Un vecchio contadino era in lite con un suo vicino da ben trent’anni a proposito della collocazione di un recinto. A causa di questa disputa nessuno dei due si decideva a riparare il recinto.
Sul letto di morte, il vecchietto decise di mettere le cose a posto. Chiamò sua moglie e le disse: “Per favore, dì ad Abner che sto morendo e che desidero parlargli”.
Non passò molto che la moglie tornò a casa con il vicino Abner. Il vecchio contadino, tutto tremante, disse: “Abner, tu ed io abbiamo litigato per quel recinto per quasi trent’anni. Ho detto diverse cose piuttosto dure sul tuo conto, e voglio dirti che sono terribilmente dispiaciuto. Desidero ristabilire l’amicizia con te prima che io muoia. Mi perdonerai?”.
“Certo che sì – disse Abner, con le lacrime agli occhi – Penso che neanch’io abbia detto delle cose tanto belle su di te negli ultimi trent’anni. Sì, credo che sia ora di essere amici”.
Dopo una solenne stretta di mano, l’uomo ammalato puntò il dito verso Abner e gli disse: “Stai attento però, Abner, se io dovessi guarire, dimentica ciò che ti ho detto! La ragione sul recinto è mia!”(Cecil G.Osborn, “The Art of Getting Along With People”).
A volte i vicini sembrano avere difficoltà nel riparare un recinto, ma se la verità fosse risaputa certe famiglie avrebbero ancora più difficoltà. Offese, ingiustizie, sentimenti negativi e incomprensioni si sovrappongono per anni da tutti e due i lati del recinto. Più invecchiamo e più vorremmo riparare quel recinto, ma la cosa sembra diventare sempre più difficile da realizzare. Tuttavia, riparare il recinto vuol dire ristabilire i rapporti e questo è ciò che i genitori di figli problematici desiderano più di ogni altra cosa.
Karen O’ Condor afferma: “Il perdono è il passo cruciale nel recupero dei rapporti con i nostri figli adulti”. (“Restoring Relationships With Adult Children” – p. 167).
A. Perché dovremmo perdonare?
1. Perché Dio ci dice di perdonare.
“Siate invece gli uni verso gli altri benigni, misericordiosi, perdonandovi a vicenda, come anche Dio vi ha perdonati in Cristo” (Efesini 4:32).
“Poiché se voi perdonate agli uomini i loro falli, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà i vostri falli” (Matteo 6:14,15).
2. Perché il perdono è l’unico modo per guarire le ferite
“Il perdono è l’unico modo che abbiamo a disposizione per rendere più bello questo nostro mondo ingiusto.
E’ l’inaspettata rivoluzione dell’amore contro un dolore ingiusto; solo il perdono sa offrire vera speranza per la guarigione delle ferite che ingiustamente ci sono state inflitte” (Lewis B. Smedes, “Forgive and Forget: Healing the Hurts We Don’t Deserve” – p. 160).
Immaginate per un attimo che un serpente velenoso si infili furtivamente nel mio sacco a pelo, in campeggio, e mi morda. Supponiamo ora che, dopo essermi curata la ferita, io vada a cercare il serpente e lo catturi, lo porti a casa e me lo tenga come un animale domestico. Di tanto in tanto lo prendo, ci gioco e mi faccio mordere di nuovo… che cosa pensereste di me?
Però è proprio ciò che fanno alcuni con le vipere dei trattamenti ingiusti. Invece di distruggerle, le conservano, ricevendone sempre nuove ferite. Perdonare vuol dire togliersi di torno le “vipere” che continuano a morderci.
Smedes continua: “La tua memoria è un replay della tua ferita – una videocassetta dentro la tua anima che riproietta all’infinito quel tuo antico appuntamento con il dolore. Non puoi spegnerlo. Sei preso all’amo esattamente come un tossicomane, un drogato di dolore; diventi dedito – come fosse un vizio – ai ricordi del tuo doloroso passato. E’ una frustata in più ogni volta che la tua memoria fa partire il nastro registrato…
L’unico modo per guarire un dolore che non guarirà da solo è perdonare la persona che ti ha fatto del male. Il perdono ferma la proiezione continua del dolore. Il perdono guarisce la tua memoria, man mano che cambi la prospettiva della stessa. Quando tu liberi il malfattore dal male, sradichi un tumore maligno dalla tua vita interiore. Rendi la libertà ad un prigioniero, tuttavia ti accorgi che il vero prigioniero eri proprio tu”. (o.c. – p. 170).
B. Che cosa non è il perdono (Lewis B.Smedes – o.c.)
Se comprendiamo quello che il perdono NON è, dovremmo essere in grado di comprendere meglio quello che É.
1. Il perdono NON è facile.
Al contrario, è una delle cose più difficili che saremo mai chiamati a fare.
2. Il perdono NON presuppone il sentirsi bene circa le cose cattive che qualcuno ci ha fatto.
Secondo Lewis B. Smedes, ci sono da riconoscere quattro stadi: l’offesa, l’odio, la guarigione e la riconciliazione. Prendere coscienza della ferita è il primo passo verso il perdono.
3. Perdonare NON è negare i tuoi sentimenti di rabbia e di odio.
E’ piuttosto affrontare questi sentimenti e poi scegliere di non agire in conformità con essi. E’ scegliere piuttosto che amare. Ciò vuole anche dire che i sentimenti negativi possono ritornare; potresti aver bisogno di perdonare te stesso più volte. Potresti anche aver bisogno di ricostruire la fiducia in te stesso, come anche di dare all’altra persona l’opportunità di stabilire una relazione di fiducia con te.
4. Perdonare NON è cercare scuse per qualcuno.
Noi scusiamo le persone quando comprendiamo che non sono da biasimare. Il perdono è necessario quando possiamo biasimare qualcuno per ciò che è accaduto. Il perdono è ritenere una persona responsabile, ma nello stesso tempo cancellare la “registrazione” mediante una scelta consapevole.
5. Perdonare NON è dimenticare.
Noi dimentichiamo le piccole offese, che sono così banali da non meritare di essere ricordate. E’ proprio perché non hai dimenticato una ferita che hai bisogno di perdonare. Ricordare le offese è come immagazzinare il dolore. Il perdono è il modo per liberarci dal dolore. Il perdono è anche un processo: possiamo essere capaci di gestirne solo una piccola parte alla volta. Dobbiamo anche affrontare la nostra parte di responsabilità nel distruggere la relazione, riconoscendo i nostri sbagli, ammettendoli, accettandone le conseguenze e cercando di fare giustizia.
6. Il perdono NON è un sentimento.
Perdonare è scegliere di trattare una persona come un amico anche quando non ci sentiamo di farlo. E’ scegliere di non continuare a mettere in conto una ferita ad un’altra persona, ma piuttosto E’ cancellare il “nastro registrato” del loro peccato.
7. Il perdono NON è qualcosa che si possa fabbricare.
Il perdono è un dono di Dio. Esso è “l’atto esageratamente impossibile da compiere”. E’ qualcosa che noi non possiamo fare senza la potenza di Dio.
C. Che cos’è il perdono (Jerry Cook – o.c. – pp. 1-21)
1. Il perdono è liberare l’altro dal tuo personale giudizio.
Nel suo libro “Something More” (“Qualcosa di più”), Catherine Marshall afferma che il perdono è liberare l’altro dal proprio personale giudizio. Trattenersi dal giudicare qualcuno non vuol dire essere d’accordo con ciò che questa persona ha detto o fatto. Vuol dire semplicemente che tu non assumerai una posizione di giudice nei suoi confronti; che non pronuncerai una sentenza di colpevolezza.
Perdonare vuol dire rifiutarsi di assumere il ruolo che spetta a Dio. La Bibbia dice: “A me la vendetta; io darò la retribuzione, dice il Signore” (Romani 12:19). Proprio perché sarà Lui ad occuparsene, io non bisogno di farlo. Il perdono affranca le persone dal mio personale giudizio.
2. Perdonare è rifiutarsi di mettersi al posto di Dio con i nostri figli.
Come genitori, non dobbiamo mai impostare i nostri rapporti con i figli da padroni. I genitori non hanno l’onere di condurre persone in cielo. Questa è l’opera di Gesù. La nostra parte è semplicemente quella di amarli, accettarli e perdonarli.
Nel suo libro “Love, Acceptance, and Forgiveness”, Jerry Cook suggerisce, se noi desideriamo che qualcuno sia salvato, guarito e portato alla sua interezza, che la nostra parte è quella di offrirgli tre garanzie:
a) Che sia amato sempre, in ogni circostanza senza alcuna eccezione.
b) Che sia totalmente accettato senza alcuna riserva.
c) Che, non importa quanto miseramente debba fallire o quanto grossolanamente peccare, il nostro perdono incondizionato sarà sempre suo, se lo richiederà (e anche se non lo richiederà), e che non ci sarà amaro in bocca a nessuno.
Cook continua sottolineando che, se non potremo offrire queste tre garanzie, noi non saremo mai in grado di guidare nessuno verso il recupero di un corretto rapporto con noi, con la chiesa e con Dio.
3. Il perdono è fare a se stessi un favore.
“Liberare dalla condanna un figlio che ci ha fatto del male concedendo il perdono e – a nostra volta – accettandolo, vuol dire distogliere l’attenzione dal dolore e orientarlo verso la vita. Vuol dire anche liberare la nostra mente da una spina (quella che ci porta a tornare continuamente con il pensiero sullo stesso avvenimento), ed affrancarci dai ricordi dolorosi che non fanno altro che ingrandire la ferita. Perdonare qualcuno è un atto d’amore che è nel nostro stesso interesse. Se l’altro è reso libero da tutto il processo, meglio così. Egli comunque rimane responsabile di ciò che ha fatto e ne dovrà rendere conto a Dio”. (Karen O’Connor – o.c. – p. 173).
4. Il perdono è una decisione.
“Non dobbiamo aspettarci di provare un sentimento particolare, perché il nostro perdono risulti valido. E’ abbastanza decidere di perdonare. Il sentimento seguirà. Il sentirsi bene però non è il solo risultato del nostro lavoro in vista del perdono. Quelli che perdonano hanno una visione più ampia. Essi guardano verso la possibilità di restaurare la relazione interrotta” (“Restoring Relationships With Your Adult Children” – p. 173).
5. Perdonare è lasciar da parte le offese passate.
Nel suo libro “Prayer That Heals Our Emotions” (“La preghiera che guarisce le nostre emozioni”), Edie Ensley ci racconta un’esperienza vissuta durante una visita ai propri genitori. Gli capitò nelle mani un vecchio libro dell’annuario delle scuole medie inferiori. Quando vide la fotografia di un certo professore si sentì invaso da un’ondata di rabbia. Il ricordo delle ferite subìte gli attraversò la mente come un fiume in piena, anche a venticinque anni di distanza e tutti gli antichi sentimenti di odio e amarezza si ridestarono in lui.
Quella sera, durante la preghiera, il Signore gli parlò: “Edie, tu hai bisogno di perdonare quel professore.” Egli cercò, ma tutte le volte che richiamava alla mente il professore e tentava di dire: “Ti perdono,” le parole non sembravano venir fuori. C’era troppa rabbia e amarezza dentro di lui. Alla fine confessò al Signore i suoi sentimenti, raccontandogli tutta la vicenda in ginocchio.
Questo procedimento andò avanti per alcune notti. Edie cercava di perdonare, ma finiva con il raccontare al Signore tutto il male subito ed i sentimenti negativi che provava. E il Signore ascoltava. Poi gradatamente presentò alla sua mente la scena del sacrificio di Gesù che, appeso alla croce, diceva: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.
Edie chiese al Signore di mettergli nel cuore il Suo perdono per quel professore, e il Signore lo fece.
Edie scrive a proposito di questa esperienza: “Non avrei potuto arrivare fino al punto di dire: ‘Ti perdono’ senza prima rendermi conto dei miei sentimenti, per poi essere disponibile ad abbandonare il rancore e l’amarezza. Non sarei stato capace di superare queste emozioni se non avessi avuto Gesù accanto a me.
Dopo quest’esperienza, per parecchie settimane, scoprii un senso di libertà e di gioia, una nuova leggerezza nella mia vita che mi sorprese. Per più di venticinque anni avevo portato questo pesante carico nascosto in fondo all’anima. Sentii una profonda gratitudine nel rendermi conto che non percorriamo da soli quella “triste valle”, ma che abbiamo Qualcuno che cammina con noi.
Uno dei più grandi ostacoli ad amare è la nostra incapacità a ‘mollare la presa’ e perdonare. Tenersi strette le amarezze avvelena la nostra salute e ci impedisce di amare gli altri oggi. Una delle cose più grandi che possano renderti libero di ricevere e di dare amore qui e in questo momento, è perdonare le offese passate. Il vocabolo greco corrispondente a ‘perdono’ significa ‘lasciar andare'”. (Edie Ensley – o.c. – pp. 23,24).
6. Il perdono è affrontare il futuro, non il passato.
“Mentre dai e ricevi il perdono, concentrati sul recupero del rapporto, venendo incontro all’altro, lasciando il passato alle spalle. Perdonare non significa fare i conti, bensì lasciar andare il proprio bagaglio emozionale, il biasimo, la vergogna, e il bisogno di aver ragione.
Se sei sincero nel tuo desiderio di perdonare te stesso e gli altri, non sprecherai tempo cercando di riprendere antiche discussioni, spiegando la tua posizione, accusando e controaccusando, o assegnando responsabilità: chi ha detto che cosa a chi, dove e quando. Il tentativo di ridiscutere sui torti subiti, spesso allarga la breccia tra le persone, anziché chiuderla. Focalizzati sulla relazione e sul tuo desiderio di recuperarla”
Tratto da “Preghiera e Amore Salvano” di Dorothy Eaton Watts
(“Restoring Relationships With…” – p. 174)