15 – Il vostro cuore non sia turbato

Il segreto della pace in questi tempi

31948_128757673813820_123011597721761_223702_6769713_n1di JAN PAULSEN*

Le parole sono pillole di significato. Ci sono utili quando cerchiamo di condividere con altri quello a cui nessuno, tranne noi, può avere accesso, i nostri pensieri. Le parole sono spesso accompagnate da sentimenti ed emozioni; possono incoraggiare il prossimo oppure ferirlo, dipende dall’uso che ne facciamo. La parola che fa del male non è una parola vera ma una falsa riproduzione di quello che il Signore vorrebbe fosse il nostro parlare. In un mondo corrotto, le parole di speranza danno significato e sentimenti gioiosi alla vita; conoscendo la condizione disperata dell’umanità decaduta, Gesù ci ha trasmesso parole di speranza, le uniche di cui abbiamo realmente bisogno. In Giovanni 14:1-3 siamo davanti a una manciata di quelle parole che escono dalle labbra del nostro Salvatore e che iniziano con un’esortazione: «Il vostro cuore non sia turbato».

Speranza ed esortazione

Le esortazioni mirate al nostro benessere hanno un grande valore nella nostra vita spirituale; la Bibbia è infatti, in buona sostanza, il compendio di una varietà di esortazioni che toccano praticamente ogni aspetto della nostra esistenza. Possono formare il carattere e creare quei legami di cui abbiamo bisogno per interagire efficacemente con il prossimo e con il nostro Signore, Gesù Cristo. Contribuiscono in modo assolutamente preciso a definire i contorni e la qualità del nostro futuro; il presupposto delle esortazioni è che esistono pericoli da evitare e giusti valori da abbracciare, ma anche che siamo esseri dotati di libero arbitrio.

L’obiettivo dell’esortazione è motivarci a fare le scelte giuste, selezionando il bene e rifiutando il male; dette al momento opportuno, se accolte, possono rendere la nostra vita più tranquilla. Gesù agì in tal senso quando esortò i discepoli, al momento giusto, per guidarli e aiutarli a comprendere la natura della vita cristiana. Era l’ora giusta anche quando annunciò che la sua partenza avrebbe potuto essere per loro un’esperienza minacciosa. Un’esortazione è per sua natura una previsione, che si basa sulla capacità del suo latore di prevedere i pericoli e dare il consiglio adeguato per evitarli.

Gesù sapeva molto bene che i suoi discepoli e i futuri fedeli ne avrebbero affrontati tanti nel mondo; la sua cattura e la sua morte avrebbero rappresentato un motivo di prova, vivere in sua assenza avrebbe potuto minare la fede che riponevano nella sua persona. Ma la sua esortazione è rivolta a ognuno di noi che viviamo in presenza di un Dio assente, inseriti in un contesto di incertezza e confusione che minacciano costantemente il nostro impegno nei suoi riguardi. La situazione odierna presenta problemi e angosce: «Nel mondo avrete tribolazione» (Gv 16:33). Ne siamo consapevoli sia per esperienza personale, sia per quello che abbiamo sotto gli occhi. Il mondo non può offrirci altro che affanni; il «mondo» descritto dal nostro amato Salvatore è quello della razza umana che si ribella a lui e al Padre. Il suo popolo ci vive nel mezzo, ma è in una condizione di continua attesa, che anticipa l’irruzione della gloriosa presenza del Salvatore risorto e glorificato nell’arena della storia umana.

La speranza, libertà dai tormenti

L’esortazione di Gesù ha un orientamento pedagogico, cerca cioè di insegnare ai propri fedeli come vivere nell’intervallo compreso tra la sua partenza e il suo ritorno. Dobbiamo perciò ascoltare con molta attenzione le parole di speranza che ha espresso in forma di esortazione.

«Il vostro cuore non sia turbato»; Gesù ha a cuore il nostro benessere emotivo; giudica importanti le nostre emozioni perché sono parte dell’essere meraviglioso e differenziato uscito dalla creazione; sono state corrotte dal peccato, è vero, e quindi tendono ad avere un controllo sulla natura dell’uomo, al punto da farlo talvolta agire in modo totalmente irrazionale: «… non sia…», nel contesto di questo passaggio è evidente che tale controllo è possibile grazie alla parola di speranza che ha condiviso con noi nella sua morte, nella sua ascensione e nel suo prossimo ritorno.

Inostri cuori potrebbero essere angosciati in un mondo travagliato, ma Gesù dice che non deve essere così; in questo particolare contesto, «turbato» significa agitato, disturbato e irrequieto. Cristo ammette che, potenzialmente, il cuore dell’uomo può vivere questi stati emotivi. Nella Parola di Dio il cuore è il vero centro dell’essere, il luogo deputato alla riflessione, all’analisi e alle scelte, il centro della nostra personalità. E se quel centro è in preda alle turbolenze, nella nostra vita ci saranno disorientamento e confusione che produrranno un’esistenza confusa, incerta, priva di un’àncora e di una destinazione finale. Questa esortazione fa riferimento a una grave condizione dell’animo umano alla quale deve sottrarsi chi ha trovato in Cristo il fulcro della propria vita.

II verbo «essere agitato» tende a descrivere il risultato dell’opera o dell’influsso di una forza esterna su un particolare oggetto, per esempio le acque, quando sono agitate o scosse da un’energia esterna (cfr. Gv 5:7). Gesù ci dice che non dobbiamo permettere che circostanze estranee alla vita, in questo mondo corrotto e ribelle determinino il nostro modo di vivere. Nello smarrimento, l’inquietudine e lo scompiglio dobbiamo rimanere ancorati alla parola di speranza in Cristo. Questa è la vera pace.

Anche se il mondo ci fa conoscere l’angoscia, in Cristo possiamo «avere pace» (Gv 16:33), perché egli ne è l’unica sorgente. Nella Scrittura, «pace» ha un significato che va ben oltre l’assenza di guerra e implica una vita che opera nel senso indicato da Dio. Significa che il nostro corpo è ben integrato o re-integrato in un’unione indivisibile con Dio tramite Cristo. Gesù ha riordinato i frammenti delle nostre esistenze, ci ha guariti e ci ha resi uno in lui! Siamo chiamati a essere in pace con lui e con il nostro prossimo, per questo egli può parlarci ed esortarci dicendo: «Il vostro cuore non sia turbato da quello che vedete e che può succedervi in questo mondo. Restate uniti a Dio mediante me; non siate confusi o smarriti perché in me avete trovato un futuro glorioso, una magnifica speranza».

Le radici della speranza

La parola di speranza affonda le radici nella morte salvifica di Gesù; le esortazioni che abbiamo letto hanno infatti senso solo perché legate al sacrificio che egli ha compiuto per noi. Alla domanda: «Perché non dovrei essere turbato?», Gesù non fornisce una risposta psicologica del tipo «perché fa bene alla vostra salute mentale». Egli va più in profondità e afferma: «Perché io mi sono preoccupato per voi». Ed è la verità! Anticipando la drammatica esperienza della croce, Cristo disse ai suoi discepoli: «”Ora, l’animo mio è turbato; e che dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma è per questo che sono venuto incontro a quest’ora. Padre, glorifica il tuo nome!”. Allora venne una voce dal cielo: “L’ho glorificato, e lo glorificherò di nuovo!” » (Gv 12:27,28).

Stupendo amore ! Colui che ci esorta dicendo: «Il vostro cuore non sia turbato», ha ammesso con i discepoli: «Ora, l’animo mio è turbato». Si è fatto carico del peso che dovevamo portare noi per liberarcene, ha preso su di sé l’inquietudine e l’agitazione dello spirito, l’angoscia più profonda derivante dal senso di separazione da lui e l’ha vissuta in pieno con una separazione reale e assoluta dal Padre. Aveva buoni motivi per essere preoccupato; sulla croce era spontaneamente separato dal Padre. Ora si rivolge ai discepoli ed è come se dicesse: «La mia partenza non è una vera separazione perché siamo stati uniti gli uni agli altri con le corde indistruttibili dell’amore. Questa separazione non ha niente a che vedere con quella che ho sperimentato sulla croce e perciò il vostro cuore non sia turbato; lasciate che lo sia il mio per voi».

La speranza è radicata nella morte salvifica di Gesù

Dobbiamo dire grazie al suo sacrificio se possiamo vivere una vita di pace e riposo in lui; una vita di unione con Dio tramite Cristo. La parola della speranza, enunciata in forma esortativa, non affonda le radici esclusivamente nella morte sacrificale di Gesù, ma anche nella promessa dell’arrivo dello Spirito in seguito alla sua partenza. In un certo senso, tale allontanamento non si è tradotto in un’assenza reale o una separazione da noi; il Signore assente continua a essere il Signore presente nella vita di ogni credente e in quella della chiesa, che egli non ha abbandonato ma nella quale ha scelto di dimorare mediante lo Spirito. Esso è l’«altro Consolatore» che ci è stato mandato per rappresentare Cristo (Gv 14:16): «Non vi lascerò orfani; tornerò da voi» (v. 18). Grazie alla sua presenza, Gesù continua a esortare e a guidare la sua chiesa (v. 26). Lo Spirito «rende effettiva l’opera compiuta dal Redentore del mondo» – DA, p. 671 [515].

In tutti questi secoli di storia cristiana, Cristo ci ha rappresentato quale Sommo Sacerdote davanti al Padre e allo stesso tempo ha reso la sua presenza nella chiesa pienamente reale, grazie alla misteriosa ed efficace opera svolta dallo Spirito. Quindi, «il vostro cuore non sia turbato». Egli è ancora con noi e ci rimarrà «sino alla fine dell’età presente» (Mt 28:20).

In definitiva, la parola della speranza, enunciata in forma esortativa, si basa sul fatto che la separazione terminerà; l’esortazione trae nutrimento dal fertile suolo della speranza cristiana, senza la quale sarebbe priva di significato e potrebbe anzi essere accompagnata dalveleno mortale del legalismo. In altre parole, la speranza dell’avvento convalida il senso dell’esortazione che ci rivolge Cristo; la separazione fisica dal nostro Signore ha un limite temporale; davanti alle tribolazioni non è logico dire alle persone di non preoccuparsi, a meno che non ci sia la promessa concreta di risolvere il problema e la forza di riuscirci, ma questo accadrà solo nel momento in cui la nostra speranza cristiana si manifesterà nella gloriosa apparizione del Salvatore e Signore. La speranza che ci accompagna ha un impatto diretto sulla qualità della nostra vita attuale, «aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù» (Tt 2:13).

Proseguiamo questo nostro percorso comune di speranza con il cuore non turbato, dimorando in Cristo.

* Jan Paulsen è il presidente della chiesa avventista mondiale.

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