11 – La gestione cristiana della vita e la salvezza

creazionedi Angel Rodriguez

Nell’Antico Testamento abbiamo visto che la gestione cristiana della vita ha come punto d’inizio, il dono della creazione e della vita. Dio ha creato degli esseri dotati d’intelligenza e ha loro assegnato come missione quella di rappresentarlo in questo mondo.

Nel Nuovo Testamento l’idea della gestione della vita è fondata sul dono della salvezza che Dio accorda in Gesù Cristo. Nell’Antico come nel Nuovo Testamento, è il Signore che dona e colui che riceve e gestisce ogni cosa è l’economo di Dio che è stato creato e ricreato in e per Gesù Cristo.

A. Gesù Cristo, immagine e garante di Dio

Per liberare il pianeta dal peccato Dio aveva bisogno di un dirigente fedele, che avrebbe dovuto rappresentare correttamente la Sua immagine nel mondo separato da Lui. Ciò fu attuato da Gesù Cristo.

Molti testi nel N.T. si riferiscono a Gesù come “immagine di Dio”: “il quale è l’immagine dell’invisibile Iddio, il primogenito d’ogni creatura” (Colossesi 1:15). Questo testo fa allusione a Genesi 1:27, dove Adamo ed Eva sono additati come immagine di Dio e come tali dovevano rappresentarlo nel modo animale e nella creazione.

In questo testo è Gesù Cristo che è presentato come immagine di Dio. Riguardo al titolo “primogenito”, esso indica la sua supremazia come rappresentate dell’Altissimo. Questo titolo mette in luce il suo carattere unico come agente e signore della creazione.

Nel contesto della lettera ai Colossesi la manifestazione di Dio in Gesù Cristo è una vera rivelazione del Signore destinata alle sue creature. Questa idea è chiaramente espressa in 2 Corinzi 4:4, dove l’espressione “immagine di Dio” evidenzia la funzione di Gesù in qualità di rivelatore della gloria del Padre.

Egli porta l’immagine divina non come qualcosa che Gli è stata donata, ma come qualcosa inerente alla Sua persona (Ebrei 1:3). Quest’uomo, Gesù, immagine di Dio, è il vero rappresentate di Dio. L’apostolo scrive al riguardo: “Il Padre ama il Figliuolo, e gli ha dato ogni cosa in mano”.(Giovanni 3:35).

Dare a qualcuno pieno potere su tutte le cose significa ritenerlo degno di fiducia e dargli piena autorità su tutto. In Matteo 11:27, Gesù afferma: «Mio Padre ha rimesso tutte le cose nelle mie mani». Il Padre ha dato a Gesù le responsabilità che Egli ha assunto come economo fedele e in qualità di figlio. La loro relazione è fondata sul reciproco amore. Questo versetto parla della missione di Cristo come Salvatore. Questo mandato è il più importante che Dio ha assegnato ad un suo amministratore – lo ha affidato a suo figlio.

Gesù Cristo, in qualità d’intendente di Dio, esegue nel Suo nome il piano della salvezza. E’ nel disegno del Padre di riunire tutte le cose in e per Gesù Cristo. Questo piano della salvezza è «realizzato» da Cristo stesso. “Facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo il disegno benevolo che aveva prestabilito dentro di sé, per «realizzarlo» quando i tempi fossero compiuti. Esso consiste nel raccogliere sotto un solo capo, in Cristo, tutte le cose: tanto quelle che sono nel cielo, quanto quelle che sono sulla terra.” (Efesini 1:9-10).

Il verbo realizzare è una traduzione del greco «eis oikonomian» che significa «in vista dell’amministrazione». La parola greca «oikonomia» è all’origine del nostro termine «economo».

Nella sua lettera agli Efesini, Paolo sembra suggerire che Cristo è l’amministratore mediante il quale Dio mette in opera il suo piano per il mondo: un programma che è in corso di svolgimento e che raggiungerà il culmine quando i tempi saranno compiuti (letteralmente, nella pienezza dei tempi). Il Cristo, in qualità di amministratore, è responsabile della «casa di Dio», la chiesa (Ebrei 3:6); ed opera anche la riconciliazione dell’universo (Colossesi 1:20).

Gesù si è sottomesso spontaneamente al Padre e segue scrupolosamente le sue istruzioni relative al modo di realizzare il piano della salvezza (Giovanni 17:2,4). Dove Adamo ed Eva hanno fallito, Egli è stato un amministratore fedele.

Laddove Adamo ed Eva avevano cercato di essere indipendenti nei confronti di Dio, cercando di essere come Lui, Gesù Cristo, “pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce” (Filippesi 2:6-8).

Gesù Cristo fu un amministratore unico nel suo genere: in effetti, per salvare la vita di coloro che Gli erano stati assegnati, Egli sacrifica se stesso in loro favore (Romani 5:6). Egli ha dato tutto quel che possedeva affinché fosse preservata la razza umana, della quale aveva la responsabilità come amministratore del Signore.

Quando Mosé propose di morire spontaneamente al posto del popolo d’Israele, Dio rigetta questa offerta (Esodo 32:31-33). Questa missione era stata riservata al Dio/Uomo, a Gesù Cristo, il figlio di Dio. “Infatti voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesú Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per voi, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventar ricchi” (2 Corinzi 8:9). Nella lettera ai Filippesi, l’apostolo afferma la stessa cosa scrivendo che il Salvatore “spogliò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini”(2:7). In Effetti, Gesù Cristo rinunciò ai suoi diritti di usare la Sua divinità e si sottomise umilmente alla volontà di suo Padre. Tale è stato il ruolo che Egli ha realizzato nella sua vita, ed è in questo modo che s’è assunto le responsabilità d’amministratore di Dio.

B. La reintegrazione dei dirigenti

Un credente, è qualcuno che riconosce ed accetta che Cristo sia l’immagine di Dio e che è disposto ad essere reso conforme a quest’immagine. Ma prima, bisogna che ponga fine all’alienazione psicologica di peccatore. In altre parole il peccatore deve far pace con Dio, accettare di giocare (avere) un ruolo utile nel mondo, smettere di lottare egoisticamente per sopravvivere ed essere liberato dalla schiavitù del peccato che gli impedisce d’essere un fedele intendente del Signore.

Tutto ciò è realizzabile solo in Gesù Cristo che ci ha riconciliati con Dio, che rende possibile la nostra giustificazione per la fede e che ci ha riscattati dalla potenza del peccato.

Lo spirito di rivolta insito nei nostri cuori non può essere vinto che grazie all’opera di Cristo, che ha reso possibile la nostra riconciliazione con Dio, la quale è una chiara manifestazione dell’amore divino che si è sacrificato (Romani 5:8-10). In Gesù Cristo Dio riconcilia il mondo con Se stesso (2 Corinzi 5:19). In altre parole, grazie all’opera di Cristo, Dio rinuncia alla sua collera nei confronti del peccatore, rendendo possibile la nostra riconciliazione con Lui.

Prendendo questa iniziativa il Signore manifesta il suo amore, soffocando il nostro spirito di ribellione e invitandoci a riconciliarci con Lui (2 Corinzi 5:20). Ciò è stato possibile perché “Colui che non ha conosciuto peccato, egli lo ha fatto diventare peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (2 Corinzi 5:21).

Mediante la croce Dio ci fa comprendere che non ci sono delle ragioni plausibili per le quali dobbiamo essere in guerra contro di Lui, visto che Egli non smette mai di amarci. La riconciliazione consiste nel riconoscere ed accettare il nostro ruolo nell’universo. Essa consiste ugualmente nel rifiutare tutte le idee o i variegati tentativi di usurpare la Sua autorità o i Suoi di diritti di sovranità.

Introducendo lo sviluppo sulla riconciliazione nella lettera ai Colossesi, l’apostolo Paolo scrive: “Poiché in lui sono state create tutte le cose che sono nei cieli e sulla terra, le visibili e le invisibili: troni, signorie, principati, potenze; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui”. (Colossei 1:16).

Dio ha attuato la creazione per mezzo di Cristo; conseguentemente, tutte le cose appartengono al Salvatore. Ancor più, Egli è colui che sostiene l’universo: “Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui” (Col. 1:17). Tuttavia, è Lui che sulla croce è morto al nostro posto, a causa della nostra insurrezione, rendendo possibile la nostra riconciliazione con Dio (2 Corinzi 5:14,15,21; Efesini 2:3-5). La riconciliazione implica che noi riconosciamo che Dio è il sovrano maestro dell’universo e che accettiamo il nostro ruolo di amministratori dei suoi beni. Coloro che sono stati riconciliati con il Signore “non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro” (2 Corinzi 5:15).

Vivere per sé è una chiara manifestazione del nostro egoismo, che ci rende impossibile essere fedeli dirigente di Dio. Dopo che Adamo ed Eva hanno ceduto al peccato, gli esseri umani si sono sforzati costantemente di preservare la loro vita mediante sforzi personali. Gesù Cristo ha risolto anche quest’aspetto del peccato. L’egoismo fa di noi dei dirigenti inefficaci per le sue benedizioni, perché tutto ciò che riceviamo dal Signore lo teniamo per noi stessi, per sentirci sicuri e per avere la certezza di gioire personalmente della vita su questa terra. Un simile egoismo non ha nulla a che fare con il prossimo, ma semplicemente manifesta uno spirito legato all’istinto di conservazione indipendentemente da Dio.

Il rimedio a questo grave peccato risiede nella morte espiatoria di Cristo sulla croce che ci ha permesso di essere giustificati per fede in Lui (Romani 3:21-26). La giustificazione significa che noi siamo stati assolti dal tribunale divino perché Gesù Cristo ha preso il nostro posto. La difesa della vita non è dunque un nostro affare, ma di Dio. In Gesù Cristo Il Signore ci ha accordato gratuitamente la vita come dono della sua grazia (5:18). Prima della Sua venuta noi eravamo spiritualmente morti a causa delle nostre trasgressioni (Efesini 2:1). Ma in Cristo, Dio ci ha fatto rivivere mediante la rivelazione della sua grazia: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio” (Efesini 2:8).

La morta espiatoria di Cristo prova che l’amore di Dio che si è sacrificato ha trionfato sul male. Il Cristo ha dato la sua vita affinché la nostra vita sia preservata quando la abbandoniamo nelle mani del Signore in una relazione di fiducia e vivente (Matteo 16:25). Al di fuori di Cristo, non c’è vita in noi (Giovanni 6:53: 10:10).

L’unico mezzo per cui noi abbiamo la vita è la giustificazione per fede (Romani 5:18). Conseguentemente non sono più io ad essere al centro della mia vita, ma Gesù Cristo. Oramai, viviamo per lui e per la sua gloria (Romani 6:10-11). L’apostolo Paolo descrive con un linguaggio vivente l’eliminazione del suo egoismo personale grazie all’opera di Cristo sulla croce.

“Sono stato crocifisso con Cristo: non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me! La vita che vivo ora nella carne, la vivo nella fede nel Figlio di Dio il quale mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Galati 2:20).

La liberazione dalla schiavitù del peccato è stata realizzata perché Dio, in Gesù Cristo, ci ha riscattati. “Poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire, e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” (Marco 10:45).

Il peccato ci ha resi schiavi, incapaci di servire Dio ed il prossimo (Romani 6:6); esso ha fatto di noi degli esseri votati alla morte eterna (Romani 6:23). Sulla croce siamo stati liberati dal peccato e dalla morte: “Poiché dunque i figli hanno in comune sangue e carne, egli pure vi ha similmente partecipato, per distruggere, con la sua morte, colui che aveva il potere sulla morte, cioè il diavolo, e liberare tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi per tutta la loro vita” (Ebrei 2:14-15).

In Gesù Cristo l’Altissimo ha pagato il prezzo della nostra redenzione, grazie al sangue prezioso del Salvatore, “agnello puro e senza difetto” (1 Pietro 1:19).

Coloro che credono in Gesù Cristo, Gli appartengono, come Paolo scrive ai Corinzi: “Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio? Quindi non appartenete a voi stessi. Poiché siete stati comprati a caro prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro corpo” (1 Corinzi 6:10-20).

La redenzione significa che noi non siamo più sotto il potere del peccato, perché Dio ha riscattato le nostre vite in Gesù Cristo. Le nostre vite non ci appartengono più, ma Egli ci dà la facoltà di gestirle come conviene affinché possiamo capire quale era il suo piano sin dalle origini riguardo le sue creature, essere suoi amministratori. Ciò è possibile grazie al dono dello Spirito Santo che il Signore accorda a tutti coloro che credono in Cristo. Dal momento in cui accettiamo Gesù, il credente “non vive più secondo la natura umana, ma secondo lo spirito” (Romani 8:4).

“Infatti quelli che sono secondo la carne, pensano alle cose della carne; invece quelli che sono secondo lo Spirito, pensano alle cose dello Spirito” (Romani 8:5). “Voi però non siete nella carne ma nello Spirito, se lo Spirito di Dio abita veramente in voi. Se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, egli non appartiene a lui” (Romani 8:9).

Una teologia della gestione cristiana della vita non riposa solamente sul concetto della creazione e su quello che era il progetto di Dio prima del peccato, ma anche sulla redenzione in Cristo Gesù, che ci permette di divenire ciò che Dio vuole che ciascuno di noi sia.

Tramite la potenza dell’evangelo Dio ripara i danni provocati dal peccato (Romani 1:16-17).

Grazie alla nostra riconciliazione in Gesù Cristo la nostra sommossa contro il Signore cessa e noi riconosciamo Dio come nostro Creatore, Sostenitore, Preservatore, Sovrano e Maestro dell’universo.

In questo modo ritroviamo il nostro posto nel piano divino; diveniamo “servitori” del Dio che ama e non più proprietari illegali del mondo e delle nostre vite. Tutto ciò grazie alla giustificazione per fede.

C. L’immagine di Dio restaurata

Grazie all’opera di Cristo e per mezzo dell’influenza dello Spirito Santo l’immagine di Dio viene restaurata in noi. E’ sempre stato nei disegni divini che il peccatore pentito acquisisca l’immagine di Gesù, il suo carattere. Infatti sta scritto: “Perché quelli che Egli ha preconosciuti, li ha pure predestinati ad esser conformi all’immagine del suo Figliuolo, ond’egli sia il primogenito fra molti fratelli” (Romani 8:29).

L’aggettivo «conforme» è rapportato alla santificazione, che consiste in una conformità progressiva alla persona di Cristo, il quale è l’eikon (l’immagine) di Dio. Si tratta, quindi, di un rinnovamento progressivo del credente rassomigliando sempre più a Dio. Ciò è chiaramente affermato in 2 Corinzi 3:18: Lettura da: “E noi tutti contemplando a viso scoperto, come in uno specchio, la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine di lui, di gloria in gloria, secondo che opera il Signore, che è Spirito”.

In effetti, la restaurazione dell’immagine di Cristo in noi sarà pienamente realizzata solamente quando ritornerà (1Corinzi 15:49). Nell’attesa, l’importante è che quest’immagine sia già presente e restaurata virtualmente in noi nella persona di Gesù Cristo; in questo modo, siamo reintegrati nella nostra funzione originale come amministratori di Dio.

Secondo il Nuovo Testamento la prima responsabilità del dirigente cristiano è la buona gestione della grazia di Dio, in altre parole la proclamazione dell’evangelo (1 Corinzi 9:18; Efesini: 3:2-8). I credenti sono dunque degli “amministratori dei misteri di Dio” (1 Corinzi 4:1).

Come Cristo anche noi partecipiamo alla gestione del piano della salvezza (Colossesi 1:25). Questa missione non implica solamente la proclamazione dell’evangelo, ma anche il dovere di vivere in accordo con il suo ideale morale, dottrinale e spirituale.

In più, siamo anche amministratori dei doni di Dio. Questo ruolo fa parte della gestione della grazia divina perché, nella chiesa, questa grazia si manifesta tramite l’effusione dei doni su ogni credente (1 Pietro 4:10). In quest’ottica la gestione cristiana della vita si caratterizza in una disposizione a servire gli altri.

Quando l’apostolo Pietro invita la comunità a gestire fedelmente i doni ricevuti dal Signore, egli vuole sostenere che noi siamo degli amministratori di tutto ciò che abbiamo, perché abbiamo ricevuto tutto da Dio. Tutti i beni del credente devono essere gestiti per la Sua gloria. Ciò ingloba tutto quello che egli ci dato alla creazione, compreso il nostro corpo (1 Corinzi 6:1,20) e le nostre risorse materiali e finanziarie.

Il credente che ha la convinzione che Dio ha creato e riscattato tutte le cose in Gesù Cristo e che, di conseguenza, tutto Gli appartiene, non si considera mai proprietario dei suoi beni, ma un dirigente di Dio in Cristo.

D. La gestione cristiana della vita e la fine dei tempi

L’importanza che il Nuovo Testamento accorda all’escatologia (gli ultimi avvenimenti) che annuncia la distruzione dei malvagi e la deflagrazione del mondo (vedere 2 Pietro 3:8-10) potrebbe indurci a farci credere che la nostra responsabilità di amministratori del Signore non includa il dovere di rispettare la natura.

Perché dobbiamo avere cura di ciò che sarà distrutto da Dio?

Ragionando in questo modo commettiamo un grave errore. Infatti, il Nuovo Testamento mostra che il Signore si interessa al mondo della natura: Egli nutre gli uccelli del cielo che non seminano e non mietono (Matteo 6:26), veglia sulla vita dei passeri (Matteo 10:29) e riveste la campagna di erba verdeggiante (6:28-30).

In nessuna parte della Bibbia il mondo viene descritto come un elemento malvagio. Al contrario, il mondo è buono perché Dio l’ha creato e la premura nei suoi confronti diviene un esempio dal quale i suoi amministratori traggono degli insegnamenti o s’ispirano. Essi devono dunque trattare con rispetto e con cura ciò che appartiene al loro Signore. Solo i malvagi distruggono la terra ma, al tempo voluto, Dio li distruggerà (Apocalisse 11:18).

La conflagrazione finale del mondo naturale, deve essere concepita come un atto di redenzione dal quale scaturirà un rinnovamento della creazione e non la sua eliminazione. Noi siamo dunque al punto di transizione tra un mondo contaminato dal peccato e dal male da una parte, e un mondo che sarà liberato dall’altra.

Non si tratta di un rifiuto della natura, ma della riaffermazione del suo valore. Il destino della natura può essere messo in contrasto con le forze del male e con il loro operato. Queste saranno totalmente distrutte, sradicate dall’universo, senza alcuna speranza di ricreazione; saranno condannate perché hanno una funzione malvagia. Ma ciò non accadrà alla natura. La deflagrazione finale, infatti, significa la sua liberazione.

In Romani 8:19-22 l’apostolo Paolo personifica il mondo della natura e dichiara che in ragione della sua solidarietà con gli essere umani questo mondo è stato “sottoposto alla vanità non di sua volontà”. La natura è stata contaminata dal peccato che l’uomo ha introdotto nell’universo. Essa è stata sottomessa al potere della fragilità “non di sua propria volontà, ma a motivo di colui che ve l’ha sottoposta” (v.20). Essa si trova attualmente in uno stato di schiavitù e di degrado. (Romani 8:20-21).

In secondo luogo la natura vive nella speranza della realizzazione della promessa di una redenzione futura che conosceranno gli essere umani alla fine del mondo. Il Cristo è venuto per offrire la libertà a coloro che credono in lui e con loro anche la natura sarà liberata: “anche la creazione stessa sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella gloriosa libertà dei figli di Dio” (21). Lungi dal pensare che la natura parteciperà alla distruzione eterna dei malvagi, essa spera di accedere alla libertà dei figli di Dio.

Per Paolo la condizione presente della natura è transitoria: essa conoscerà un fine storico che consiste nella sua liberazione associata a quella dei figli di Dio. Essa aspetta!

L’esperienza escatologica ingloba anche il mondo della natura; la liberazione del popolo di Dio include anche quella della natura. Questa visione positiva della natura rappresenta una forza che motiva l’amministratore cristiano, il quale deve per se stesso essere incoraggiato a prendere cura della natura e ad agire responsabilmente davanti a Dio, preservandola e proteggendola, poiché il destino degli uomini e quello della natura sono misteriosamente legati.

Conclusioni

Il nostro studio sul significato teologico della gestione cristiana della vita ha dato luogo ad una riflessione sulla natura di Dio. Prima che tutte le cose venissero all’esistenza, Dio era là. In altre parole, Egli è eterno, sufficiente a se stesso. Il nostro ruolo di dirigenti non ha per oggetto di arricchirlo o di soddisfare i suoi bisogni, poiché Egli è sufficiente a se stesso. La gestione cristiana della vita è un privilegio che consiste nell’agire in collaborazione con questo Dio misterioso e sublime. Come Creatore, Egli è Unico, Incomparabile, Trascendente, Immanente e Sovrano. E’ in relazione a questo Dio che noi siamo contabili e amministratori. La Sua trascendenza ci evita di divinizzare la natura, la Sua immanenza ci mostra la Sua cura per la creazione e ci permette di esercitare il ruolo di amministratori. Dio il creatore è il proprietario per eccellenza; così non dobbiamo rivendicare nessun diritto di proprietà.

Il credente recherebbe danno a se stesso se come amministratore cercasse di guadagnarsi l’amore di Dio. Il Signore ci ama perché è amore. Quando un economo gestisce i Suoi doni, l’amore divino diventa per lui un modello da imitare.

La nostra riflessione sulla natura umana ci ha permesso di concludere che siamo delle creature di Dio. Nella preservazione della nostra vita noi siamo collaboratori di Dio: siamo gli amministratori della nostra vita.

Poiché viviamo nel tempo e nello spazio, siamo anche amministratori del tempo e di quello che ci circonda.

Siamo stati creati ad immagine di Dio. Quest’immagine dobbiamo esprimerla in tutti gli aspetti del nostro essere. Di conseguenza, siamo amministratori del nostro corpo, della nostra vita spirituale, delle nostre capacità mentali ed intellettuali e delle nostre attitudini a vivere nella società. Essendo stati creati ad immagine di Dio siamo stati investiti del potere di dominare la natura. C’è stata affidata la responsabilità di gestire la natura per il Signore come suoi rappresentati.

La dottrina biblica del peccato evidenzia il fatto che la nostra funzione di economi di Dio è stata gravemente perturbata dal peccato. Esso come ribellione, significa che gli uomini rivendicano dei diritti di proprietà sulla loro vita e sul mondo. Il risultato è un comportamento egoista nella preservazione della vita, dell’umanità e della natura. Divenuti schiavi del peccato, gli uomini sono incapaci di adempiere il ruolo fedele come gestori di Dio.

La dottrina della salvezza in Gesù Cristo ci offre la possibilità di ristabilire il nostro ruolo originale di economi di Dio. In questo mondo di peccato separato dal cielo, Dio ha inviato Suo Figlio in qualità di vero amministratore: Egli è per eccellenza l’immagine di Dio. Facendosi uomo, Gesù Cristo, è divenuto amministratore del piano della salvezza.

Per salvare la vita di coloro che gli sono stati dati, egli ha donato la Sua vita. La Sua morte espiatoria, ci ha riconciliati con il Creatore, permettendo così di mettere fine alla nostra ribellione contro Dio, riconoscendo Dio come unico vero proprietario dell’universo e delle nostre vite.

Dal momento in cui accettiamo la morte di Cristo come mezzo della giustificazione, la preoccupazione di conservare la nostra vita scompare. Dio in Gesù Cristo è colui che salvaguarda le nostre vite; possiamo dunque avere piena fiducia in Lui e rinunciare al nostro egoismo. La liberazione dalla schiavitù del peccato è una realtà, perché il Salvatore ci ha liberati sulla croce. Noi gli apparteniamo per il diritto di redenzione. In questo modo, grazie alla potenza santificante dello Spirito Santo, possiamo essere trasformati secondo l’immagine del figlio di Dio ed essere reintegrati nella nostra funzione di economi di Dio.

Una delle principali responsabilità dell’amministratore del Signore consiste nella gestione cristiana della verità evangelica; ciò ingloba la predicazione del suo messaggio ed il dovere di sottomettere le nostre vite. Ma siamo anche garanti di tutti i doni che il Signore ci ha offerto (dato); in modo speciale, noi siamo garanti della natura. Le nostre convinzioni in materia escatologica non dovrebbero ridurre l’interesse verso la natura. La nostra speranza è fissata sulla realizzazione della nostra liberazione dalla presenza del peccato e sulla restaurazione del mondo della natura.

Tratto da “La gestion chrétien de la vie, di Angel Rodriguez, ed. Vie e Santé, 1996, BP 59, Dammarie-lès-lys Cedex, France.

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