Strisce di cielo terse, riempiono gli occhi
di passeggeri distratti, su una strada che corre,
dimore smarrite che velano l’andare
barcollante di chi, trascinandosi cerca, pace.
intanto si sgretola il libro della terra, come
un giuramento falso, in una lingua spinosa.
L’ora più buia è quella prima del mattino,
luogo agitato, di tempi avaro,
nodo di pensieri recisi, scritti di silenzio.
Ma il Vento, quando cammina fra le corde,
come catene sospese, risveglia la mia+
voce scordata, e scopro di doverti parole,
come l’ape deve miele al suo fiore.
Solo genuflesso,
come volo inatteso di una foglia che cade,
ritrovo percorsi non raggiunti dal caso,
tracciati tanto tempo fa, dove,
per poco ancora, mi ricordo bambino:
tra mille barche, scelsi la tua, Padre.
Fine porrai all’attesa dei miei occhi
che vedono quel che non possono toccare:
ed è preludio d’incanto,
vestigia di un mondo disegnato
da una Scrittrice di parole
così vecchie, da esser ora nuove.
Più breve respira il tempo di chi,
urgendo nuova vita,
col coraggio di cambiare passo,
rischia certezze per l’incertezza.
E accade che uomini,
erba secca con radici d’eternità,
quando è giorno nel cielo,
scorgano i solchi dell’invisibile
che attraversano il cuore,
brecce per vedere,
come un sogno appena sbucciato,
la terra che calpesteremo, allegri.
E un sorriso diventa la mia danza nella cecità.