10 – Comunicazione genitori-figli

“Il figliolo savio ascolta l’istruzione di suo padre, ma il beffardo non ascolta rimproveri.” (Proverbi 13:1)

gentori_conflitto_ figliDott. Psicologa Pascu Mirela

Farò ogni sforzo per vedere chi sono veramente i miei figli e per ricordarmi di accettarli per come sono ad ogni età , invece che lasciarmi accecare dalle mie aspettative e paure. Così posso aiutarli a crescere e a realizzare il loro potenziale di esseri unici. (Jon Kabat-Zinn)

La famiglia è più di un gruppo di individui che vivono insieme. È un’entità complessa che ha un ruolo fondamentale nella promozione del benessere di coloro che vi appartengono. I bambini in particolare tendono ad idealizzare la propria famiglia e a pensare ad essa come a qualcosa di speciale e di insostituibile. Ma anche gli adulti hanno bisogno, per il proprio benessere, di pensare alla propria famiglia come un posto in cui sono considerati ‘speciali’ e sono incoraggiati a perseguire le proprie aspirazioni.

Il benessere dei nostri figli dipende da noi. Non solo il loro benessere attuale, cosa che appare ovvia a chi ha dei bambini piccoli, ma anche e soprattutto la loro capacità di raggiungere e mantenere il benessere nell’età adulta. I nostri comportamenti, i nostri atteggiamenti nei loro confronti possono influire sulla strutturazione di un adeguato senso di sé, sulla loro autostima, sulla loro capacità di creare e mantenere relazioni mature e soddisfacenti.

L’apostolo Paolo sottolinea con enfasi le relazioni umane sapendo che l’amore per il prossimo è impossibile senza l’amore di Dio,. Egli dice :” … Per mezzo dell’amore servite gli uni gli altri.” (Galati 5 :13). “Spesso, purtroppo noi non applichiamo questo testo alla vita famigliare. Ma per chi è sposato e ha una famiglia propria, il nostro prossimo più immediato è il nostro figlio, la nostra figlia, il marito o la moglie. È in queste relazioni famigliari che possiamo e dobbiamo testimoniare la nostra fede. All’esterno possiamo presentare il nostro volto migliore ma arrivati a casa, nella propria famiglia, spesso gettiamo la maschera e ci facciamo vedere per quelli che siamo. La nostra famiglia è una cartina tornasole, un barometro perfetto dell’influsso della grazia di Dio nella nostra vita”. (La famiglia)

“La nostra testimonianza nella famiglia si esprime attraverso un amore dichiarato e vissuto. Una relazione affettiva va coltivata dedicando del tempo, esprimendo delle attenzioni, offrendo delle certezze, assumendo un atteggiamento incoraggiante. Offrire questi doni ai nostri figli significa amarli come il Signore ci ha amato.” (La famiglia).

Un giorno un insegnante che cercava di descrivere Dio come un padre, lesse in classe Matteo 5:48: “Voi dunque siate benigni come è benigno il vostro Padre celeste.”

Giorgio, un ragazzo di 24 anni, disse : “Non mi dica che Dio mi ama come un Padre. Se somigliasse a mio padre non mi amerebbe.” Poi affermò con disperazione : “Se Dio assomiglia a mio padre non voglio avere niente a che fare con lui”. Quando parliamo di Dio ai nostri figli il nostro primo dovere dovrebbe essere quello di impegnarci a presentare un’immagine autentica di Dio e che le nostre azioni siano coerenti con ciò che insegnammo a loro. Il modo migliore per comunicare i valori cristiani è rendere concreta la nostra relazione con Cristo con le parole e le azioni.

“È un privilegio per i genitori e per i figli crescere insieme nella grazia di Cristo. Coloro che adempiono le condizioni presentate nella Parola di Dio, troveranno la possibilità di soddisfare i loro bisogni spirituali e acquisiranno la forza per vincere. Sentendo il bisogno della grazia che soltanto Dio può donare potranno godere delle benedizioni del cielo.” (La famiglia. pg. 80)

“L’unico modo per crescere nella grazia è impegnarsi nel lavoro affidatoci da Cristo : impiegare cioè tutte le nostre facoltà per aiutare e rendere felici coloro che hanno bisogno del nostro aiuto… Quelli che tentano di mantenere uno standard di vita cristiana accettando passivamente le benedizioni di Cristo, sono come chi mangia senza lavorare….Così il cristiano che non esercita la potenza che gli è stata data da Dio, non solo si fermerà nella crescita, ma perderà anche la forza che aveva già ricevuto.” (La via migliore, pg. 80)

Un giorno una donna portò il suo figlioletto dal Mahatma Gandhi e gli domandò:«Maestro, dì al mio bambino di non mangiare più dolci». «Abbi la bontà di tornare da me fra tre giorni», rispose Gandhi. Tre giorni dopo quella donna tornò con il bambino e Gandhi disse al fanciullo: «Non mangiare più dolci!». La donna gli domandò: «Perché ci hai fatto aspettare tre giorni per dire soltanto questo?». Il Mahatma rispose: «Perché tre giorni fa anch’io mangiavo ancora dolci».

L’educazione, dunque, si fonda sull’amore autentico e si realizza con verità solo dentro ad una relazione vissuta prima tra i genitori e poi donata ai propri figli. Di conseguenza, una sana e matura vita di coppia, vissuta nell’amore reciproco, nella stima e nell’affetto, costituisce un ambiente vitale per il bambino, e nello stesso tempo il primo esercizio dell’attività educativa dei genitori. Con il loro volersi bene, amarsi, stimarsi e valorizzarsi, i genitori senza volerlo stanno già educando il loro figlio a crescere bene e in modo equilibrato. Il bambino, che non riflette o riflette ancora poco, è¨ soprattutto ricettivo dell’atmosfera e del clima amoroso che regna tra i suoi genitori. Questo ambiente familiare costruito sull’amore e sulla stima reciproca costituisce oggi il più valido elemento e mezzo per far fronte a quel diffuso clima di insicurezza, di fragilità e di disgregazione morale che pervade la società contemporanea. Se i genitori non sono sufficientemente pronti a vivere e a comunicare l’amore ai loro figli, se non sono dei discreti maestri di vita, presto o tardi nella vita del figlio compariranno i modelli dei falsi idoli suggeriti e presentati con prospettive suadenti dai mezzi di comunicazione sociale. Da qui alle varie forme di idolatria e di fanatismo, il passo è breve. Occorre, dunque che si compia l’imitazione del modello vero dell’amore testimoniato da Gesù Cristo.

“I genitori devono mantenere nella famiglia un’atmosfera pura e gradevole grazie a propositi amabili, tenera indulgenza e amore ; ma allo stesso tempo devono essere fedeli e irremovibili nei principi. Se dimostrate fermezza con i vostri figli forse essi penseranno che non li amate. Potete aspettarvi questa reazione, ma non mostratevi mai duri verso di loro. La giustizia e la misericordia devono andare di pari passo.” (E. White, La famiglia cristiana, pg. 176)

“La vera educazione è indispensabile in una famiglia. Si tratta di una potente testimonianza in favore della verità. In qualsiasi forma si manifesti, la volgarità nel linguaggio e nel comportamento è indice di un cuore corrotto. ..La cortesia cristiana è possibile solo grazie all’azione dello Spirito Santo…. Il saper vivere e l’educazione autentica si ottengono solo attraverso una conoscenza pratica del Vangelo del Cristo.” (E. White, La famiglia cristiana. pg.172)

Diceva il famoso psicologo americano Bruno Bettelheim a proposito dell’impegno educativo dei genitori ch0:e ”L’amore non basta”. L’amore che noi genitori proviamo per i nostri figli, infatti, ha bisogno di esprimersi, ha bisogno di gesti e di parole in modo che essi non solo sappiano, ma “sentano” all’interno della famiglia di essere amati, compresi e rispettati per quello che sono. Molto spesso invece le cose non vanno così : nonostante desideriamo ardentemente dare amore ai nostri bambini i conflitti che inevitabilmente sorgono in famiglia producono tensioni, liti, incomprensioni che ci lasciano insoddisfatti e amareggiati.

“Il Signore ci chiede di amarci sempre gli uni gli altri, soprattutto i nostri figli con un amore che scaturisce da un principio divino, dal pensiero e dall’azione. Questo tipo di amore guida gli impulsi, controlla le passioni e nobilita gli affetti. Questo amore non conosce barriere. Siamo, dunque chiamati a considerare l’amore come stile di vita. Questo amore dovrebbe rappresentare la nostra vera natura perché appartiene a Dio che è amore. Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo.” (Il frutto dello Spirito è amore ). “L’amore è l’obbiettivo che dobbiamo prediligere e ciò di cui abbiamo bisogno maggiormente è l’amore di Cristo in noi. Non può sussistere in noi senza testimoniare la sua presenza. Si rivelerà tramite le parole e le espressioni del volto.”

In 1 Corinzi 13:4-8 Paolo afferma che “l’amore è benevolo ; l’amore non invidia, non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non si inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia ma gioisce con la verità ; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa…”
Nella comunicazione familiare il dialogo, l’ascolto, l’attenzione sono gli elementi fondamentali per la crescita, lo sviluppo e la maturità dei figli.. Per instaurare una comunicazione efficace è importante partire da una dimensione di ascolto, prestando attenzione alle emozioni e alle opinioni che i figli possono esprimere. E’ una modalità di comunicazione che va costruita quotidianamente, con pazienza e attenzione.

E’ fondamentale prendere seriamente quello che dice il bambino, che ha bisogno di essere ascoltato attentamente e non superficialmente. L’essere sempre interrotto o criticato non gli permette di acquisire sicurezza nei suoi stessi pensieri e di sviluppare un buon livello di autostima, ma anche, dargli sempre ragione, lasciarlo parlare continuamente quando ha bisogno di essere contenuto, non gli permettere di sviluppare un proprio senso critico e la capacità di interpretare in modo obiettivo ed equilibrato un evento, una situazione, un argomento, ecc.
Il sostegno maggiore è dato dall’essere ascoltati fino in fondo, dal sentirsi compresi e appoggiati e dalla possibilità di confrontarsi con l’adulto quando questi ha un’opinione diversa dalla sua. Mediante l’apertura al dialogo è possibile uno sviluppo più armonico e sereno e se c’è confidenza con i genitori se si creano situazioni in cui è possibile per i figli raccontare le proprie esperienze, quanto accade durante la giornata; in tal modo i bambini o i ragazzi risultano emotivamente più equilibrati e socialmente più maturi.

Per questo è importante migliorare la qualità della relazione che sappiamo costruire con i nostri bambini. La comunicazione efficace ci può aiutare a sviluppare le nostre capacità di ascoltare profondamente ed attentamente i nostri figli e ad imparare come parlare con loro in modo sincero e chiaro, evitando la minacciosità dei giudizi e rinunciando all’uso coercitivo del potere, per creare quel clima di rispetto e accettazione che favorisce la loro e la nostra crescita personale.

Due autocarri erano affiancati dalla parte posteriore e l’autista stava cercando faticosamente di trasportare un’enorme cassa da un veicolo all’altro. Un passante, vedendo che la situazione era disperata, si offrì di aiutarlo. Così i due continuarono a sudare e a sbuffare per oltre mezz’ora senza combinare nulla. «Temo che non ci sia più niente da fare», disse ansimando il tizio, «non ce la faremo mai a tirarla giù dal camion». «Giù?» urlò l’autista. «Mio Dio, io non voglio tirarla giù, la devo mettere su!».

L’episodio raccontato in questo aneddoto è senza dubbio una situazione estrema di non comunicazione, ma non così rara all’interno delle nostre famiglie dove a volte ci si lamenta che si vive come ospiti di un albergo. Molte persone vivono nell’individualismo anche là dove invece – per l’affetto e la vicinanza che accomuna tutti – si dovrebbe respirare l’aria della comunione e dello scambio reciproco della propria interiorità. La famiglia dovrebbe essere il luogo della confidenza e dell’accoglienza; il luogo dove non si teme di essere se stessi fino in fondo e senza maschere, dove nessuno ha paura di esternare i propri sentimenti, dove ognuno si sente importante per ciò che è e per quello che dice. Sappiamo, invece, che non raramente le chiusure più grandi si consumano proprio in famiglia. Andando al di là , però, di certe situazioni estreme di non comunicazione familiare, parlarsi in famiglia è un esercizio che contiene in sé numerosi risvolti umani, quali l’ascoltare, l’incoraggiare, il valorizzare, il coinvolgere, e così via. Ma è sufficiente dire cose o dare informazioni materiali per dire che in casa c’è comunicazione? Parlarsi in famiglia è qualcosa di molto più profondo e costruttivo. Vuol dire mettersi sulla stessa lunghezza d’onda dell’altro, comprendersi in modo realmente empatico e partecipativo, con la fatica di comprendere il punto di vista dell’altro senza filtrarlo attraverso le nostre idee. Una bella espressione dell’apostolo Paolo descrive questa dinamica comunicativa: “Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non aspirate a cose troppo alte, piegatevi invece a quelle umili. Non fatevi un’idea troppo alta di voi stessi” (Rm 12:15-16).

Non è sufficiente, dunque, dire parole o chiacchiere; una vera comunicazione si attua quando si acquisisce la capacità di decentramento dal proprio “io”. E’ necessario superare il monologo di una comunicazione egocentrica nella quale, in fondo, ognuno parla di se e valuta ogni altro discorso con un unico metro di misura: il proprio “io”. Per esempio, un genitore che sgrida o picchia il figlio senza comprendere le motivazioni di un dato comportamento rischia di ripetere gli stessi ammonimenti per tutto il giorno senza incidere e formare una nuova condotta. (es:….) Al contrario, cogliere il punto di vista dell’altro, capire le sue aspirazioni, le sue aspettative, i messaggi non verbali, costituisce una via più lunga e faticosa del semplice alzare la voce, ma è l’unica capace di creare una vera relazione con il figlio in cui nasca la fiducia e la comprensione, evitando di dare spazio alla solitudine, alla delusione, all’incomprensione o alla desolazione.

“Quando parlate ai vostri figli sotto l’impulso della collera, lavorate per il nemico del bene. Date ad ogni bambino la possibilità di migliorare fin dalla nascita. L’educazione deve iniziare fin dalla più tenera età, senza durezza,, né irritazione, ma con bontà e pazienza… Si fa del male in famiglia quando si parla con impazienza, perché questo incita l’altro a rispondere nello stesso modo e con lo stesso spirito. Poi ci si scambia le offese , si cerca di trovare delle giustificazioni e si finisce per lasciarsi prendere dallo scoraggiamento e dall’esasperazione, dal momento che tutto questo si ripercuote naturalmente sullo spirito.” (E. White, La famiglia cristiana pg.179).

E. White in Profeti e Re, pg. 132 sottolinea che la verità dovrebbe rendere gentili. La gentilezza dovrebbe manifestarsi nel modo di parlare, di agire e di guardare. I rimproveri, quando sono necessari, dovrebbero essere fatti con gentilezza. Ella dice: “Coloro che si definiscono discepoli di Cristo e che sono duri, bruschi, ineducati non hanno capito il carattere del Salvatore. Possono essere integri e sinceri ma queste virtù non suppliscono la mancanza di bontà e la gentilezza.”
La gentilezza è una qualità essenziale dei cristiani come discepoli di Cristo. Siccome Cristo ci ha perdonati, i cristiani devono essere “… gli uni verso gli altri benigni, misericordiosi e che si perdonano a vicenda” (Efesini 4:32).

Assolvere il nostro compito di genitori circondando i nostri bambini di stimoli positivi non è un’impresa facile. Richiede impegno, fiducia totale, perseveranza e una crescente comprensione dell’amore di Dio. In particolare implica una buona relazione col Padre che si fonda sulla certezza che egli è interessato alla salvezza dei nostri figli più di quanto potremmo mai esserlo noi stessi. … Affidate i vostri figli al Signore e contate sulle sue promesse. Riceverete da Dio il dono della vita eterna per voi e per loro.

Noi non possiamo plasmare i figli secondo il nostro sentimento; così come Iddio ce li diede, bisogna tenerli ed amarli (Goethe, Johann Wolfgang von, scrittore tedesco, 1749-1832).
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