Dr. Pascu Mirela (Psicologa)
“Il senso di colpa e l’inquietudine” Proverbi 17:22
Qualche anno fa, una signora è andata in vacanza al mare, in uno dei paesi caldi con la figlia, 25enne. Dopo qualche giorno di relax per entrambe, la madre consigliò alla figlia di andare in mattinata a fare snorkelling, con il gruppo organizzato dal centro diving. Siccome la figlia non aveva voglia di andare, rispose alla madre che voleva finire il capitolo di un certo libro che si era portata a presso. Al pomeriggio, la madre tornò a dire alla figlia: “guarda che stanno organizzando il gruppo per andare in mare, vai anche tu, ti fa bene il nuoto!”.
“No, adesso non ho voglia”, rispose la figlia che voleva dormire un po’ sotto l’ombrellone.
Il mattino seguente, la madre tornò alla carica dicendo: “è una bellissima giornata, potresti andare a fare snorkelling, questo mare è così bello!”.
La figlia, per non sentire più la madre che la incitava ad andare in mare, anche se non aveva tanta voglia, si alzò e prendendo la muta per proteggersi dal freddo dell’acqua, si unì al gruppo, mentre la madre rimaneva seduta sulla sdraio.
Dopo circa 20 minuti dalla partenza della figlia, si alzo un po’ di venticello che presto si trasformò in vento abbastanza potente da creare delle grandi onde, e la nostra signora cominciò a dare segni di preoccupazione. Dopo qualche minuto era già al centro diving per assicurarsi che ci fosse una persona nel gruppo andato in mare, adatta alla salvaguardia della vita dei bagnanti. Ma la risposta che ricevette fu negativa, poiché l’organizzazione prevedeva soltanto la guida che spiegava i vari pesci e coralli, mentre i bagnanti erano tenuti a non allontanarsi dal gruppo di modo che la guida potesse, eventualmente, aiutare chi fosse in difficoltà.
Questa risposta mandò su tutte le furie la madre, e incominciò ad alzare la voce con il personale per la cattiva organizzazione. La sua preoccupazione, che alla figlia potesse accadere qualcosa, diventò presto tensione. Incominciò a fare avanti indietro sulla spiaggia, parlando con i vicini d’ombrellone della scarsa organizzazione e della poca sicurezza che offriva quel villaggio. I minuti passavano, il vento soffiava, e la signora era sempre più arrabbiata, impaurita, preoccupata e, soprattutto, si sentiva colpevole. Dopo quasi un’ora di tormento, finalmente, la figlia tornò sana e salva. Appena la vide la madre “scaricò” su di lei tutta la tensione accumulata, lamentandosi della poca efficienza e scarsa organizzazione del villaggio.
Da questa esperienza possiamo dire che è possibile, in poco tempo, sperimentare stati d’animo diversi che possono andare dalla preoccupazione alla tristezza, dal senso di colpa alla rabbia, dalla frustrazione alla gioia, dalla sicurezza alla tranquillità, alla pace e alla felicità. Dunque in poco tempo, è possibile sperimentare una vasta gamma d’emozioni che a volte ci fanno perdere il l’autocontrollo. Ma la sorella White ci mette in guardia a questo proposito: “Noi non abbiamo il diritto di perdere il controllo delle nostre facoltà mentali e fisiche a tal punto da irritare senza motivo e pronunciare parole che disonorano Dio. Il Signore desidera che noi siamo sempre calmi e pazienti. Indipendentemente da quello che gli altri possono fare, noi dobbiamo rappresentare Cristo e agire come agirebbe Lui trovandosi nelle stesse condizioni” (Testimonianze, vol. 3).
Tutti quanti abbiamo provato delle emozioni, ma vi siete mai chiesti che cos’è un’emozione? Si può dire che l’emozione è una reazione improvvisa di tutto l’organismo, con componenti fisiologiche (il corpo), cognitive (la mente) e comportamentali (le azioni).
Ho letto nella rivista “Vita e Salute” la rubrica “Le emozioni intelligenti” di L. Altin e mi sono chiesta: ”Esistono anche delle emozioni poco intelligenti? Ci sono delle emozioni che non servono a niente? E se la risposta e “si”, quali sono e perché mai le usiamo ? Possiamo fare a meno di sperimentarle e di coltivarle a lungo?
Nella vita le due emozioni più futili, secondo W. W. Dyer (Le vostre zone erronee) sono il senso di colpa per ciò che è accaduto, e l’inquietudine per ciò che potrebbe accadere. Se esaminiamo queste due emozioni si comincia a capire che le lega un nesso; ovvero, possono essere considerate gli estremi di una medesima fascia. Colpa significa che il nostro tempo presente se lo porta via la paralisi determinate da un comportamento passato, mentre l’inquietudine è il congegno che ci immobilizza nel presente su qualcosa che appartiene al futuro, e che sfugge al nostro controllo. Queste reazioni servono entrambe a tenerci inquieti o immobili nel presente.
Esempi di colpa e di inquietudine se ne vedono ovunque. Il mondo è pieno di gente terribilmente addolorata per cose che non avrebbe dovuto fare, oppure sgomenta per cose che potrebbero accadere o non accadere. Quando siamo preoccupati e inquieti, passiamo il nostro tempo, che è prezioso, a lasciarci ossessionare da un evento futuro. Che noi guardiamo indietro o avanti il risultato è il medesimo: buttiamo via il presente.
La nostra cultura ci può trasformare in vere e proprie macchine da colpa. Spesso e volentieri, se capita che non ci sentiamo colpevoli o preoccupati per qualcosa, ciò è considerato un male, quindi è inumano. Se qualcuno o qualcosa ci sta veramente a cuore, lo dimostriamo sentendoci colpevoli per le cose terribili che abbiamo commesso, oppure dando prova, visibilmente, di preoccuparci del futuro. E’ quasi come se noi dovessimo dimostrare la nostra nevrosi per guadagnarci l’etichetta di persona dotata di cuore. Il senso di colpa è uno dei meno intelligenti stati d’animo poiché comporta un grande spreco d’energie emozionali. Perché? Direte voi. Ma perché ci sentiamo paralizzati nel presente per una cosa che già ha avuto luogo: ciò che è stato, è stato, e nessun senso di colpa può mutarlo.
Attenzione però, c’è una gran differenza tra il sentirsi in colpa, quindi riconoscere il peccato, chiedere perdono a Dio anzitutto e poi alla persona in causa, e imparare dal passato a non peccare più! Sentirsi in colpa non significa soltanto crucciarsi per il passato, ma significa immobilizzare le nostre energie e il risultato di tutto ciò può variare dalla tenue irritazione alla grave depressione.
“Una mente serena, uno spirito allegro assicurano la salute al corpo e la forza all’animo” (Proverbi 17:22).
E. G. White nel libro “Sulle orme del gran Medico” afferma che: “Esiste un rapporto molto stretto fra mente e corpo; se uno è colpito l’altro ne risente. L’equilibrio dello spirito influisce sulla salute più di quanto si possa immaginare. Tante malattie di cui soffre l’umanità sono frutto di stati depressivi psichici. Dolore, ansia, scontentezza, sensi di colpa, rimorsi, diffidenza : tutto ciò contribuisce ad indebolire le forze vitali, a sviluppare il deperimento organico e condurre alla morte”. Noi abbiamo però una grande possibilità, che è quella di rimetterci a Dio, confidando in lui. Annulliamoci in lui e abbandoniamo il dubbio e la paura ! Diciamo assieme all’apostolo Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. Se abbandoniamo noi stessi nelle sue mani, egli ci permetterà di uscire vincitori per mezzo di colui che ci ha amati.
Non è sentirsi in colpa, invece, quando si sta imparando dal proprio passato e ci si propone di non ricadere in determinati atti o parole. Imparare dai propri errori è un aspetto salutare e necessario della nostra crescita. Il senso di colpa viene a far parte della struttura emozionale di un individuo principalmente in due modi. Nel primo, viene appreso in tenerissima età e persiste nell’adulto come residua reazione infantile. Nel secondo, l’adulto si autoimpone il senso di colpa per un’infrazione ad un codice al quale professa di credere.
1. Il senso di colpa residuo è la reazione emotiva scatenata da ricordi infantili. Le frasi che tipicamente i nostri genitori hanno usato possono essere state:
“se lo fai un’altra volta papà si arrabbia”.
“dovresti vergognarti per questo” (quasi intendendo che li farebbe bene), ecc. Le implicazioni contenute in queste frasi possono ancora ferire l’adulto se delude il capoufficio, oppure altre persone nelle quali egli ravvisi dei genitori.
2. Il senso di colpa autoimposto comprende reazioni di colpa assai più tormentose delle prime. L’individuo è immobilizzato da cose che ha fatto di recente, ma che non sono necessariamente collegate alla sua infanzia. Si tratta del senso di colpa che ci si autoimpone allorché si viola una norma o il codice morale, nel nostro caso la legge di Dio. Ci si può contristare a lungo, benché il tormento non possa cambiare l’accaduto. Possiamo, quindi considerare il senso di colpa di tal fatta, come il risultato del tentativo (fallito) di mettere in pratica la Parola di Dio e di essere coerenti con quello in cui crediamo.
Se anche ci dolessimo enormemente di quanto siamo stati con la testa tra le nuvole e insensibili, se anche ci sentissimo colpevoli fino alla fine dei nostri giorni, non cambierebbe ciò che è stato, nemmeno in minima parte. E’ passato, è andato ! Col senso di colpa vorremo cambiare ciò che è stato, desideriamo che non fosse mai accaduto e diciamo quasi sempre: “se potessi tornare indietro, farei questo o quello…”, purtroppo, sappiamo tutti che questo non è possibile.
Possiamo invece cominciare a cambiare il nostro atteggiamento nei confronti di ciò che desta in noi il senso di colpa. Fintanto che rimaniamo attaccati al potenziale tornaconto di assolverci col proprio senso di colpa, ci si resta incatenati a quella macina da mulino che non trita nulla se non infelicità.
E. G. White in “Passi verso Gesù” a questo proposito dice: “Perciò non dobbiamo permettere che la mente si concentri sui nostri problemi ma piuttosto sulla bellezza dell’amore di Gesù e sulla perfezione del suo carattere. Cristo, il suo sacrificio, la sua umiliazione, la sua purezza, il suo amore immacolato devono essere l’oggetto della nostra contemplazione”.
In Giovanni 15:4, Gesù disse “rimanete uniti a me”. Queste parole suggeriscono l’idea di pace, di riposo e di sicurezza, di stabilità e di fiducia.
Ci sono alcuni fattori che producono tipici sensi di colpa ed in primis è quello inculcato dai genitori sui figli d’ogni età, manipolandoli, in tal modo a fare ciò che si desidera. La mentalità che sta dietro alla frase “io mi sono sacrificata per te!” è molto efficace per creare il senso di colpa. Un altro esempio è costituito dai riferimenti ai dolori del parto: “18 ore di travaglio solo per metterti al mondo!”, oppure “sono rimasta col tuo padre solo per amor tuo”. La tattica del “Ci hai fatto fare brutta figura!” è molto utile, oppure “che penseranno i vicini o i fratelli di chiesa ?”. Forze esterne, incluso Gesù (Gesù non ti ama più se fai così) vengono chiamate in causa perché il figlio senta il rimorso di ciò che ha fatto e adotti il comportamento desiderato dal genitore. Il senso di colpa relativo ai genitori e alla famiglia costituisce la strategia più comune per tenere a bada una personalità ribelle. Gli esempi citati non sono che un piccolo campionario di frasi, miranti ad aiutare un figlio a scegliere il senso di colpa come prezzo della sua genealogia.
Quando il senso di colpa viene imposto con insistenza dalla famiglia, col passare del tempo, può verificarsi, anche se in rari casi, la comparsa di atteggiamenti “anomali”.
Ecco un esempio:
Una giovane donna si presentò dal terapeuta perché aveva un comportamento inspiegabile quando qualcuno le offriva dei cioccolatini, ovvero non riusciva, in pubblico, a mangiare del cioccolato poiché si vergognava, diventando subito rossa sulle guance. Tuttavia, lei adorava il cioccolato, e quando era da sola ne mangiava molto volentieri. Dopo un certo numero di sedute dal suo terapeuta, la signora ha ricordato che quando era piccola la sua mamma, nonché la nonna, la vestivano quasi sempre con abbigliamento di colore bianco. Di conseguenza, appena la bambina sporcava l’abitino con le ditta sporche di cioccolato, fatto che spesso e volentieri capita a molti bambini, riceveva subito il rimprovero ed il famoso “vergognati, adesso ti vedono tutti come sei sporca!”. In questo modo, alla donna era rimasto, da grande, il forte senso di vergogna e di colpa che si presentava, immancabilmente, ogni qual volta doveva toccare un cioccolatino in pubblico.
Il gioco della colpa inspirata dai genitori ha il suo reciproco, però. Può essere una strada a due sensi e molti figli sono molto abili a servirsene per manipolare i genitori. Per esempio, se il figlio si accorge che uno dei genitori, non potendolo accontentare si sentirà colpevole di non essere un genitore amorevole, o di essere cattivo, il figlio ne approfitterà subito. Urli e pianti al supermercato serviranno per avere il giochino piuttosto che il lecca-lecca. “Tutti i miei compagni c’è l’hanno, sono l’unico della classe a non averlo”, oppure “la mamma di Laura glie lo permette ed è una buona madre, tu no”. Ma il massimo sta nella frase: “devo essere figlia di qualcun altro, visto come vi comportate con me!”.
Nella famiglia, il senso di colpa può essere collegato non soltanto ai figli, ma anche alla moglie o al marito. La frase: “se tu mi amassi, allora…”, è un modo abbastanza efficace per manipolarlo/a, utile in modo particolare se si vuole castigare l’altro/a che ci ha fatto arrabbiare, comportandosi in un certo modo. Quasi l’amore dipendesse dal giusto comportamento… Ogni volta che una persona non corrisponde ai nostri desideri, si può ricorrere al senso di colpa per farlo/a ritornare all’ovile. “Deve” sentirsi colpevole di non aver amato, abbastanza o per nulla, l’altro/a. E per dare un ulteriore “carica” al suo senso di colpa, si aggiungono dei lunghi mutismi, degli sguardi arcigni, dei rancori nelle parole che li rivolgiamo, oppure lo diciamo apertamente: “con te non parlo, cosi impari, oppure “non venirmi vicino, come pretendi che sia carina con te dopo tutto quello che hai fatto?”. In tal modo il partner può manipolare il presente dell’altro rivangando il passato, evitando così che il senso di colpa si possa appiattire, in qualche modo. Lo scopo di questa strategia? Semplice, far fare all’altro ciò che uno vuole che faccia.
In Testimonianze, vol. 3 sta scritto: “Occorre avere più amore e sincerità, meno critica e sospetto. Bisogna essere meno propensi a biasimare e ad accusare, perché biasimo e critica sono cose che offendono Dio”.
Questa breve rassegna delle influenze esercitate dalla cultura, che probabilmente ogni uno di noi ha usato più o meno consapevolmente, può facilitare il senso di colpa come scelta. Ricordiamocelo, dunque la prossima volta che decidiamo di optare per il senso di colpa a scapito della libertà!
La domanda che, probabilmente, qualcuno si è fatto è “per quale ragione si utilizza il senso di colpa? La risposta è che, evidentemente, ci procura dei vantaggi. Bisogna tenere presente, però, che quale che sia il vantaggio, esso non può che rivelarsi autodistruttivo. Ecco alcune delle principali ragioni per cui si preferisce sciupare il presente e sentirsi colpevoli di cose fatte, o non fatte, in passato:
Passando il tempo a sentirci colpevoli di una cosa, non abbiamo da impiegare quel tempo in maniera più utile e che ci valorizzi. Al pari di altri comportamenti distruttivi, il senso di colpa è una strategia utile per evitare di correggerci.
Spostando indietro nel tempo la responsabilità, non solo ci risparmia la fatica di cambiare, ma evitiamo altresì tutti i rischi che presenta un cambiamento. Preferiamo rimanere immobilizzati nel passato, piuttosto che imboccare nel presente la via più rischiosa della crescita che spesso e anche la più frustrante e dolorosa;
Si ha la tendenza, a volte, a credere che, se ci si sente profondamente colpevoli automaticamente si è perdonati. Quindi, più grave è la nostra trasgressione, più a lungo dovrà essere il periodo di rimorso necessario per il perdono.
Il senso di colpa può essere il mezzo per recuperare la sicurezza e la protezione di cui si godeva nell’infanzia, allorché gli altri decidevano per noi e si prendevano cura di noi.
Il senso di colpa è un utile sistema per trasferire da noi stessi ad altri la responsabilità del nostro comportamento. È più facile arrabbiarsi e situare la radice del nostro senso di colpa fuori di noi, negli altri che, per colpa loro, ci sentiamo in colpa ;
Sovente, nella nostra cultura, quando ci si sente in colpa per una data azione, ci si può accaparrarsi l’approvazione e l’attenzione degli altri, anche se abbiamo commesso qualcosa di male.
Infine, è un ottimo sistema per farsi compatire. Non importa se il desiderio di essere compatiti sia un chiaro indice di scarsa dignità : in tal caso, al rispetto di noi stessi preferiamo fare in modo che gli altri siano dispiaciuti per noi.
Nel libro “Passi verso Gesù,” E. G. White afferma che “Quando ci si concentra troppo su noi stessi ci si allontana da Cristo, e allora Satana cerca con ogni mezzo di catturare la nostra attenzione distogliendola dal Salvatore perché ci sia un’interruzione nella comunicazione tra noi e Cristo. I piaceri del mondo, le ansietà della vita, le perplessità e il dolore, gli sbagli nostri e degli altri, le imperfezioni del nostro carattere, sono degli appigli di Satana per cercare di distogliere la nostra mente da Gesù. Molti, pur essendo sinceramente desiderosi di vivere per il Signore, sono portati a soffermarsi sulle proprie colpe e debolezze, e facendo così Satana gli allontana da Cristo, l’unica speranza per ottenere la vittoria”.
Nella lettera agli Efesini (4:26), l’apostolo Paolo ci da un prezioso suggerimento: “E se vi arrabbiate attenti a non peccare, la vostra ira sia spenta prima del tramonto del sole”.
Con questo consiglio Paolo da anche un suggerimento pratico che concede non solo un sonno tranquillo, ma permette anche una buona convivenza con gli altri. A volte, può accadere che uno non si preoccupi più, è semplicemente inconsapevole della sua colpa oppure l’ha rimossa. Un altro può soffrire costantemente per i suoi sensi di colpa. In entrambi i casi, il nostro equilibrio è alterato. La colpa vuole venire alla luce, non serve a niente sminuirla. L’unico metodo di successo per superare qualsiasi tipo di colpa, consiste nella disponibilità a confessarla. In 1 Giovanni 1:9 leggiamo: “Se invece riconosciamo pubblicamente i nostri peccati, Dio li perdonerà, perché egli mantiene la sua parola. Egli ci libererà da tutte le nostre colpe, perché è buono”.
La seconda emozione “inutile”, che si trova all’altro estremo del nostro continuum è, come abbiamo detto, l’inquietudine, ovvero, l’immobilizzazione nel presente a causa di ciò che succederà nel futuro. Attenzione, però! Se abbiamo dei progetti, se ci diamo da fare per migliorare il proprio futuro, è chiaro che non è il caso di parlare di ansie o inquietudine. Invece, è il caso di parlare se una cosa che appartiene al futuro ci paralizza adesso.
Come infonde il senso di colpa, così la nostra cultura nonché la nostra società, incoraggia l’inquietudine. Spesso e volentieri, tutto comincia dalle ansie del “cuore”, ossia se vuoi bene ad una persona, devi per forza dimostrare di essere in pensiero per lei. Ed è per questo che si sentono frasi del genere: “Si capisce che mi preoccupo per te, è naturale quando si vuole bene a qualcuno; “Non posso fare a meno di preoccuparmi per te, è perché ti voglio bene”; oppure “Mi raccomando, tieni il cellulare acceso, cosi posso chiamarti”; quindi controllando l’altro si tiene sotto controllo la propria ansia. In tal modo si dimostra il proprio amore con una congrua dose di inquietudine al momento opportuno.
Oggi giorno, ci sono molte persone che passano un bel po’ di tempo a preoccuparsi del futuro, e per niente! Perché non c’è problema futuro che possa essere risolto dalle proprie ansie, non solo, ma è assai probabile che queste non ci consentano di affrontare, in modo efficiente, i problemi presenti. Non per niente il vecchio detto “non fasciarti la testa finche non si è rotta” è più valido che mai. Contrariamente, a quanto si creda, le preoccupazioni non hanno niente a che fare con l’amore e l’affetto, il quale presuppone un rapporto nel quale ciascuno di noi ha il diritto di essere ciò che vuole, senza qualsivoglia condizione imposta dall’altro/a.
Nel libro “Sulle orme del gran Medico” leggiamo: “L’amore è un dono prezioso che riceviamo dal Signore. L’affetto puro e semplice, non è un sentimento, è un principio. Coloro che sono motivati dal vero amore non sono né ciechi, né irrazionali ; guidati dallo Spirito Santo amano Dio e poi i loro simili come sé stessi… L’amore umano deve inspirarsi all’amore divino fin nelle sue manifestazioni più intime. Un affetto profondo, vero e disinteressato sboccia solo nel cuore in cui regna Gesù”.
La maggior parte delle nostre inquietudini vertono su cose che sfuggono al nostro controllo. Si possono avere tutte le ansie che vogliamo circa la guerra, l’economia, le possibili malattie, la possibilità che succeda qualcosa di grave nella nostra famiglia, oppure la possibilità di cedere alle tentazioni, ma ciò non ci darà la pace, ne la prosperità, ne la salute. Come individui, abbiamo scarso controllo su qualsiasi di queste cose.
E. G. White in Testimonianze vol. 3 afferma che: “Non dovete lasciarvi vincere dalla preoccupazione. Guardando alle apparenze e lamentandovi ogni volta che scorgono difficoltà e contrattempi, date prova di una fede debole, malaticcia… Quando il cuore è aperto al timore e alla preoccupazione, il sentiero del progresso viene sbarrato dall’incredulità… Lo Spirito opererà in noi se noi avremmo fede in Dio… e i molti problemi che oggi appaiono insolvibili saranno risolti grazie alla costante fede nell’Eterno”.
La nostra società, sovente, invia dei messaggi che ci invitano a preoccuparci maggiormente di un dato problema, anziché agire al più presto nel risolverlo. Per eliminare l’inquietudine, è necessario comprendere il motivo. Se essa ha una grande parte nella nostra vita, ha altresì numerosi precedenti che la motivano. Ma quali vantaggi può avere la persona? Questi sono simili a quelli che derivano dal senso di colpa, dato che sono due stati d’animo autodistruttivi che variano soltanto per quel che riguarda il fattore tempo: il senso di colpa verte sul passato, l’inquietudine sul futuro. Il presente è la chiave che ci permette di comprendere i nostri modi di sentirci in colpa o di essere in ansia. Invece di farci ossessionare dal passato o dal futuro, cominciamo a considerare il momento presente da vivere. Quando ci scopriamo di essere in ansia per qualcosa che potrà accadere o ci sentiamo colpevoli per qualcosa accaduto tempo fa, dobbiamo domandarci: “a che cosa tento di sfuggire adesso, mentre riempio questo momento di ansia o di tristezza?”. Non ci rimane che andare all’attacco di ciò che stiamo evitando in quello istante.
In “Comincia a vivere” leggiamo: “Negli ultimi anni si è sempre più messo in evidenza quanto importanti siano i sentimenti per la salute. Rabbia, odio, paura, insicurezza e sfiducia, sono nocivi per la nostra salute. Possono farci ammalare. Per una buona salute fisica è quindi importante anche l’equilibrio psicologico. Ne è parte integrante assieme ad altre la fiducia. Dunque, la salute è un dono, ma ogni uno di noi può migliorarla o peggiorarla. I cristiani sanno che possono fare affidamento in modo illimitato in Dio. Naturalmente, nonostante ciò, hanno paura e qualche volta si lasciano scoraggiare dalle preoccupazioni” (Comincia a vivere – Segni dei tempi).
A questo proposito, la Bibbia ci da dei consigli utili per poter vivere meglio nonostante le preoccupazioni, le paure, la rabbia, ecc. Gesù, in Matteo 6, 34, dice: “Perciò non preoccuparvi troppo per il domani, a portare altre pene. Per ogni giorno basta la sua penna”.
Sulle orme del gran Medico: “Molti non sono in grado di fare piani precisi per il futuro. La loro vita è incerta, non riescono a intravedere il possibile evolversi degli eventi e per questo sono pervasi da ansietà e inquietudine. Ricordiamoci che la vita dei figli di Dio su questa terra è una vita di pellegrini. Non abbiamo la saggezza sufficiente per orientare la nostra esistenza. Non possiamo decidere del nostro futuro… Il Cristo durante la sua esperienza terrena non faceva progetti per sé stesso. Accettava quelli di Dio, e giorno dopo giorno, il Padre glieli indicava. Ecco come dovremmo dipendere da Dio affinché la nostra vita sia la semplice conseguenza della sua volontà. Affidandoci a lui egli dirigerà i nostri passi. Le preoccupazioni costanti indeboliscono le loro forze. Il Signore desidera che si liberino da questa forma di schiavitù”.
“Le persone libere dalla schiavitù dei timori inutili e di inservibili sensi di colpa mettono in atto dei comportamenti che non sono inspirati da motivazioni psicologiche sbagliate. La liberazione dei comportamenti autodistruttivi non è un mito: è una reale possibilità. Il loro funzionamento mentale non è qualcosa che supera le forze umane: la salute mentale può essere, in tal caso, una nostra scelta. Queste persone, nella loro vita, amano Gesù anzitutto, non sciupano il loro tempo a rammaricarsi o a desiderare che le cose fossero andate diversamente. Amano stare a contatto con la natura, amano il prossimo come sé stessi, amano leggere ogni giorno la Parola di Dio. Quando sei in mezzo a loro avverti l’assenza di lamenti, noti che non tirano dei gran sospiri. Se piove, per loro fa niente, se fa caldo, invece di lamentarsi, lo prendono con spirito. Accettano la realtà così com’è, e hanno una singolare capacità di vedere il lato buono in tutte le cose. Queste persone si sono liberate dai loro sensi di colpa e dall’angoscia che si accompagna alla paralisi che provoca nel presente il pensiero di cose passate. Certo, riconoscono di aver commesso degli errori, si sono pentiti, hanno chiesto perdono a Dio e si sono sentiti perdonati e liberati dal loro peccato ; sano altresì proporsi di non ricadere, e confidano in Dio che così sarà. Non piangono su quel che è passato e non cercano di indurre negli altri il senso di colpa per avere dei benefici propri. Hanno compreso che, rattristarsi per le cose passate l’unico risultato che si ottiene è quello di rafforzare una mediocre immagine di sé, e che è di gran lunga meglio imparare dal passato che rivangarlo. Piuttosto che stare a macerare sé stessi e gli altri col senso di colpa, ringraziano Dio per il dono meraviglioso ricevuto gratuitamente alla croce e non dubitano mai della Sua promessa di cancellare ogni peccato, anche se “rosso come la porpora
Oggi, l’adempimento fedele del nostro dovere è la preparazione migliore per le prove che sopraggiungeranno. Non aggiungiamo alle difficoltà del presente le preoccupazioni per il futuro”. Matteo 6:34: “Basta a ciascun giorno il suo affanno”.
Colui che si confida in Dio dirà con l’apostolo Paolo: “Io posso ogni cosa in colui che mi fortifica” (Filippesi 4:13). Nonostante gli errori del passato, con l’aiuto di Dio, possiamo innalzarci e dire con l’apostolo: “Una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la meta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù” (3:13,14).