Etica e diritti umani

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1. Dichiarazione universale dei diritti umani

bible_mainLa Dichiarazione Universale dei Diritti Umani fu adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. I trenta articoli di cui si compone sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona. Vi si proclama il diritto alla vita, alla libertà e sicurezza individuali, ad un trattamento di uguaglianza dinanzi alla legge, senza discriminazioni di sorta, ad un processo imparziale e pubblico, ad essere ritenuti innocenti fino a prova contraria, alla libertà di movimento, pensiero, coscienza e fede, alla libertà di opinione, di espressione e di associazione. Vi si proclama inoltre che nessuno può essere fatto schiavo o sottoposto a torture o a trattamento o punizioni crudeli, disumani o degradanti e che nessuno dovrà essere arbitrariamente arrestato, incarcerato o esiliato…

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2. Il decalogo, manifesto etico

tablets_main1Il decalogo, la formulazione in precetti più famosa della storia umana, occupa un posto speciale all’interno del corpo delle leggi della Torah. I testi biblici sottolineano almeno quattro importanti differenze tra il decalogo e le altre leggi del Pentateuco. In primo luogo, viene detto che, mentre le altre leggi sono state date a Israele mediante Mosè, il decalogo fu consegnato da Dio al suo popolo, direttamente. In secondo luogo, si afferma che Mosè scrisse le leggi su un libro (o rotolo di pergamena) mentre il decalogo fu inciso da Dio stesso su tavole di pietra (Es 31:18; 32:16; 34:1-28; Dt 4:13; 9:10, ecc.). D’altra parte, viene precisato che il decalogo veniva custodito nel luogo santissimo del santuario, dentro l’arca dell’alleanza, mentre il libro della legge trovava posto a fianco dell’arca (Dt 10:1-4). Infine, i precetti del decalogo, a differenza delle altre norme, non sono definiti «comandamenti», ma debarim, termine che significa «parole» e che indica il fatto che ci troviamo di fronte a un grande evento della divina rivelazione.

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3. Etica religiosa ed etica laica

ask_main1Oggi in Italia grande è il confronto, meglio lo scontro, sui temi della laicità dello Stato e sulla pretesa della Chiesa cattolica e delle sue gerarchie di indicare le linee dell’etica pubblica che dovrebbero, per essa, seguire principi di morale religiosa. Possiamo sinteticamente definire come morale religiosa l’insieme di norme di giudizio e di comportamento che s’ispirano al credo di una tradizione religiosa; la morale laica tende, al contrario, a fondarsi sui dati della ragione e/o sul mondo affettivo dell’uomo; dice Gian Enrico Rusconi che “l’etica, secondo il laico, non ha altro punto d’appoggio che l’autonomia della ragionevolezza umana, con tutti i suoi limiti”. Per Vito Mancuso, “La vera laicità significa ritenere conclusivo non il principio di autorità ma la luce della coscienza… La laicità non riguarda solo la dimensione politica, ma tocca, prima ancora, il rapporto dell’uomo con la verità”. Costante e fastidiosa giunge dalla Chiesa nei confronti del costume secolare l’accusa di relativismo morale, cioè, secondo E.Tugendhat, “la constatazione di una molteplicità di convinzioni morali reciprocamente contraddittorie… che avanzano ciascuna una propria pretesa assoluta”.

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4. Max Weber e l’etica della responsabilità

birds_mainPer Max Weber (1864-1920) che ha formulato la cosiddetta etica della responsabilità, su cui ci accingiamo a dire qualcosa, è stato fondamentale l’apporto che il protestantesimo ha dato alla nascita ed allo sviluppo della modernità: i riformatori erano i suoi pionieri nella convinzione che la vita, nella sua interezza, fosse carica d’importanza morale; essi produssero un’etica che abbracciava tutti gli aspetti dell’esistenza umana. Al riguardo dobbiamo ricordare che, per Weber, l’incessante ricerca del profitto che caratterizza l’imprenditore privato non è un tratto negativo, ma deve ricevere un riconoscimento etico. La Riforma aveva cambiato la concezione del lavoro risalente al medioevo: il ritiro monastico dal mondo lascia il passo alla professione secolare.

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5. Le religioni, scatenatrici di odio o pompieri di pace?

palms_mainIl termine «predicatore di odio» fa, da alcuni anni, parte del vocabolario corrente: designa qualcuno che utilizza il suo ruolo religioso preponderante per suscitare l’odio e la violenza verso i membri di altre religioni e culture o verso coloro che hanno opinioni politiche differenti. In numerosi atti terroristici, il movente religioso ha un ruolo, ma la violenza motivata dalla religione non ha esordito con gli attentati terroristici di questi ultimi anni, e si presenta sotto forme diverse. Da alcuni anni, ci si interroga nuovamente – soprattutto per quanto riguarda l’islam – sul rapporto tra religione e politica, religione e violenza, e ci si chiede anche se le religioni sono capaci di vivere in pace. Sono comparsi nuovi timori e nuovi spettri. Tuttavia, non si tratta di un problema puramente islamico – questa opinione porterebbe in sé il germe dell’odio e della violenza! – poiché le manifestazioni di violenza riguardano praticamente tutte le religioni.

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      La redazione

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