«Sarà posto nome Emmanuele… Iddio con noi» (Matteo 1:23). «La luce della conoscenza della gloria di Dio» è vista «nel volto di Gesù Cristo» (2 Corinzi 4:6).
Che cos’è l’incarnazione? La risposta è semplice e risaputa: “Dio con noi”. Questa verità ci tocca da vicino e ci coinvolge, non perché siamo noi ad avvicinarci a Dio ma perché Dio si è avvicinato all’uomo.
- Genesi 3:9; Esodo 25:8,9
Ma se ci soffermassimo su quest’altra definizione, forse ci sentiremmo maggiormente coinvolti. L’incarnazione è una permanente riprensione all’orgoglio umano. Ce qualcuno che presume di essere profondamente umile come Gesù e che non abbia a che fare con l’orgoglio? Siamo uomini o caporali! Diceva Totò. Il più delle volte preferiamo essere caporali.
La prima manifestazione del peccato è l’orgoglio, la volontà di essere come Dio, di porsi al di sopra d’ogni sospetto; la volontà di superare l’altro, di essere migliore. (Pensiamo ai paragoni… l’altro è sempre più cattivo). Il peccato non è legato all’atto del rubare in sé, ma alla nostra natura.
- Salmo 51:5-6; Romani 6:23
Ora, siccome tutti abbiamo peccato, conseguentemente accettiamo di avere a che fare con la malattia dell’orgoglio, che consiste nel volere “essere uguale Dio”, concretamente: vivere senza Dio. Questa è stata l’attitudine di Satana (Isaia 14:12–15).
Un altro aspetto dell’incarnazione riguarda la divinità. Come può Dio, Creatore, Onnipotente ed Eccelso, che dimora nell’alto dei cieli, che è santo ed è eterno, divenire simile all’uomo? Unirsi alla razza umana: divenire embrione, feto, bambino, adolescente e uomo?
Se è vero che l’uomo non potrà mai essere uguale a Dio, se non nel carattere, è altrettanto vero che Dio è stato capace di farsi uomo e condividerne la sua essenza.
- Filippesi 2:5-8
L’incarnazione è uno schiaffo morale all’orgoglio dell’uomo. La nascita di Gesù in un stalla e non in una locanda o in un attrezzato e accogliente ospedale è una delle tante espressioni di questa sventola morale.
La mangiatoia è la personificazione dell’umiltà, della povertà e della semplicità, ma anche immagine del peccato, di un cuore irriverente, turbato, infetto dall’iniquità o di chi ha un odore interiore ripugnante o fastidioso. Essa tratteggia il contrasto tra povertà e ricchezza; semplicità e ostentazione; sobrietà ed esaltazione; umiltà ed orgoglio.
Il nostro cuore è una stalla! Infatti, secondo Gesù, “dal cuore vengono pensieri malvagi, omicidi, adulteri, fornicazioni, furti, false testimonianze, diffamazioni”.- Matteo 15:19
“Nel nostro essere, come in un Iceberg, la parte più grande è invisibile… In esso si accavallano strettamente i nostri sentimenti, i nostri affettuosi segreti, i nostri complessi (d’inferiorità – d’orgoglio), il nostro egoismo, i nostri peccati del pensiero e del cuore, la nostra volontà, i legami che ci fanno dipendere dagli uomini e dalle cose, le nostre disobbedienze e risentimenti, il nostro odio e le nostre invidie” (Christian Klopfestein).
“Non dobbiamo dimenticare che siamo ancora abitanti delle caverne: le caverne sono i nostri cuori” (Gibran, pag. 591)
L’incarnazione esprime il desiderio di Dio nascere nella stalla del nostro cuore. Non ha importanza in che stato è il nostro cuore. Sappiamo che la stalla, per quanto pulita possa essere, rimane sempre sporca, di originale odore e che la paglia è di casa. L’importante è che ci sia un posto dove far nascere Gesù.
Possa il nostro cuore essere una stalla e in essa esserci la dolce presenza di Gesù. Il suo amore, il suo profumo, il suo calore e il suo sorriso.
Quante stalle senza Gesù! Stalle vuote, senza speranza e senza amore. Stalle abbandonate, prive di vivacità e di affetto e fredde, che solo Gesù può riscaldarle!
Quante mangiatoie rimangono vuote, nonostante i regali? . Le nostre mani, i nostri occhi i nostri sensi, sono legate ai regali, ma forse il nostro cuore rimarrà vuoto.
Natale oggi, come ieri è vissuto all’insegna dell’egoismo collettivo. Do se mi tu mi dai; mi dai ed io ti do; mentre ti do, penso a quello che tu mi dai. Saremo mai in grado di donare come Gesù s’è donato, senza neanche aspettarsi un grazie?
- Matteo 11:28
“Dio attende con amore infinito la confessione degli uomini tormentati e accoglie l’espressione del loro pentimento. Egli aspetta un segno di gratitudine da parte nostra, come una madre attende il sorriso riconoscente del proprio bambino. Egli vorrebbe che noi capissimo la tenerezza e l’intensità con cui ci cerca. Egli ci invita ad affidare i nostri conflitti alla sua comprensione, le nostre sofferenze al suo amore, le nostre ferite alla sua capacità di guarire, la nostra debolezza alla sua forza, il nostro vuoto alla sua pienezza. Egli non ha mai deluso chi si è affidato a lui. «Quelli che lo guardano sono illuminati, nei loro volti non c’è delusione» (Salmo 34:5). (Con Gesù Sul monte delle Beatitudini”, p. 101)
“Per quanto triste sia stato il nostro passato, per quanto doloroso sia il presente, se ci avviciniamo a Gesù così come siamo, deboli, avviliti, disperati, il nostro Salvatore ci accoglierà. Ci aprirà le braccia della grazia e dell’amore per presentarci al Padre rivestiti del candido manto del suo carattere”.
“Gloria a Dio ne’ luoghi altissimi, pace in terra fra gli uomini ch’Egli gradisce!” Luca 2:14