Non rimarremo mai più soli
di Carlos A. Steger*
Se incontraste Andrea (pseudonimo) non immaginereste mai il suo passato. È una persona seria, educata e gentile; sei mesi dopo essere nato, Andrea fu dato in adozione e non vide più la vera madre. Erano i primi anni dell’adolescenza e la madre adottiva, che aveva divorziato da diversi anni ed era mentalmente fragile, non poteva più occuparsi di lui e di conseguenza il ragazzo andò a vivere per qualche tempo presso una famiglia che abitava in una zona di campagna. In seguito si occupò di lui, offrendogli un tetto, un generoso medico avventista. Si iscrisse per diversi anni al liceo ma fallì ogni volta. Alla fine ebbe l’opportunità di studiare presso una scuola avventista; di tanto in tanto faceva visita alla madre adottiva, unico legame con la sua infanzia. Quando si trovava nel dormitorio della scuola era solito pensare: «Tutto ciò che possiedo è questo posto e la mia vecchia valigia. Non ho genitori e nemmeno una casa. Sono una persona sola in questo universo!».
Quando la madre adottiva morì, la sua vita passata e infelice parve diventare un peso gigantesco e insopportabile sulle sue spalle. Anche se era ormai adulto, pianse inconsolabilmente finché non si ricordò della promessa di Dio: «Una donna può forse dimenticare il bimbo che allatta, smettere di avere pietà del frutto delle sue viscere? Anche se le madri dimenticassero, non io dimenticherò te» (Is 49:15).
Andrea si aggrappò con fede alla mano del Signore e ottenne la pace e il conforto, perché confidò nel suo Padre in cielo e nel fatto che non lo avrebbe mai abbandonato.
Padre nostro
Avere un padre significa, generalmente, avere la garanzia di un rifugio, del cibo, di sentirsi sicuro, amato, accettato e compreso. I genitori danno il proprio nome alla famiglia e un’identità ai loro figli; li guidano e sono una fonte di saggi e profondi consigli. Credere ai genitori significa contribuire a portare la propria famiglia a Dio, che è il nostro Padre del cielo. Alcuni individui non hanno avuto un buon padre, mentre altri, come Andrea, non lo hanno nemmeno conosciuto; ma tutti noi abbiamo un Padre che si chiama Dio, un Padre «dal quale ogni famiglia nei cieli e sulla terra prende nome» (Ef 3:15); «un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, fra tutti e in tutti» (Ef 4:6); il nostro Padre ha molti attributi distintivi, ma soprattutto egli «è amore» (1 Gv 4:8); ci ha creati e riscattati, «Tu, SIGNORE, sei nostro padre, il tuo nome, in ogni tempo, è Salvatore nostro» (Is 63:16). «Vedete quale amore ci ha manifestato il Padre, dandoci di essere chiamati figli di Dio!» (1 Gv 3:1). Dio conosce i nostri bisogni e provvede premurosamente a tutto ciò che ci è indispensabile per vivere (Mt 6:8,26). «Come un padre è pietoso verso i suoi figli, così è pietoso il SIGNORE verso quelli che lo temono» (Sal 103:13).
La sua voce riecheggia dall’eternità e dice a ognuno di noi: «Sì, io ti amo di un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà» (Ger 31:3). È difficile amare qualcuno che non possiamo vedere; per questa ragione, il Signore ha mandato il suo unico Figlio, per mostrarci com’è il Padre. Con la sua vita e la sua morte, Cristo ha riflettuto l’amore del Padre, ci ha assicurato che il Padre ci ama (Gv 16:27). La dimostrazione più grande di quell’amore è stato mandare il proprio unico Figlio a morire per noi (Gv 3:16).
La casa del nostro Padre
Pensare a un padre è come pensare alla casa; concentriamoci sui teneri ricordi che ci vengono in mente quando la memoria torna alla casa di nostro padre!
John Howard Payne scrisse nel 1823 la canzone «Home, Sweet Home» (Casa dolce casa) e nel suo diario annotò paradossalmente le seguenti parole: «Il mondo ha cantato la mia canzone al punto che la sua melodia è diventata familiare a tutti, eppure sono stato un girovago fin dall’adolescenza». La morte della madre quando aveva 13 anni e quella del padre avvenuta poco tempo dopo lo lasciarono senza un tetto per il resto della sua esistenza. Da un punto di vista spirituale, milioni di persone si sentono come John Payne e che, consciamente o meno, sono distanti dalla casa del Padre. Forse non lo hanno mai conosciuto, probabilmente non sanno come ritornare a lui o non ne hanno il coraggio. Ma l’amore del Padre vuole convincere i suoi figli a tornare e quando anche uno solo di loro rinsavisce e ricordando l’abbondanza di quella casa decide di tornarvi, egli si commuove dalla gioia (Lc 15:17,18).
La reazione del padre di fronte al figlio prodigo è uno degli episodi che meglio descrive l’atteggiamento di Dio nei confronti del peccatore pentito. Se mettiamo in moto la fantasia, riusciamo a vedere il nostro Padre in cielo che ci viene incontro a braccia aperte con un volto radioso (Lc 15:20)? Tutti quelli che hanno creduto in Cristo sono stati accolti, immeritatamente, nella casa del nostro Signore. Egli ci ha accettati e ci ha dato il benvenuto nella sua famiglia; ne consegue che non siamo più estranei, ma «membri della [sua] famiglia» (Ef 2:19).
Una casa con molte stanze
Ma com’è la casa del Padre? È una città meravigliosa, simile a «una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21:2). Dio stesso ne è architetto e costruttore (Eb 11:10).
Siamo pellegrini in viaggio verso la casa del Padre
Nelle grandi metropoli le persone spesso si sentono sole anche in mezzo alla folla che le circonda. Il gelo dell’indifferenza le ferisce e reagiscono usando la stessa moneta, mostrandosi apatici e diffidenti verso il prossimo. Se anche la nuova Gerusalemme avesse queste caratteristiche, nemmeno le sue strade d’oro eserciterebbero alcuna attrattiva. Ma la casa del Padre sarà il luogo più felice dell’universo, perché egli stesso vi abiterà con i suoi figli redenti. «Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non ci sarà più la morte, né cordoglio, né grido, né dolore…» (Ap 21:4). Allora lo conosceremo faccia a faccia e non ci sarà più separazione tra i salvati; la casa del nostro Padre ha molte stanze (Gv 14:2); vivremo tutti insieme, uniti come una grande famiglia.
Quando mio padre cominciò a costruire la sua casa, gli amici si domandavano perché la facesse così grande. I figli maggiori erano già sposati e quelli minori erano ormai pronti a lasciare il nido. Ma i miei genitori avevano un motivo molto importante per voler costruire una casa con molte stanze e lo abbiamo capito quando, provenendo da luoghi diversi, ci siamo ritrovati tutti insieme per Natale! E quanti giorni di vacanza sereni hanno vissuto i nostri figli insieme ai cugini nella casa del nonno. Per oltre venti anni, quella dimora ha rappresentato un approdo sicuro per l’intera famiglia. Grazie papà, per aver costruito una casa con molte stanze.
La casa del nostro Padre è pronta a riceverci; ha molte stanze e c’è posto per tutti. Cristo l’ha attrezzata in modo da farci vivere tutti quelli che credono in lui e non vede l’ora che arrivi il momento in cui, insieme agli angeli, verrà a prenderci per portarci in quella dimora eterna. Se ancora non li abbiamo visti è solo perché Dio è paziente con noi, «non volendo che qualcuno perisca, ma che tutti giungano al ravvedimento» (2 Pt 3:9).
Siamo pronti per quel giorno? La nostra casa non è questo mondo, qui siamo solo pellegrini in viaggio verso la casa del Padre.