Globalizzazione

La visione profetica – economica degli Stati Uniti d’America

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♦ Se cento anni fa vi foste imbattuti in un futurologo visionario e gli aveste detto che nel 2000 il mondo sarebbe stato governato da un sistema denominato globalizzazione, come avrebbe immaginato un paese in grado di competere con successo in tale sistema? La risposta è che, probabilmente, avrebbe indicato qualcosa di molto simile agli Stati Uniti d’America di oggi. Vi spiego perché.

♦ Anzitutto, avrebbe pensato ad una posizione geografica in termini competitivi. Avrebbe, perciò, immaginato un paese che fosse, ad un tempo, potenza atlantica e pacifica, in grado di guardare facilmente in entrambe le direzioni, collegato via terra all’America Latina, in modo da poter interagire agilmente con i tre maggiori mercati mondiali: Asia, Europa e America.

♦ Poi avrebbe immaginato un paese con una popolazione multietnica, multilingue e multiculturale, che avesse rapporti radicati con tutti i continenti del globo, ma, nello stesso tempo, unita da una lingua comune – l’inglese – che fosse anche la lingua prevalente in Internet.

♦ Avrebbe anche suddiviso questo paese in cinque diverse aree economiche, ma dotate della stessa moneta – il dollaro – che fosse anche la moneta di riserva di tutti gli altri paesi del mondo. Avere una moneta unica, ma aree economiche distinte è un vantaggio perché qualora una regione si trovasse in fase di recessione, le altre possono riequilibrare gli alti e bassi del ciclo economico.

♦ Avrebbe, poi, immaginato un paese dotato di mercati dei capitali diversificati, innovativi ed efficienti, dove l’investimento nel capitale di rischio fosse considerato un’arte nobile e impegnativa, in modo che chiunque avesse in mente un’idea ragionevole, avrebbe trovato le risorse finanziarie per realizzarla.

♦ Il nostro futurologo avrebbe certamente immaginato un paese dotato dell’ambiente legale e normativo più onesto del mondo. Un paese in cui tutti gli investitori, residenti e no, potessero sempre contare su un campo gioco ragionevolmente livellato, con poca corruzione, tutele legali per gli stranieri che vogliono investire o che vogliono anche, in qualsiasi momento, riportare a casa i propri soldi o i profitti realizzati.

I mercati americani dei capitali, oggi, non sono solo i più efficienti, ma anche i più trasparenti.

♦ Il mercato azionario americano non tollera la segretezza: ogni azienda quotata deve pubblicare periodicamente dati di bilancio corretti, certificati da società qualificate, in modo che la cattiva gestione o un’allocazione non ottimale delle risorse possa essere immediatamente individuata e disciplinata.

♦ Avrebbe immaginato anche un paese in cui il sistema delle leggi e dei tribunali fallimentari incentivasse gli imprenditori ad abbandonare le iniziative perdenti e a provare di nuovo e di nuovo fino ad avere successo e a fondare la nuova Amazon.com, senza essere costretti a portare a vita il marchio indelebile d’infamia dell’iniziale fallimento.

In Europa, invece, il fallimento spesso è un marchio d’infamia indelebile. Mai, per nessuna ragione, dichiarare fallimento in Germania o in Italia: il fallito, i suoi figli e i suoi nipoti restano segnati per sempre come dal marchio di Caino.

♦ In un altro ambito, il nostro futurologo avrebbe certamente immaginato un paese molto aperto a nuovi immigranti; talmente aperto che, in teoria, chiunque si fosse presentato ai suoi confini sarebbe stato accolto e, per costituzione, considerato uguale ad ogni altro. E’ la via maestra per permettere al paese di attrarre i migliori cervelli da tutto il mondo a tutto vantaggio delle aziende, dei centri di ricerca e delle università.

♦ E’ difficile pensare a un altro paese del mondo in cui sia possibile mettere insieme una squadra del genere. Di questo possiamo essere certi. Qualcuno di voi, recentemente, ha cercato di diventare cittadino svizzero? o giapponese? Per essere cittadini giapponesi è praticamente necessario essere nati in Giappone da genitori giapponesi; lo stesso vale in Svizzera. Per diventare americani, invece, basta volerlo. Questo non significa che gli Stati Uniti lascino entrare chiunque, ma che l’accesso alla cittadinanza è regolato da norme e non da discriminazioni etniche, razziali o nazionali, norme che facilitano l’assorbimento di nuove energie intellettuali.

♦ Il nostro futurologo avrebbe poi immaginato un paese dotato di un sistema politico democratico, flessibile e federale, decentrato quel che basta perché le diverse regioni possano prendere le opportune decisioni politiche per adeguarsi alle tendenze mondiali, senza dover attendere che sia il centro a muoversi. In effetti, un sistema federale – con cinquanta stati incentivati a competere e sperimentare nuove soluzioni per i problemi dell’istruzione, della previdenza e della sanità – rappresenta un patrimonio inestimabile nell’era della globalizzazione, in cui la complessità dei problemi rende pratica­mente impossibile trovare la soluzione più efficace senza un minimo di sperimentazione.

♦ Il futurologo avrebbe pensato ad un paese con il mercato del lavoro più flessibile del mondo: un mercato del lavoro che permetta ai lavoratori di spostarsi rapidamente da una regione all’altra e alle imprese di assumere e licenziare senza eccessivi problemi. In un’epoca di rapido cambiamento, la velocità di movimento è essenziale. In America, se perdi il lavoro nel Maine, il giorno dopo puoi trovarne uno a San Diego e devi essere pronto a muoverti.

Alan Creenspan (Governatore della Federal Reserve) faceva notare che nei primi sei mesi del 1999, le nuove tecnologie hanno cancellato 300.000 posti di lavoro alla settimana. Ma quelle medesime nuove tecnologie la settimana successiva, creavano 300.001 nuovi posti di lavoro.

♦ Un buon futurologo avrebbe pensato anche ad un paese che, alla fine degli anni Novanta, diversamente dall’Europa continentale o dal Giappone, avesse già affrontato il lungo e faticoso processo di riduzione degli organici, privatizzazione, deregolamentazione, reengineering, o riassetto organizzativo, fluidificazione e ristrutturazione, necessario per adattarsi alla democratizzazione della tecnologia, della finanza e della comunicazione, evitando di contrarre la sindrome da immunodeficienza da microchip. Così come ha vinto la corsa allo spazio, oggi l’America sta vincendo la corsa al ciberspazio. L’investimento pro capite delle imprese americane in nuove tecnologie è il più elevato del mondo.

♦ Infine, il nostro futurologo avrebbe pensato a un paese in cui tanto le grandi multinazionali quanto i piccoli imprenditori locali sanno e hanno l’abitudine a pensare in grande, globalmente, per eccellere in tutti i campi di attività caratterizzati dalla velocità, dalla flessibilità, dalla conoscenza e dalle reti.
L’America di oggi eccelle nella progettazione software, nell’informatica, nella progettazione e nel marketing di Internet, nei servizi finanziari, nell’e-mail, nelle assicurazioni, nei derivati, nell’ingegneria genetica, nell’intelligenza artificiale, nell’investment banking, nell’assistenza sanitaria di alto livello, nell’educazione a livello accademico, nelle consegne espresso, nella consulenza, nel fast food, nella pubblicità, nelle biotecnologie, nell’industria dell’ambiente e nelle telecomunicazioni. Questo è un mondo postindustriale, e gli Stati Uniti sembrano primeggiare in tutto ciò che è postindustriale.

In un mondo in cui chi vince piglia tutto, almeno per il momento, l’America sembra avere il sistema vincente. E questo che la rende una superpotenza. Eccelle nei campi che tradizionalmente sono fonte di potere: ha un esercito forte, dotato di più portaerei, caccia da combattimento, aerei da trasporto e armi nucleari di chiunque altro e perciò è in grado di esercitare la propria potenza ovunque e con la massima efficacia.

Il fatto che gli Stati Uniti dispongano del bombardiere invisibile B-2 Stealth e che sia in corso di avanzata progettazione il caccia leggero F-22 Stealth significa che la U.S. Air Force è in grado di penetrare lo spazio aereo di qualsiasi altra nazione senza farsi scoprire.

Questa è l’America!

Ma quello che il nostro futurologo avrebbe immaginato, era stato predetto dal profeta Giovanni da circa 2000 anni.

Monte-Rushmore

“Vidi poi salire dalla terra un’altra bestia, che aveva due corna, simili a quelle di un agnello, che però parlava come un drago. Essa esercita tutto il potere della prima bestia in sua presenza e costringe la terra e i suoi abitanti ad adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita. Operava grandi prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini. Per mezzo di questi prodigi, che le era permesso di compiere in presenza della bestia, sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla bestia che era stata ferita dalla spada ma si era riavuta. Le fu anche concesso di animare la statua della bestia sicché quella statua perfino parlasse e potesse far mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua della bestia. Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: essa rappresenta un nome d’uomo. E tal cifra è seicentosessantasei”. – Apocalisse 13: 11-18

Questa figura allegorica, per l’aspetto e per l’elemento dal quale trae origine, differisce sia dai quattro animali del libro di Daniele sette, sia dalla prima bestia, Infatti:

  1. E’ un animale giovane, conseguentemente la nazione raffigurata che ha l’apparenza di un agnello deve essere necessariamente una nazione giovane.
  2. La nazione che si nasconde nella figura dell’animale simile all’agnello (l’agnello simbolo di Gesù Cristo), deve essere una nazione dichiaratamente cristiana in senso evangelico, quindi mite e pacifica nella fase storica della sua infanzia.
  3. Lo stato di cui è simbolo la bestia che sembra un agnello sorge in una regione del mondo scarsamente popolata. Infatti la terra è un elemento antitetico rispetto al mare, dal quale emerge la prima bestia, che raffigura moltitudini di popoli.
  4. L’ambigua fisionomia di questa seconda bestia fa pensare alla descrizione dei falsi profeti o del falso cristianesimo.
  5. Agisce su scala mondiale, imponendo uno stile di vita economico tale da mettere gli abitanti della terra di fronte ad una scelta di vita o di morte.

Riunendo e coordinando tra loro questi elementi allegorici, non è difficile capire che la bestia simile ad un agnello è una raffigurazione calzante di uno Stato-Nazione che ha una viva tradizione evangelica, i cui principi d’uguaglianza, di democrazia e di libertà sono alla base della costituzione. Una Nazione che ha un sistema economico imperante e globalizzante.

L’apocalisse ci dice che la seconda bestia non si mostra in tutta chiarezza, ma rimane prudentemente nello sfondo, per far cadere più facilmente l’umanità nel tranello della prima bestia, dietro la quale c’è il drago rosso. La bestia con le due corna getta polvere negli occhi degli uomini:

a) mediante segni e prodigi, fino a fare scendere fuoco dal cielo sulla terra davanti agli uomini, chiara allusione ai movimenti carismatici – esoterici e spiritisti (L’America è la culla dello spiritismo);

b) attraverso un sistema politico-militare ed economico globale: che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio (ver. 16-17).

Esercita un’azione di dominio sull’umanità, inducendola ad accettare uno stile di vita caratterizzato da una concezione materialistica della vita e della felicità: qui ed ora.

Essa omologa l’umanità intera, «piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi», con un marchio senza il quale non è possibile vivere, «comprare e vendere» (v. 17).

Il diritto di comprare e di vendere è una definizione della vita e correlativamente della morte, ma in un ordine totalmente utilitarista e senza significato eterno. La vita e la morte al livello dei bisogni o se lo si preferisce, la vita ridotta all’uso degli oggetti e della moneta – il dollaro – in un sistema di comunicazione, dove la collettività e tutto quello che è proposto ad essa è strettamente controllato.

Nella prospettiva apocalittica, la globalizzazione non è una libera scelta: è una realtà e l’America è considerata responsabile di questo fenomeno perché, sotto molti aspetti, la globalizzazione è l’America. Che ci piaccia o no, che siamo pronti o no, questo è il modello che il resto del mondo si prepara ad emulare.

Nota:
Questa conferenza è stata tratta, in parte, dal libro di: Thomas L. Friedman, Le radici del futuro, ed. Mondadori, 2000

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