L’amore agàpe
Sebbene le parole eros, storghé e philía siano usate più frequentemente in greco per indicare l’amore, il Nuovo Testamento preferisce utilizzare un altro termine: agàpe. Questa parola, molto rara nel greco classico, descrive la forma più elevata di amore, e pertanto è utilizzata per designare l’amore di Dio verso di noi, l’amore con cui egli vorrebbe essere ricambiato e l’amore che dovremmo avere gli uni per gli altri. Proprio come ahav nell’Antico Testamento (Lv 19:18), agàpe è una forma di amore che può essere imposta, perché implica, innanzitutto, un impegno di lealtà e di fedeltà verso l’altro.
L’amore agàpe descrive quell’amore che è stato scelto e deciso personalmente, in modo deliberato, indipendentemente dai sentimenti e dalle emozioni. È la decisione di fare il bene dell’altro, di agire nel suo interesse, di cercare il suo bene. Ecco perché questa forma di amore va al di là dei sentimenti per diventare una decisione della volontà, un impegno davanti a Dio o verso l’altro. Il termine potrebbe essere tradotto con fedeltà.
Quando siamo arrivati ai confini dei nostri sentimenti, ai limiti del nostro amore storghé, eros o philía; quando, nonostante tutto, teniamo alla nostra relazione con l’altro, possiamo entrare, se lo vogliamo, nella quarta dimensione dell’amore, nell’ agàpe.
In realtà, quando la passione e il desiderio diminuiscono o spariscono, quando la fiducia dell’amicizia è ferita, l’amore agàpe può continuare a sbocciare,se sappiamo coltivarlo. Perché, a differenza delle altre forme, l’amore agàpe dipende dalla nostra decisione. Il verbo «amare» (agàpe) è un verbo di azione.
È un po’ la lezione che ci ha voluto trasmettere Saint Exupéry nel libro Il piccolo principe. Dopo essere fuggito dal suo pianeta in seguito ai dissapori con la sua rosa, dopo aver percorso altri mondi e pianeti, il piccolo principe comprende finalmente che sarebbe potuto rimanere a casa sua: «Sono responsabile della mia rosa». Egli scopre alla fine la dimensione dell’amore agàpe, cioè la forza di creare la propria realtà aiutando l’altro a seguire il suo divenire per il suo bene più grande, e non secondo i nostri desideri, rispettando la sua volontà, senza forzarla.
Come lo ha definito Tommaso d’Aquino, l’amore agàpe è il desiderio di rendere l’altro felice.
Martin Luther King, nel libro La forza di amare descrive questa forma di amore come «volontà essenziale».
Scott Peck (nel libro La strada meno frequentata) dice che «l’amore più vero è un atto della volontà, cioè desiderio e azione contemporaneamente». L’amore agàpe è cercare innanzitutto il bene dell’altro e agire per lui in questa direzione. Questo amore è, innanzitutto, accettazione dell’altro in quanto essere diverso da me; è fatto di rispetto e d’incoraggiamento. Enrique Rojas chiama questa forma d’amore «l’amore intelligente».
San Paolo descrive le modalità d’azione dell’amore agàpe in 1 Corinzi 13:4-8: «L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non verrà mai meno. Le profezie verranno abolite; le lingue cesseranno; e la conoscenza verrà abolita».
È la parola agàpe che la Bibbia ha scelto per descrivere l’amore di Dio verso di noi. Egli non ci ama perché gli piacciamo o perché ci ammira. Dio ci ama perché desidera il nostro bene più grande. Questa forma di amore riflette la natura divina a tal punto che Giovanni definisce Dio dicendo: «Dio è amore agàpe » (1 Gv 4:8). Perciò questa forma di amore si trova pienamente soltanto in Dio, e solo lui, che ne è la sorgente, può donarcela.
Dio ci ha amati di un amore supremo in Gesù, anche quando non ne eravamo degni (Rm 5:8), perché vuole il nostro bene ed è pronto a fare tutto per il nostro bene. In realtà, solamente un grande amore è capace di un grande sacrificio.
Ogni rapporto d’amore vero può sfociare nell’ agàpe con l’aiuto divino. Entriamo nella sfera dell’agàpe quando siamo decisi ad aiutare l’altro a sviluppare le sue capacità, a nobilitarsi aprendogli la via verso sentimenti sempre più elevati. L’esempio migliore è indubbiamente l’amore di Gesù per noi: «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13:1). Concludendo, possiamo dire che ogni forma di amore, eros, philía, o storghé, se lo vogliamo, può sempre arricchirsi della dimensione agàpe. Nella coppia, le quattro forme di amore hanno un loro posto e sono tutte necessarie per realizzare un amore forte, solido, maturo, intelligente e duraturo. Ma Dio solo può darci, attraverso il suo amore agàpe, la forza e la gioia di cui abbiamo bisogno per continuare a fare progressi nella difficile arte di amare.
- Le “quattro parole per definire l’amore” sono state curate da di Roberto Badenas
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