Ai discepoli di Gesù l’apostolo Paolo scrive: “La nostra lettera, scritta nei nostri cuori, siete voi, lettera conosciuta e letta da tutti gli uomini; è noto che voi siete una lettera di Cristo, scritta mediante il nostro servizio, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente; non su tavole di pietra, ma su tavole che sono cuori di carne”. (2 Corinzi 3:2,3).
Che cosa significa essere lettera vivente? Come deve essere questa lettera vivente? Che cosa leggono coloro che ci circondano? Che cosa dovrebbero leggere?
“I cristiani possono essere paragonati a delle fiaccole che illuminano la via che conduce al cielo; essi devono riflettere sul mondo la luce che proviene dal Cristo, affinché la gente vedendo il loro comportamento e il loro carattere, possa capire chi è Gesù e che cosa significhi servirlo. Se lo rappresenteremo degnamente, coloro che ci circondano comprenderanno che è veramente bello seguire la via che ci propone”.
E’ veramente bello seguire la via che Gesù ci propone?
Delle volte ho l’impressione che la vita più che viverla, la subiamo, per tanto non è bella, non la gustiamo, non la apprezziamo, anche quando le “cose” vanno bene.
Alcuni hanno la brutta abitudine di esprimersi negativamente anche quando la vita è bella. Si vie con la strana impressione che comunque manca qualcosa.
Della volte si paura di essere felici, di godersi il momento piacevole. Addirittura, alcuni si sentono in colpa della loro felicità o hanno paura di essere sereni.
Non ci sono dubbi, ci sono dei cristiani che non sono capaci di godersi una giornata di sole, intravedono sempre nubi all’orizzonte.
Hanno qualcosa dentro che impedisce loro di essere felici, ed anche quando la vista scorre con una certa facilità, sono ansiosi, incapaci di abbandonarsi alla vita per viverla.
Hanno nel cuore l’impronta della tristezza e sul viso la maschera della scontentezza.
“Molti conducono un’esistenza triste e penosa perché pensano agli errori, ai fallimenti e alle delusioni del loro passato”.
In questo modo, siamo lettera vivente, un’epistola morta e insoddisfatta, e gli altri, indubbiamente, si allontanano da noi.
“I cristiani la cui esistenza è caratterizzata dalla tristezza, che spesso sono abbattuti, si lamentano o brontolano, suggeriscono un falso concetto di Dio e della loro esperienza spirituale e fanno pensare che il Signore non desideri che i suoi figli siano felici. La loro testimonianza è falsa e non risulta a vantaggio di Dio”.
E. G. White racconta:
Quando ero in Europa, ricevetti una lettera da una sorella in fede che era profondamente angosciata proprio per questo modo sbagliato di affrontare la vita e chiedeva di essere consolata. La notte seguente sognai di essere in un giardino che qualcuno, forse il proprietario, mi faceva visitare. Stavo raccogliendo dei fiori e godendone il profumo quando questa sorella, che stava camminando accanto a me, attirò la mia attenzione su alcuni brutti rovi che le impedivano di andare avanti. La donna, che invece di camminare lungo il sentiero che le era stato indicato passeggiava tra i rovi e le spine, cominciò a brontolare e a rattristarsi dicendo: «Non è un peccato che questo magnifico giardino sia rovinato dalle spine?».
«Allontanati dalle spine perché ti farai solo del male; goditi queste rose, questi gigli e questi garofani» le rispose il proprietario.
Non avete mai avuto periodi felici nella vostra vita, giorni in cui avete risposto agli appelli dello Spirito Santo provandone una grande gioia? Ripensando alla vostra vita passata, non ricordate niente di piacevole? Se le promesse di Dio assomigliano a fiori profumati, che crescono ovunque lungo il vostro cammino, perché non godete e non vi rallegrate della loro bellezza e del loro dolce profumo?
Se durante la vostra vita pensate solo alle spine e ai rovi, che vi procureranno unicamente sofferenze, e ne parlate agli altri, disprezzate la bontà di Dio e impedite a chi vi ascolta di percorrere il sentiero che conduce alla vita eterna.
Non è saggio pensare a tutte le esperienze spiacevoli del passato, parlare e lamentarsi sempre della nostra malvagità, delle delusioni subite, perché il lasciarsi vincere così dallo scoraggiamento significa vivere nel buio, lontani dalla luce divina e rattristare la vita degli altri.
Ringraziamo piuttosto Dio per tutte le bellezze che ci circondano; pensiamo a tutte le benedizioni che con amore ci ha donato e che sono continuamente a nostra disposizione. Il Figlio di Dio, che lascia il trono del Padre per diventare uomo e liberarci dal potere di Satana ottenendo la vittoria, ci apre le porte del cielo e ci rivela la gloria divina.
Pensiamo che l’uomo è stato liberato dall’abisso in cui lo aveva fatto precipitare il peccato. Ora è nuovamente in contatto con il Dio infinito e, dopo aver superato la prova sorretto dalla fede nel Redentore, è rivestito della giustizia del Cristo ed elevato fino al suo trono. Ecco ciò che Dio vorrebbe che noi contemplassimo.
Quando cominciamo a dubitare dell’amore di Dio e delle sue promesse, disonoriamo e rattristiamo il suo Santo Spirito. Che cosa proverebbe una madre che dà tutta la sua vita e tutto il suo amore per il bene dei propri figli, se essi si lamentassero di lei e mettessero in dubbio il suo affetto quasi non volesse loro bene? Come qualsiasi genitore trattato in questo modo, la madre proverebbe un grandissimo dolore. E allora il Padre cosa penserà di noi quando non apprezziamo quell’amore che lo ha spinto a offrirci suo Figlio affinché potessimo avere la vita eterna? L’apostolo Paolo scrive: «Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi; perciò, come potrebbe non darci ogni cosa insieme con lui?» (Romani 8:32). Nonostante ciò molti, pur non esprimendolo, si comportano come se il Signore non si prendesse cura di loro e non li amasse.
Questo atteggiamento sbagliato si ripercuote su di noi. Ogni dubbio offre un appiglio a Satana per tentarci, incoraggia lo scetticismo, addolora e allontana gli angeli. Quando Satana vi tenta non lasciatevi sfuggire nessuna parola di dubbio e di sconforto, non ascoltate i suoi suggerimenti, altrimenti la sfiducia e la ribellione potrebbero avere il sopravvento. Se parlate apertamente di tutti i vostri sentimenti, delle vostre perplessità, oltre a fare del male a voi stessi le vostre parole, con il tempo, potranno avere sugli altri conseguenze impensabili.
Può darsi che riusciate a resistere alla tentazione e a non cadere nella trappola di Satana, ma forse coloro che sono stati influenzati dalle vostre parole, non potranno evitare le conseguenze del dubbio che avete suggerito. È quindi molto importante parlare solo di ciò che incoraggia spiritualmente e alimenta la vita!
Gli angeli ascoltano con attenzione come parlate agli altri di Dio; fate in modo che l’argomento delle vostre conversazioni sia il Cristo vivente che intercede per voi davanti al Padre; e quando parlate con un amico, lodate Dio, non solo a parole, ma con il vostro comportamento, perché così desidererà seguire il Cristo.
Tutti hanno prove e dolori da sopportare e forti tentazioni da vincere. Invece di raccontarli ai vostri simili presentate i vostri problemi a Dio, in preghiera. Proponetevi di non dire mai una parola che porti al dubbio e allo scoraggiamento: potrete fare molto per illuminare la vita degli altri, per rendere più efficace il loro impegno, se saprete pronunciare parole di speranza e di incoraggiamento.
Molte persone, nonostante siano coraggiose, sono oppresse dalla tentazione quasi fino a soccombere nella lotta contro l’egoismo e il male; incoraggiatele ad affrontare questa dura lotta con parole di speranza che le aiutino ad andare avanti. In questo modo la luce del Cristo che risplende in voi, illuminerà gli altri. «Nessuno di noi infatti vive per se stesso o muore per se stesso» (14:7). Il nostro esempio potrà incoraggiare, oppure potrà sviare e allontanare dal Cristo e dalla verità.
Molti hanno un’idea sbagliata della vita e del carattere di Gesù: lo immaginano privo di calore umano, pessimista, severo, triste e pensano che anche l’esperienza religiosa sia così.
Spesso oltre a dire che Gesù pianse, si sostiene che egli non abbia mai sorriso. È vero che il Salvatore ha sofferto molto, perché era sensibile a tutte le disgrazie umane; è vero che ha vissuto una vita fatta di rinunce, rattristata da dolori e preoccupazioni, ma non si è mai abbattuto. L’espressione del suo volto non era mai preoccupata o addolorata, anzi ispirava sempre pace e serenità; ovunque andasse Gesù, portava gioia e felicità perché da lui proviene la vita.
Come il Salvatore dimostrava sempre grande serietà e impegno, senza mai essere imbronciato o depresso, così la vita di coloro che lo imitano sarà caratterizzata da seri propositi e da un profondo senso del dovere; essi eviteranno ogni leggerezza, ogni divertimento volgare e ogni scherzo offensivo. La religione di Gesù è caratterizzata dalla serenità, non soffoca la gioia, non limita l’allegria né rattrista chi è sorridente e gioioso. Se colui che è venuto per servire e non per essere servito, regna nei nostri cuori, noi ne seguiremo l’esempio.
Se continuiamo a pensare ai torti e agli sgarbi che gli altri ci hanno fatto, non riusciremo ad amarli come il Cristo ci ha amati; occorre soffermarsi sul meraviglioso amore e sulla pietà che Gesù ha dimostrato per noi, se vogliamo manifestare agli altri il suo stesso spirito. Dovremmo amarci e rispettarci reciprocamente nonostante le colpe e le imperfezioni che non possiamo evitare di scorgere. Dovremmo cercare di essere umili, di non avere un concetto troppo elevato di noi stessi e di mostrare pazienza e delicatezza per gli errori degli altri, perché così elimineremo il nostro gretto egoismo diventando più generosi.
Il salmista dice: «Abbi fiducia nel Signore e fa’ il bene…» (Salmo 37:3). Quando ci incontriamo con gli altri, con quale facilità parliamo delle difficoltà, dei dubbi, delle prove che ogni giorno dobbiamo affrontare! Imponiamo agli altri di ascoltare tante preoccupazioni, ci soffermiamo su tanti timori, parliamo di apprensioni così serie, che si direbbe non abbiamo un Salvatore pietoso e affettuoso pronto ad accogliere le nostre richieste e ad aiutarci ogni volta che ne abbiamo bisogno.
Molti, pur essendo ogni giorno circondati dalle manifestazioni dell’amore di Dio, sono continuamente preoccupati. Essi non notano le benedizioni che Dio concede continuamente e di cui dovrebbero essergli grati, perché la loro attenzione è sempre rivolta a ciò che di spiacevole potrebbe loro accadere o a qualche piccola reale difficoltà. I problemi che incontrano, invece di guidarli a Dio – il solo che potrebbe aiutarli – li separano da lui rendendoli inquieti e nervosi.
Perché essere così increduli, ingrati e diffidenti? Gesù è il nostro amico e tutto il cielo desidera il nostro bene. Non dovremmo permettere che le perplessità e le preoccupazioni della vita quotidiana ci angoscino, perché ci sarà sempre qualcosa che ci tormenterà. Non soffermiamoci più su quelle preoccupazioni che ci logorano l’esistenza e non ci aiutano a sopportare le prove!
Se avete problemi per il lavoro, se il futuro vi appare sempre più cupo, se siete minacciati da gravi perdite, non vi scoraggiate: affidate tutto all’Eterno restando calmi e sereni. Chiedete in preghiera la saggezza necessaria per condurre i vostri affari con intelligenza e vi risparmierete perdite e fallimenti. Fate tutto il possibile per ottenere il successo, perché Gesù non vi aiuterà se non vi impegnerete in prima persona. E quando, confidando nel suo aiuto, avrete fatto tutto il possibile, accettate con serenità il risultato.
Dio non vuole che il suo popolo sia sopraffatto dalle preoccupazioni, ma non ci inganna, non ci dice: «Non abbiate paura, non dovrete affrontare nessun pericolo». Egli sa che le prove e i pericoli esistono e non allontana i suoi figli da questo mondo di peccato e di male ma, come disse in questa preghiera, indica loro un rifugio sicuro: «Io non ti prego di toglierli dal mondo, ma di proteggerli dal Maligno» (Giovanni 17:15). Gesù aveva anche detto: «… tutto questo perché troviate in me la pace. Nel mondo avrete dolori; coraggio, però! Io ho vinto il mondo» (16:33).
Nel sermone sul monte, egli aveva trasmesso ai suoi discepoli importanti insegnamenti sulla necessità di confidare in Dio. Essi sono validi per i credenti di tutte le epoche e sono sempre stati ricchi di spunti di riflessione e motivi di consolazione. Il Salvatore attirò l’attenzione dei suoi discepoli sugli uccelli che cantano, spensierati, perché anche se «non seminano, non raccolgono», il Padre provvede alle loro necessità. «Ebbene, voi non valete forse più di loro?» (Matteo 6:26) chiede il Salvatore. Colui che sostiene tutte le sue creature, dagli uomini agli animali, si preoccupa anche degli uccelli e provvede al loro sostentamento. È vero che questi animali devono impegnarsi per procurarsi il cibo, raccogliere i semi, costruire il nido, nutrire i piccoli, ma lavorano e cinguettano felici perché Dio li nutre. E noi creature intelligenti, capaci di vivere una dimensione spirituale, non contiamo forse più degli uccelli? Colui che ci ha creati, che ci mantiene in vita, che ci ha formati alla sua immagine, non provvederà forse alle nostre necessità se confidiamo in lui?
Il Cristo ha attirato l’attenzione dei suoi discepoli anche sui fiori che nei campi crescono in abbondanza e che il Signore, per esprimere il suo amore per l’uomo, ha rivestito di splendida, ma semplice bellezza, dicendo: «Guardate come crescono i fiori dei campi» (v. 28). La semplicità di questi fiori supera lo splendore di Salomone; il più sontuoso abbigliamento che un artista possa creare non regge al paragone con la bellezza naturale e luminosa dei fiori creati da Dio. Gesù chiede: «Se dunque Dio rende così belli i fiori dei campi che oggi ci sono e il giorno dopo vengono bruciati, a maggior ragione procurerà un vestito a voi, gente di poca fede!» (v. 30). Se Dio dona tinte così varie e delicate ai fiori che dopo un giorno appassiscono, quanta cura avrà per coloro che ha creato alla sua immagine! Con questa lezione Gesù ci rimprovera ogni volta che siamo assorbiti dalle preoccupazioni, quando dubitiamo, siamo perplessi e dimostriamo poca fede.
Il Signore vuole che i suoi figli siano felici e che gli ubbidiscano con serenità; per questo dice: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. La pace che io vi do non è come quella del mondo: non vi preoccupate, non abbiate paura» (Giovanni 14:27). «Vi ho detto questo, perché la mia gioia sia anche vostra, e la vostra gioia sia perfetta» (15:11).
La felicità ricercata nella soddisfazione del proprio egoismo, trascurando il dovere, è volubile, passeggera e lascia nell’animo un senso di vuoto e di amarezza; servire Dio, invece, assicura gioia e soddisfazione. Come cristiani non siamo senza certezze, non dobbiamo sopportare delusioni e sofferenze inutili e se non godiamo i piaceri di questa vita, potremo sempre rallegrarci al pensiero della vita futura.
Possiamo già provare la gioia della comunione con il Cristo, essere illuminati dal suo amore e confortati dalla sua presenza. Ogni occasione ci può avvicinare a Gesù, al regno della pace e farci sentire più profondamente il suo amore. Non rinunciamo ad avere fiducia, ma crediamo sempre più fermamente alle promesse divine, perché l’Eterno, che fin qui ci ha protetti, (cfr. 1 Samuele 7:12) ci sosterrà sino alla fine. Richiamiamo alla nostra mente ciò che il Signore ha fatto per consolarci e liberarci dal nemico, ricordiamo la misericordia e l’attenzione che Dio ha dimostrato per noi, le lacrime asciugate, i dolori leniti, le preoccupazioni e i timori allontanati, le necessità a cui ha provveduto, le benedizioni che abbiamo ricevuto, perché pensare a tutto questo ci incoraggia per affrontare le difficoltà future.
Anche se non possiamo evitare di pensare ai problemi e alle lotte che ci attendono, considerando il passato ed esaminando il futuro, possiamo dire: «… è il Signore che ci ha aiutati fin qui» (1 Samuele 7:12).
Impegniamoci subito, certi che nessuna prova sarà impossibile e che qualunque cosa possa succedere avremo la forza per superarla.
Tra poco si apriranno le porte del cielo per farvi entrare i figli di Dio, che sentiranno direttamente dal Re di gloria questa meravigliosa benedizione: «Venite, voi benedetti dal Padre mio; entrate nel regno che sta preparando per voi fin dalla creazione del mondo» (Matteo 25:34).
I redenti, allora, saranno accolti nel regno che Gesù ha preparato per loro, dove non dovranno più condividere l’esistenza con i ladri, gli idolatri, i malvagi, i vigliacchi, gli increduli, ma solo con coloro che hanno vinto Satana e per grazia divina hanno ottenuto un carattere perfetto. Tutto ciò che li induceva a peccare, ogni imperfezione che li addolorava saranno cancellati dal sacrificio del Cristo ed essi vivranno nella grandezza e nello splendore della sua gloria che supera la luminosità del sole. La bellezza interiore e la perfezione del carattere del Cristo avranno più valore di qualsiasi manifestazione esteriore. Davanti al grande trono di Dio i redenti condivideranno, liberati dal peccato, la dignità e la gloria degli angeli. Di fronte a questa preziosa eredità che può diventare nostra «… c’è qualcosa che un uomo potrà dare per riavere, in cambio, la propria vita?» (16:26).
Per quanto possa essere misero, egli acquisirà una ricchezza interiore e una dignità che ora nessuno possiede su questa terra. Colui che è salvato, è stato purificato dal peccato e ha consacrato a Dio tutte le sue più nobili facoltà, ha ai suoi occhi un grande valore e la sua redenzione suscita in Dio e nei suoi angeli una grande gioia espressa da canti di trionfo.