Distinguere la persona dai comportamenti
Si tratta di concentrarmi prima di tutto sulla persona che sulle sue azioni.
Al Romano che lo schiaffeggiava, Gesù rispondeva con calma: “Perché mi percuoti?” (Gv 18:22,23). Invece di rispondere sullo stesso registro di violenza e reagire al comportamento, Gesù preferiva indirizzarsi alla persona e la spingeva a mettersi nella situazione di interrogarsi.
Un’altra volta un uomo arrabbiato lo consultò per parlargli di un conflitto d’eredità: “Maestro, dì a mio fratello di condividere con me la nostra eredità!”. (Lc 12:13-21). Gesù non cadde nell’errore di prendere le difese dell’uno o dell’altro, la situazione non avrebbe fatto altro che aggravarsi o ritorcersi contro di lui. Rispose dunque: “Chi mi ha stabilito su di voi per esservi giudice o per fare delle divisioni?” Poi, mostrò che egli era interessato al problema personale dei fratelli indirizzandosi ai due individui: “La vita di un uomo non dipende da quello che possiede”. Infine, per orientare il loro sguardo verso un altro punto di convergenza, Gesù raccontò loro una storia che avrebbe dovuto interpellarli su un problema comune: l’avarizia. Lo sguardo è stato spostato dai fatti per incentrarsi sulle persone.
Molto spesso il conflitto, esprime il sentimento d’abbandono dell’individuo. È un mezzo per essere riconosciuto, un tentativo disperato di esistere; un modo per prendere il proprio posto nella società. Così ogni percorso che miri a valorizzare l’altro, che lo aiuti a scoprire le sue ricchezze, e che inciti all’ascolto, favorisce la sua espressione e contribuirà a disarmare la violenza.
Infine l’attitudine più difficile da vivere, ma quella che più contribuisce ad evitare o a far spegnere la violenza, è l’amore. Questo amore non è del campo del sentimento o dell’emozione, ma di quello della volontà e della scelta: la scelta di riconoscere l’altro nella sua identità e nella sua differenza. La scelta di non rendere pan per focaccia,ma entrando in una dinamica non distruttrice, avendo in ogni caso del buonsenso e la prudenza necessari. Amare non vuol dire permettere all’altro di distruggerci. Non bisogna essere lascivi, né provocatori, ma lasciare aperto uno spiraglio per la comunicazione pacifica; non c’è niente di più sconcertante che di prepararsi a sfondare un muro e trovarsi invece davanti ad un’apertura! È una maniera di mettere l’individuo davanti alla propria violenza e darle un volto. Questo “risveglio può essere salutare.
“Le mie risposte o il mio invito ad un dialogo dovrebbe raggiungere la persona e metterla nella condizione di interrogarsi”. (J. Salomé, Pour finir avec la planate TAIRE, p. 280)
Qualche consiglio per smorzare i conflitti:
- Porre una domanda diretta che invita al posizionamento.
- Far cadere le maschere, cercando di vivere con gli altri dei rapporti adulti in un clima di libertà d’espressione, di franchezza e d’autenticità.
- Provocare la sorpresa degli interlocutori domandando loro di fare un atto senza rapporto evidente con la questione conflittuale.
- Far nascere la curiosità, scambiarsi qualcosa: per esempio, mostrare un oggetto. Questo creerà un avvicinamento per guardare insieme.
- Porre una nuova domanda per invitare gli altri a pronunciarsi.
- Fare domande semplici e non conflittuali, che possano man mano portare le persone a fare un percorso insieme smorzando la tensione.
- Dare infine la propria risposta, senza ambiguità.