Dio vuole esserci vicino
Angel Manuel Rodriguez (1)
Era stata una giornata lunga e faticosa. Gli israeliti avevano raggiunto finalmente il luogo in cui avrebbero vissuto il momento culminante del loro pellegrinaggio; ora potevano fare una sosta.
Ricevettero l’ordine di accamparsi intorno a un’imponente montagna e mentre piantavano le loro tende sbirciavano furtivamente il Sinai.
Gli israeliti sarebbero stati testimoni della più grande rivelazione della gloria di Dio e avrebbero udito la sua voce. Un’esperienza entusiasmante! Dio stava per manifestarsi in modo visibile (cfr. Esodo 19:11).
Il Sinai sarebbe diventato il primo santuario per Israele e questa esperienza sarebbe continuata tramite la costruzione del tabernacolo. Dal Sinai Dio disse a Mosè: «E mi facciano un santuario perch’io abiti in mezzo a loro» (Esodo 25:8).
Studiando le caratteristiche e le funzioni di questo santuario terreno possiamo comprendere meglio quelle del santuario celeste. La funzione del tempio israelita sulla terra simboleggiava quella del santuario celeste nell’universo.
Una dimora
L’idea di una dimora divina in un santuario o tempio non era prerogativa esclusiva degli israeliti, ma era abbastanza comune nell’antico Medio Oriente. A quell’epoca venivano collocate nei templi delle immagini a cui si attribuiva una natura divina affinché gli adoratori potessero soddisfare le aspettative della divinità tramite doni e sacrifici.
Poiché si credeva che gli idoli avessero esigenze simili a quelle umane, i sacrifici erano considerati cibi per gli dèi. In altre parole, provvedendo al sostentamento delle divinità che abitavano in quei luoghi, gli adoratori credevano di poter acquisire il favore e le benedizioni divine.
Il santuario israelita, invece, non era stato edificato per soddisfare le esigenze fisiche del Signore, ma perché Dio provvedesse ai bisogni del popolo. Tramite il santuario Dio assicurava a Israele la sua santa presenza. Si rendeva disponibile in una precisa frazione dello spazio. In questo modo Dio comunicava la preziosa verità di un Dio sempre presente, che vuole vivere con il suo popolo. Questa condiscendenza divina presuppone l’amore di Dio per tutti e non la collera di una divinità che bisogna propiziarsi. Il santuario è la testimonianza dell’amore e della presenza di Dio.
La Bibbia insegna che Dio ha anche un santuario celeste di cui il tempio israelita era una semplice copia o «un’ombra» (cfr. Ebrei 8:1,2,5). Giovanni si riferisce molte volte a questo santuario celeste (cfr. Apocalisse 11:19; 14:17). Il salmista dice che «L’Eterno è nel tempio della sua santità; l’Eterno ha il suo trono nei cieli…» (Salmo 11:4). Il tempio celeste è il luogo in cui c’è il trono di Dio, in cui Dio abita fra gli esseri celesti (cfr. Daniele 7:9,10; Apocalisse 4:2-7).
La Bibbia afferma che Dio non può essere circoscritto nello spazio. Salomone disse: «Ma è egli proprio vero che Dio abiti sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli de’ cieli non ti posson contenere; quanto meno questa casa che io ho costruita!» (1 Re 8:27). Il Creatore è infinitamente più grande di tutto ciò che ha creato.
Un luogo d’incontro
Poco prima dell’esodo dall’Egitto, Dio aveva dato un appuntamento agli israeliti. Aveva ordinato a Mosè di condurre il popolo al Sinai, per incontrarlo su quella montagna (cfr. Esodo 3:12). Si trattava di un luogo di incontro transitorio e quando vi giunsero il Signore chiese che venisse costruito un santuario: «In quel luogo mi incontrerò con gli Israeliti…» (Esodo 29:43 Tilc).
Il verbo tradotto con «incontrare» deriva dall’ebraico ya’ad. In italiano potrebbe essere tradotto con «venire, mostrarsi, avere un appuntamento». Queste sfumature sono strettamente collegate. Avere un appuntamento implica la volontà di venire o presentarsi nel luogo dell’incontro. Questo luogo è il santuario che è stato chiamato la «tenda dell’incontro» (28:43 Tilc).
È un concetto meraviglioso! Gli israeliti sapevano dove incontrare Dio. Per loro il Signore era una persona con cui era possibile fissare un appuntamento. Potevano recarsi nel luogo in cui Dio aveva stabilito la sua dimora per incontrarsi con loro. Dio non era distante o inaccessibile, era un Redentore e un Signore onnipresente. L’esigenza di un’amicizia spirituale con Dio, il loro Creatore, sarebbe stata soddisfatta.
Per facilitare l’incontro il santuario era collocato al centro dell’accampamento israelita (cfr. Numeri 2). Grazie a questa posizione il Signore assicurava coesione, orientamento e sicurezza.
Questo luogo di incontro era il centro di adorazione degli israeliti (cfr. Salmo 132:7).
Qui essi si inchinavano davanti a Dio, ringraziandolo (cfr. Salmo 138:2) e cantavano lodandolo (cfr. Salmo 43:2-4).
Successivamente, quando la tenda diventò un tempio, gruppi di pellegrini giungevano in città in occasione delle grandi feste, entravano nei suoi cortili e camminavano intorno all’altare cantando e lodando Dio per la sua bontà (cfr. Salmo 68:24-26; 42:4). Andando al tempio per presentarsi davanti a Dio, gli israeliti vivevano probabilmente una delle loro esperienze più felici.
Oggi abbiamo bisogno di rivivere la gioia dell’adorazione quando incontriamo il Signore. Dio è disponibile all’incontro e noi possiamo gioire alla sua presenza. Questa gioia non è una forma di sentimentalismo emotivo che produce un’euforia superficiale. Essa nasce dalla consapevolezza di essere in presenza del nostro Dio e Salvatore, l’unica fonte di vita e benedizioni (cfr. Salmo 132:14,15).
Allo stesso modo il santuario celeste è il luogo in cui Dio incontra gli esseri celesti. Li immagino provenire da tutto l’universo per incontrare il Signore nel suo santuario.
Giobbe ci presenta due di queste occasioni in cui «… i figliuoli di Dio vennero a presentarsi davanti all’Eterno…» (Giobbe 1:6; cfr. 2:1).
Oggi abbiamo accesso al santuario celeste per fede, tramite Cristo, nostro Salvatore. Grazie al sacrificio di Cristo possiamo accostarci «… con piena fiducia al trono della grazia…» (Ebrei 4:16; cfr. 10:19,20) in cui Gesù officia in nostro favore (cfr. Ebrei 7:25).
Siamo membri della famiglia celeste (cfr. Efesini 2:18,19) e quando adoriamo il Signore, personalmente o collettivamente in chiesa, in realtà stiamo adorando Dio nel santuario celeste, insieme a miriadi di esseri celesti. Ciò che oggi sperimentiamo per fede diventerà una realtà visibile (cfr. Apocalisse 7:13-17; 14:1-3).
Il trono di Dio
Dal tempio israelita Dio regnava come un re sui popoli della terra (cfr. Salmo 99:1; 47:7,8). La presenza di Dio in un particolare luogo dello spazio, su questo pianeta, testimonia la sua sovranità universale.
Il santuario era il luogo da cui Dio manifestava la sua volontà. Dal luogo santissimo del santuario Dio parlava a Mosè e dava gli ordini al suo popolo (cfr. Esodo 25:22). Dio utilizzava i sacerdoti anche per istruire il popolo, insegnando loro tutte le leggi che aveva trasmesso a Mosè (cfr. Levitico 10). A volte la volontà di Dio era rivelata tramite gli Urim e i Tummim, due pietre preziose poste sull’abito del sacerdote (cfr. Numeri 27:21; E.G. White, Conquistatori di pace, pp. 270,271).
Quando una persona violava la volontà di Dio, ma si pentiva e desiderava beneficiare della sua misericordia, sapeva che il perdono veniva dispensato nel santuario. Dio aveva previsto l’espiazione tramite il sistema dei sacrifici (cfr. Levitico 17:11). I singoli individui giungevano con il fardello dei loro peccati – «portando i peccati» (cfr. Levitico 5:1) – ma lasciavano il santuario perdonati (cfr. Levitico 4:31).
Il santuario israelita era un centro vitale e dinamico, in cui si manifestavano la potenza, le benedizioni, la protezione e il perdono perchè Dio abitava in mezzo al suo popolo. Dio rivelava il suo ruolo di guida nei confronti delle nazioni della terra come Dio universale, giudice e protettore.
Il tempio celeste è il luogo dell’universo da cui il nostro Dio regna, non soltanto sulla terra, ma su tutto il cosmo. Nessuna parte della creazione rimane indipendente dalla guida del Creatore: «L’Eterno ha stabilito il suo trono ne’ cieli, e il suo regno signoreggia su tutto» (Salmo 103:19).
Gli israeliti sapevano che c’era uno stretto legame fra il santuario terreno e quello celeste. Lo notiamo nella preghiera di Salomone per la consacrazione del tempio. Mentre il popolo di Dio annunciava le sue preghiere nel santuario terreno, Dio ci viene presentato come se stesse ascoltando le sue preghiere dal cielo (cfr. 1 Re 8:38,39). Quando il popolo chiedeva il perdono, esso era certo che Dio lo avrebbe concesso da questa sua dimora celeste (cfr. v. 30). Dal cielo Dio benediva il popolo e tutta la terra (cfr. Deuteronomio 26:15). Il Signore, la cui presenza si manifestava nel santuario terreno, in realtà abitava in quello celeste.
È rassicurante sapere che Dio è ancora il re dell’universo e regna dal santuario che è in cielo. La dimora celeste di Dio, collocata in mezzo alle sue creature, ci assicura che un Re, ispirato dall’amore, controlla il cosmo e ci condurrà verso la realizzazione di un obiettivo particolare: l’eliminazione del male. In quanto giudice, Dio è l’arbitro morale di quell’universo e giudica con giustizia e misericordia. Possiamo raggiungere Dio in questo luogo celeste «… affinché otteniamo misericordia e troviamo grazia per esser soccorsi al momento opportuno» (Ebrei 4:16). Tutto ciò è possibile perché, tramite Cristo, Dio ci apre le porte del santuario celeste.
NOTE:
(1) Direttore aggiunto dell’Istituto di Ricerca Biblica della Conferenza Generale.