Che cosa può insegnarci la storia di Pietro
Larry Pitcher
La gente vuole fatti. Non apprezziamo l’uso di superlativi nelle cortesi conversazioni che abbiamo in chiesa o alla Scuola del Sabato. Attribuiamo alle persone l’intelligenza, le doti che Dio ha effettivamente dato loro. Ma forse dovremmo usare parole come audace, terrificante e stupendo, perché gli evangelisti lo hanno fatto. Essi dovettero usare parole che esprimessero il culmine dell’eccellenza per descrivere le azioni incredibili compiute da Gesù. Se leggete i vangeli potrete avvertire il senso di riverente timore che essi avevano per Gesù.
Le storie che Gesù trasmise agli autori dei vangeli rivelano che la grazia di Dio mette in azione il proprio amore. E trattandosi di grazia attiva, essa ha il potere di legarci a Cristo, di unirci al popolo di Dio, di arricchirci con i doni promessi e di potenziare la nostra testimonianza. La grazia e l’amore di Dio creano una comunione nella quale il cristiano può vivere e operare per costruire il regno dei cieli.
La comunione della grazia
Studiando alcune esperienze di Gesù con Pietro possiamo imparare come la grazia di Dio ci leghi a Cristo. Dal racconto di Giovanni sappiamo che Gesù trovò Pietro attivamente impegnato nel suo mondo di pesce maleodorante, di barche che affondano, di uomini dai muscoli d’acciaio e di tremende tempeste.
Due discepoli di Giovanni il battista avevano udito il loro maestro proclamare Gesù l’«agnello di Dio» (Gv 1:35). Queste parole generarono in Andrea e Giovanni una mirabile curiosità che li spinse a conoscere quest’uomo.
Fu allora che l’amore di Dio riempì il cuore di Andrea che, convinto di aver incontrato il Messia, non poté darsi pace finché ebbe trovato suo fratello. Per attirare Pietro a Gesù, Andrea usò quest’incredibile annuncio: «Abbiamo trovato il Messia» (Gv 1:41). Scosso e, allo stesso tempo, incuriosito e fiducioso che suo fratello potesse avere ragione, Pietro lo seguì da Gesù.
Nel suo primo incontro con lui, il Maestro compì un gesto di notevole rilievo: gli impose un nome nuovo. Non lo avrebbe più chiamato col vecchio nome, Simone, figlio di Giona, ma Cefa (la roccia), che si traduce in Pietro. Gesù usò il potere attraente della grazia per legare stretto Pietro al suo cuore, un legame che sarebbe divenuto così stretto da spingere questo pescatore muscoloso, un po’ spaccone e facile all’ira, ad abbandonare i suoi progetti, per dedicarsi all’edificazione del regno di Gesù.
Prima osservazione a proposito della grazia
La grazia divina ci spinge attivamente a instaurare una relazione con Gesù. La grazia ricerca coloro che hanno speranza, cerca i perduti, i reietti e persegue i modi più appropriati per raggiungere coloro che sembrano chiudere le menti. La grazia vuole che ognuno incontri Gesù.
E quando ciò accade, Gesù ha una promessa speciale per quelli che abbracciano la comunione della grazia: «A chi vince io darò della manna nascosta e una pietruzza bianca, sulla quale è scritto un nome nuovo che nessuno conosce, se non colui che lo riceve» (Ap 2:17).
Non è una cosa meravigliosa? Come Gesù chiamò Pietro e gli diede un nome nuovo, lo stesso promette anche a noi, se veniamo a lui. Gesù si impegna a inserire anche noi nella comunione della sua grazia. Quando gli apparteniamo, nessuno, nessun potere terreno, e nulla in modo assoluto possono impedire a Dio di mantenerci in comunione con lui.
Seconda osservazione sulla grazia
La grazia di Dio non ci lascerà riposare per sempre nella dolce compagnia della grazia. Né questa attenderà quello che noi consideriamo il momento favorevole. La grazia ci chiama a costruire il regno di Dio quando Egli ritiene che sia il momento giusto per lui e per noi. La chiamata che Gesù rivolse a Pietro lo raggiunse mentre era al lavoro, non a un servizio di culto (cfr. Mt 4:18). Gesù non attese il momento migliore; al contrario, la grazia si fece incontro a Pietro quando era molto occupato. Gesù gli chiese di lasciare ogni cosa e di divenire suo discepolo: ecco una richiesta audace, inaudita. Ma è questo l’appello della grazia all’azione.
Forse anche voi potete ascoltare l’audace appello di Gesù. Sapete che avrete molto da fare: che ne sarà dei bambini, della casa, del lavoro, dei vicini, dei parenti e degli amici, per i quali non avrete più tempo, e nonostante questo sentite lo stimolo attivo della grazia a compiere qualcosa di speciale per lui. Forse dovreste tener conto dell’esempio di Pietro, lasciare quanto state facendo e rispondere immediatamente al temerario, ma benevolo invito di Gesù. Può darsi che non sia il momento più opportuno per voi, ma lo è nei piani di Dio. Quando rispondiamo sì all’invito di Gesù, ci uniamo a un gruppo di persone che hanno udito la chiamata e hanno detto: «Sì, Signore, puoi contare su di me!»
Fate attenzione al modo in cui Ellen White descrive la scena del mandato al ministero: «Quando Gesù ebbe finito di impartire le sue istruzioni, li riunì intorno a sé, si inginocchiò, pose le sue mani sui loro capi ed elevò a Dio una preghiera di consacrazione per il loro santo ministero. Così furono consacrati i discepoli del Signore».(1)
Terza osservazione sulla grazia
Con questo efficace gesto Gesù mostrò l’importanza dell’unità dei discepoli. Gesù era il loro capo, ma non erano soli nel lavoro. Gesù li aveva legati l’un l’altro come colleghi, come una squadra di evangelisti.
«Cristo inviò i suoi discepoli a predicare il vangelo, non da soli, ma due a due, in modo che potessero lavorare uniti nella diffusione della verità. Gesù vide che in questo modo ne sarebbe derivato molto più bene che se uno fosse inviato da solo. È necessario che due lavorino insieme, perché l’uno possa incoraggiare l’altro, e possano consigliarsi, pregare e studiare la Bibbia insieme».(2)
Quarta osservazione sulla grazia
La grazia di Dio offre salute e conforto, amore e fiducia, speranza e forza ogni volta che ci troviamo immersi nei momenti più terribili della vita. Ricordate le promesse di Gesù, «Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente» (Mt 28:20) e «Io non ti lascerò e non ti abbandonerò» (Eb 13:5).
Ma la grazia non è una forza magica che respinge tutte le tragedie e trattiene le tempeste lontano dalla chiesa di Dio. Le tempeste della vita verranno. Un crack finanziario può spazzar via i vostri risparmi per la pensione. Un cancro può spuntare come un nemico da non si sa dove e prendere la vita di un vostro caro. Una riduzione del personale nella vostra azienda può togliervi il lavoro. Un figlio ribelle può spezzare il vostro cuore. E l’appartenenza alla comunione della grazia di Dio non previene la tragedia. Tuttavia, quando imperversa la tempesta peggiore e pensiamo di soccombere, la grazia di Dio appare. Guarda in alto! Gesù è con te nella tempesta, ti offre il suo aiuto. Se stai attraversando una tempesta oggi, ascolta Gesù che ti parla per mezzo del profeta Isaia: «Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio! Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato e la fiamma non ti consumerà, perché io sono il Signore, il tuo Dio» (Is 43:1-3).
La comunione del perdono è l’ultimo insegnamento che ci deriva dall’esperienza di Pietro con l’amore e la grazia di Gesù. Pietro aveva giurato di difendere Gesù fino alla morte, ma poi fallì, fallì miseramente e questo lo gettò a terra, lo umiliò fino alla vergogna.
Una notte, dopo la resurrezione di Gesù, Pietro propose ai suoi compagni di tornare a pescare. Quella notte, però, non presero nulla. Ma Gesù intervenne, riempiendo di pesce le reti. Poi diede loro colazione. Riverente e silenzioso in sua presenza, Pietro ricordò che per due volte Gesù aveva riempito di pesci le loro reti. Che cosa avrebbe fatto ora? Non dovette attendere molto. «Pietro, mi vuoi bene?» Le tre domande di Gesù, alla presenza dei suoi amici discepoli, produssero l’effetto di piegare quel discepolo una volta così sicuro di sé, di sgonfiare il suo orgoglio, di distruggere la sua presunzione e di spezzare il suo cuore. Davanti a tutti Pietro aprì il suo cuore a Gesù: «Signore, io ti voglio bene, tu sai ogni cosa». Tre volte aveva rinnegato Gesù. Tre volte Gesù gli aveva chiesto, «Mi ami tu ?»
La grazia e l’amore di Gesù per Pietro insegnarono a lui e ai suoi compagni di squadra a farsi incontro al peccatore con indulgenza, con spirito di comprensione e con un amore che passa sopra alla colpa. Sebbene Pietro avesse rinnegato il suo Signore, l’amore e la grazia di Dio lo reintegrarono pubblicamente nella posizione che aveva nel gruppo dei discepoli.
Dall’esperienza di Pietro apprendiamo queste lezioni senza tempo. Primo, la stupefacente grazia di Dio prima ci attira, poi ci unisce a Cristo. Secondo, la grazia lega fra loro le nostre vite così diverse perché costituiamo una sola squadra: la squadra di Dio. Terzo, la grazia di Gesù dà impulso, carattere e forza alla nostra testimonianza. Quarto, la grazia guarisce le nostre vite spezzate e reintegra i caduti nella comunione fraterna. Quinto, l’audace grazia di Dio trasforma peccatori come te e me in santi che amano ardentemente e servono Gesù.
Note:
(1) Ellen G. White, La Speranza dell’uomo, p.205, Ed. ADV, 1978.
(2) White, in Review and Herald, 4 luglio,1893