04 – Daniele: speranza ritrovata

Si possono perdere le battaglie, ma Daniele ci dice che si può vincere la guerra

Brempong Owusu-Antwi*

danieleNel 2005 la nazionale di calcio del Ghana, i Black Stars, si è qualificata per i campionati mondiali di calcio in Germania. Pur essendosi allenati scrupolosamente, però, hanno perso la prima partita delle qualificazioni ma non hanno perso la speranza. Hanno creduto fermamente che sebbene una battaglia fosse stata persa, con una ferrea determinazione e un duro lavoro avrebbero ancora potuto qualificarsi e vincere così la guerra.

Insieme al duro lavoro la squadra ha deciso così di apportare alcune modifiche: ha cambiato allenatore e rivisto gli schemi di gioco. La combinazione ha funzionato e alla fine dei turni di eliminazione si sono qualificati. All’inizio i Black Stars hanno perso la battaglia, ma motivati dalla speranza hanno vinto la guerra.

Il racconto biblico del viaggio della speranza di Daniele dimostra che si può perdere una battaglia, ma che alla fine si può vincere la guerra. Vediamo ora come ha operato la speranza nel viaggio di Daniele, considerando tre aspetti: la vita durante la deportazione, la vita quotidiana a Babilonia e le aspirazione di Daniele.

Gerusalemme: battaglia persa

Nell’anno 605 a.C., Nabucodonosor, re di Babilonia, con il suo esercito assedia e conquista Gerusalemme (Dn 1:2). Dopo aver sconfitto la città, Nabucodonosor deporta i prigionieri ebrei e gli oggetti del tempio di Dio a Babilonia. Scortati sotto la minaccia delle spade, i prigionieri si trovano in una situazione apparentemente senza speranza: i nemici hanno vinto il popolo di Dio e tutto sembra perso.

Mosè aveva ripetutamente avvertito gli israeliti: se avessero disubbidito ai comandamenti di Dio, sarebbero stati deportati (Dt 28:36,64; Dn 9:5,6), e prima o poi sarebbero caduti nelle mani del nemico. Ora si sentono sconfitti, senza speranza e scoraggiati.

Però Daniele, uno dei prigionieri, crede che benché la battaglia sia persa, la guerra può ancora essere vinta: c’è ancora la speranza di ottenere il perdono, la liberazione e la restaurazione. Daniele inizia il suo libro con questo tema: Dio controlla gli eventi.

Come prigioniero, Daniele si trova di fronte alla disperazione ma lui decide di guardare al Dio della speranza. Dio non ha forse detto: «Se pecchi e ti manderò in esilio e tu ti penti, io ti perdonerò e ti riporterò a Gerusalemme» (cfr. Lv 26:40-45; 2 Cr 7:13-15)?

La nostra situazione può essere nera, disastrosa, apparentemente senza speranza, ma poiché il controllo è nelle mani di Dio, c’è sempre speranza, essa ci induce a resistere (cfr. 1 Ts 1:3).

Affrontare le sfide della vita quotidiana

Dopo il suo arrivo a Babilonia, Daniele deve risolvere due problemi che mettono a dura prova la speranza: il primo è rappresentato dalla tentazione di mangiare il cibo presentato alla tavola del re.

A Daniele e agli altri prigionieri prescelti per essere destinati al servizio del re, viene assegnata «una razione giornaliera dei cibi della sua tavola e dei vini che egli beveva» (Dn 1:5). La maggior parte dei giovani prigionieri è felice di poter mangiare alla tavola del re, ma Daniele 1:8 dice: «Daniele prese in cuor suo la decisione di non contaminarsi con i cibi del re e con il vino che il re beveva; e chiese alcapo degli eunuchi di non obbligarlo a contaminarsi». Sa che Dio ha proibito al suo popolo di mangiare quegli alimenti perché sono stati offerti agli idoli e non sono buoni per la salute. È anche consapevole che con la sua profonda conoscenza delle leggi bibliche può bloccare i falsi concetti che gli sono imposti; un cambiamento di nome non può fargli cambiare il suo Dio e la lealtà che gli deve; gli effetti di quello che mangiamo o beviamo sulla nostra lucidità mentale e sulla capacità di resistere alle tentazioni e distinguere tra il bene e il male sono diretti. Ne consegue che in contraddizione con i suoi connazionali e correligionari, chiaramente soddisfatti degli agi di Babilonia, Daniele decide di rimanere fedele a Dio e alle sue leggi. È consapevole che questo atteggiamento può provocargli la morte, ma decide ugualmente di affidarsi alla protezione di Dio.

Dio in realtà onora la fede di Daniele. Dopo aver rifiutato per dieci giorni il cibo del re, Daniele e i suoi tre amici vengono trovati in una condizione fisica migliore di quelli che invece lo hanno mangiato. Non solo, ma dopo essere stati esaminati alla fine dei tre anni di istruzione, Daniele e i suoi amici vengono giudicati dieci volte superiori a quelli che non sono rimasti fedeli a Dio.

Nella seconda situazione troviamo Daniele con l’incarico di primo ministro. I suoi colleghi, rosi dall’invidia e dalla gelosia, convincono il re «a promulgare un decreto e imporre un severo divieto: chiunque, per un periodo di trenta giorni, rivolgerà una richiesta a qualsiasi dio o uomo tranne che a te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni» (Dn 6:7).

Che cosa fa’ Daniele? Si serve forse della sua posizione politica o della sua posizione per aggirare l’ostacolo? Niente affatto. Daniele mette ancora una volta all’opera la sua speranza e continua a pregare Dio tre volte al giorno, com’è sua abitudine.

Dietro istigazione dei suoi colleghi e con dispiacere del re, Daniele viene gettato nella fossa dei leoni. Ecco che di nuovo la speranza vince: il Signore lo libera dai leoni.

Dio protegge e sostiene chi spera in lui. Il profeta Isaia lo ribadisce: «Chi spera in me non sarà deluso» (49:23). Daniele vince la sfida perché ripone la sua fiducia in quel Dio che ha conosciuto personalmente attraverso una comunicazione quotidiana e non permette che niente, nemmeno la morte nella fossa dei leoni, vanifichi questa fiducia.

Quanto tempo dedichi alla comunione con Dio e alla sua Parola? Un aspetto della speranza è che ci deve essere un rapporto stretto e consapevole con la fonte della speranza stessa. Daniele lo attua ed ecco perché vince. Anche noi possiamo vincere, ma alla sola condizione di avere un forte legame con la fonte della speranza.

La speranza di un domani migliore

Daniele è salvato dalla fossa dei leoni. I suoi nemici sono distrutti. Riceve una promozione e prospera a Babilonia. Ma Babilonia non è casa sua. Il Signore, con una visione, gli rivela il piano che ha per il suo popolo, e instilla la speranza nel cuore di Daniele e nei lettori del suo libro. A Daniele viene svelato un glorioso futuro. Vede la venuta del Messia, Cristo Gesù e la sua morte espiatoria per tutta l’umanità (cfr. Dn 9:23-27), la sua intercessione nel santuario celeste (cfr. Dn 8:9-14) e il momento in cui la risoluzione finale del conflitto cosmico si produrrà attraverso un processo di purificazione e di giudizio.

Dio informa Daniele che il tempo della fine non è ancora arrivato, ma il popolo di Dio deve aggrapparsi alla speranza della vittoria finale sull’avversario. Ci saranno momenti in cui le forze del male sembreranno avere la meglio, in cui opprimeranno e perseguiteranno i santi, ma la liberazione è sicura. Daniele è il libro della speranza nel marasma del conflitto e della persecuzione. La storia può indicare che gli eventi mondiali sfuggono al controllo e che i re del mondo possono succedersi senza un obiettivo particolare. Ma Daniele ci rivela che in realtà è Dio a controllare gli eventi e che lo farà fino alla fine e all’insediamento del suo regno sulla terra. Questa è la speranza-fulcro della promessa del ritorno del Messia, al quale Dio consegnerà il regno eterno.

Il mondo in cui viviamo può apparire fuori controllo e in uno stato permanente di caos, ma la nostra speranza sa che non è così. Dio, in realtà, opera in mezzo a questo caos e sarà lui che ci porterà alla realizzazione della nostra speranza.

* Vice consigliere dell’università avventista africana con sede a Nairobi, Africa.

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