparerete la lezione del Grande Maestro, cioè morire a se stessi, non riporre la propria fiducia nell’uomo, non confidarsi troppo nelle sue capacità, quando vi rivolgerete a lui, il Signore sarà sempre pronto ad aiutarvi qualunque sia la vostra necessità. Egli vi guiderà e vi starà accanto per consigliarvi. Egli vi dirà : ”Questa è la via, camminate in essa” (E. G. White, I tesori delle testimonianze, vol.3 , pg.120).