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La Pasqua è la prima e la principale festa ebraica. Si celebra il 14 del primo mese (Abib o Nisan) tra marzo e aprile. Essa ricorda il passaggio degli ebrei dallo stato di schiavitù a quello di libertà e la formazione del popolo ebraico come nazione unita ed indipendente, con usi, costumi e leggi proprie. La Pasqua commemora l’uscita degli ebrei dall’Egitto dopo 430 anni di dura schiavitù sotto il giogo faraonico. Il ricordo di questa miracolosa “uscita” è divenuto il punto centrale della legge e della vita degli ebrei, tanto che questo pensiero si trova un gran numero di volte espresso in molti passi della Bibbia e nei libri di preghiere.
Il nome della festa Pesah, deriva dal verbo pâsah, che significa “passare oltre” (Es 12:12,13-23), perché l’Angelo, inviato dall’Eterno per colpire i primogeniti egiziani, “oltrepassò” le case abitate dagli ebrei, lasciandone in vita i primogeniti.
La festa viene anche chiamata “festa degli azzimi” (matstsah) perché per tutta la durata della festa è vietato cibarsi di sostanze lievitate e si mangia pane azzimo, in ricordo del pane che gli ebrei in fuga non ebbero il tempo di far lievitare (Cfr. Lv 23: 6).
La Pasqua ebraica dura otto giorni (sette in terra d’Israele). Le prime due sere, si fa una cena chiamata Sèder (ordine), appunto perché il suo svolgimento segue un determinato ordine, e si mangiano cibi simbolici che ricordano l’amarezza della schiavitù in Egitto e la dolcezza della libertà ritrovata. Durante il Sèder si recita il testo della Haggadà (racconto), libro contenente in forma edificante e leggendaria, commista a vari passi biblici, il racconto dell’uscita degli ebrei dall’Egitto.
La notte di Pasqua, tutti, grandi e piccoli, celebrano la memoria di quella notte splendida e terribile, in cui Dio stesso scese a liberare Israele. Di generazione in generazione, partecipando al memoriale di Pèsach, ogni ebreo si sente salvato e liberato da Dio, rinnovato spiritualmente, come se egli stesso fosse uscito dall’Egitto. Ai bambini che fanno domande, il padre di famiglia risponde spiegando perché la notte di Pasqua è unica, diversa da tutte le altre notti.
Si cantano Salmi, Inni e il “grande Hallel” (Sl 136). La Pasqua ebraica oltre a richiamarsi ad un evento passato, annunciava “l’Agnello di Dio che toglie i peccati del modo” (Gv 1.29), “la nostra pasqua”, ovvero la liberazione dalla schiavitù del peccato realizzata mediante il dono della vita di Cristo Gesù.
Scrive l’apostolo Paolo, «Purificatevi del vecchio lievito, per essere una nuova pasta, come già siete senza lievito. Poiché anche la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata» (1 Co 5:7).